lunedì 1 giugno 2015

Report della convention contro il silenzio della democrazia e la criminalizzazione del dissenso Comunicato Delhi, 23 maggio 2015

Report della convention contro il silenzio della democrazia e la criminalizzazione del dissenso
Comunicato
Delhi, 23 maggio 2015

A poco più di un anno dal sequestro e arresto del Dr. GN Saibaba, poeti, intellettuali, artisti, docenti, studenti, attivisti, si sono riuniti al Hindi Bhawan di Nuova Delhi nella Convention contro il silenzio della democrazia e la criminalizzazione del dissenso. L’incontro è stato organizzato in solidarietà con GN Saibaba, professore associato di inglese al Ram Lal Anand College della Delhi University e noto attivista per i diritti umani. Il Dr. Saibaba, persona con il 90% disabilità fisica, proveniente da ambiente sociale disagiato, è stato in prima linea nei movimenti democratici in tutto il subcontinente. Dal suo arresto a oggi, il Dr. Saibaba è stato tenuto in condizioni da tortura in una cella “anda” della prigione centrale di Nagpur. Gli sono negate quasi tutte le strutture fondamentali per la sopravvivenza in carcere di una persona nella sua situazione. La convention ha voluto denunciare le condizioni in carcere del Dr Saibaba e il trattamento che gli è riservato, esigendo la sua liberazione immediata.


Tra gli interventi,quello del presidente del Comitato per la difesa e la liberazione del Dr GN Saibaba, Prof. G Haragopal ha indicato che il segno distintivo della democrazia è la protezione delle idee e sta ai partiti politici l’onere di garantirla. In quanto, ha detto: “Il dissenso o un’idea impopolare possono non essere importanti oggi, ma rivelarsi decisivi per i posteri”.
Amit Bhattacharya, professore di storia alla Jadavpur University ha denunciato che, “quando ci sono sforzi per limitare la solidarietà per un periodo di tempo così lungo, le stesse leggi sono utilizzate allo scopo di giustificare questi tentativi”.
Un attivista dei diritti civili del West Bengal, Sujato Bhadro, ha affermato, “Il sistema giudiziario sta proteggendo la prassi di dichiarare reato qualsiasi pensiero antagonista alle istituzioni esistenti".
Amit Bhaduri, professore Emerito della JNU, ha sottolineato che “la classe dirigente pensa che certe idee non dovrebbero esistere. È l’ora che riconosciamo e diciamo apertamente che il nostro silenzio dà legittimità al quel tipo di sistema che imprigiona persone come il dottor Saibaba”.
KJ Mukherjee, professore alla JNU, ha sottolineato la necessità di andare oltre i nostri ambiti, consueti e sicuri, per portare questa lotta per i nostri diritti nei centri dello scontro.
Nandita Narain, la presidente dell’associazione dei docenti delle Università di Delhi (DUTA), ha detto: “Non vi è alcuna giustificazione per il suo arresto e la sua detenzione, che non è niente di meno che tortura e umiliazioni fisiche e mentali con cui si accaniscono su di lui. Quali che siano le sue idee, dobbiamo rendere merito al suo coraggio. E un valore da alimentare tra tutti i giovani che sono tra di noi”.
Il Prof. N Raghuram della Indraprashta University ha sottolineato che “la nostra libertà risiede in persone come il dottor Saibaba. Questa è la ragione più importante per lottare per lui e per il cambiamento sociale”.

L’attivista culturale e direttore della rivista Vidrohi, Sudhir Dhawale, assolto e scarcerato poco dopo l’arresto del Dr. Saibaba, ha dichiarato che “quando tutto un paese vive nel timore di essere incarcerato per la libertà di pensiero, dobbiamo ammettere che il fascismo bussa alla nostra porta”.
L’attivista politico Kavita Krishnan ha affermato che questa lotta per liberare tutti i prigionieri politici è una lotta che facciamo per noi stessi.
Malem Ningthouja ha segnalato il nesso tra questa idea di democrazia, le leggi e la pretesa di proteggere la sicurezza e lo sviluppo nazionale. Ha sottolineato il paradosso di uno Stato che sostiene di essere una democrazia e incarcera le voci democratiche.
Il Prof. Jatinder Singh della Panjabi University ha sottolineato l’importanza del dissenso. Se lo vediamo come una fiamma, allora è una fiamma che occorre mantenere accesa.
Il noto regista Sanjay Kak ha spiegato che questo è per noi il momento di trasformare le difficoltà in opportunità, mentre facciamo pressione per la liberazione del Dr Saibaba, possiamo parlare con più persone di quelle situazioni che lui denunciava e che hanno portato al suo arresto.

Rebecca Mammona John, avvocato anziano presso la Corte Suprema, ha sottolineato che: “la magistratura è complice, legata a doppio filo alle istituzioni dominanti, nel garantire a queste che, quando politicamente conveniente, i diritti fondamentali dei detenuti vengano negati”.
Arundhati Roy ha affermato che il dottor Saibaba si trova oggi in carcere perché troppo efficace era la sua denuncia della Operazione Green Hunt, scatenata dallo stato. Ha detto: “Quando tutte le istituzioni che il denaro può comprare sono scatenate contro il popolo di questo paese, sta a noi capire come operano queste forze e combatterle”. Ha espresso la sua solidarietà a larga parte della sinistra e detto che è ora di unirsi non solo per rilascio del Dr Saibaba, ma anche nella lotta contro lo sfruttamento delle grandi aziende che lo hanno mandato in carcere.

Ci sono stati interventi di molti altri poeti, attivisti culturali, organizzazioni, docenti, tra cui i giornalisti Panini Anand, Abhishek Srivastava e Manisha Sethi della JTSA, N Sachin della Delhi University, Animesh della IFTU, Jeevan Chandra del FRD, Madhu Chopra, Pankaj Tyagi e altri. I partecipanti hanno approvato all’unanimità la seguente risoluzione.
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Risoluzione approvata al Hindi Bhavan il 23 maggio 2015

Mentre il Dr GN Saibaba, professore associato di inglese al Ram Lal Anand College dell’Università di Delhi, rientrava da una sessione di esami nella sua casa nel campus universitario, la Polizia del Maharashtra ha intercettato la sua auto e lo sequestrato senza rispettare alcuna procedura stabilita dalla legge nazionale. In seguito ha rivelato che il Dr Saibaba è accusato secondo le sezioni 13, 18, 20, 38 e 39 del Unlawful Activities (Prevention) Act, 1967. Il Dr Saibaba, persona disabile al 90% proveniente da ambiente sociale disagiato, è stato in prima linea nei movimenti democratici in tutto il subcontinente e ha fatto sentire alta la sua la voce contro l’oppressione e lo sfruttamento dei più poveri tra i poveri da parte della macchina dello Stato, legato a doppio filo alle grandi aziende di tutto il mondo.
Fin dal suo arresto, il dottor Saibaba è detenuto in una delle famigerate celle “anda” del carcere di centrale di Nagpur. Gli sono negate quasi tutte le esigenze fondamentali, compresa l’assistenza medica necessaria alla sua sopravvivenza. Perfino il sovrintendente carcerario della prigione centrale di Nagpur lo ammette in una sua dichiarazione depositata presso la Corte Distrettuale di Gadchiroli, Maharashtra, l’11 maggio 2015.
È un prigioniero con disabilità al 90%, sofferente di cuore, di deformità dello scheletro, problemi neurologici, calcoli renali e della cistifellea, che richiede costante assistenza e trattamenti specialistici.
Se il Dr Saibaba non riceve immediata assistenza medica qualificata, la sua stessa sopravvivenza è in pericolo. Imprigionare una persona disabile al 90% è di per sé illegale per violazione delle garanzie stabilite dal codice di procedura penale, dal Persons with Disabilities Act, e dalle Convenzioni ONU. In questa situazione, il rigetto dell’istanza di libertà su cauzione non è altro che un tentativo di esecuzione extragiudiziale.
In questo contesto, oggi, 23 Maggio 2015, noi riuniti qui alla Hindi Bhavan di New Delhi per la “Convention contro il silenzio della democrazia e la criminalizzazione del dissenso”, decidiamo all’unanimità che porteremo avanti la nostra lotta fino a quando il Dr GN Saibaba sarà rilasciato. Facciamo appello a tutte le organizzazioni e singoli democratici a unirsi a noi nella nostra lotta.


ESIGIAMO LA LIBERAZIONE IMMEDIATA DEL DR G N SAIBABA!

Lettera aperta a Chhatradhar Mahato Da Sabyasachi Goswami, 24 maggio 2015

Lettera aperta a Chhatradhar Mahato

Da  Sabyasachi Goswami, 24 maggio 2015


Non ci siamo mai incontrati tu ed io, Chhatradhar. Ero in carcere con l’accusa di sedizione durante il periodo più forte del movimento Lalgarh. La polizia ti ha arrestato per l’UAPA prima che fossi rilasciato. Eravamo in carceri diversi. Non abbiamo avuto l’opportunità di fare conoscenza. Eppure una gran tristezza mi ha preso quando ho sentito dell’ergastolo a cui siete stati condannati tu e i tuoi amici e compagni. Forse un sentimento di fratellanza tra gente che combatte una battaglia comune?
Che strane coincidenze. Da una parte c’è chi, come Salman Khan, dopo aver giustiziato più di cinque persone non ha dovuto andare in carcere. Era libero su cauzione mentre si trascinava il processo che lo ha dichiarato colpevole, dopo tredici anni. Oppure chi, come Jayaa Amma, è stato prosciolto dalle accuse di corruzione. E, dall’altra parte, ci siete tu e i tuoi amici, che dovrete aspettare la morte in una cella buia. Il governo del Paribartan (cambiamento) ha chiuso il cerchio delle false accuse avviato dal governo del Fronte di Sinistra. Il fatto è che in base a norme del codice penale britannico che siete stati condannati. E nonostante diversi testimoni lo smentissero. Più di una volta i giudici sono stati cambiati. Alla fine, il giudice se ne è infischiato delle diverse interpretazioni e le modifiche apportate dalla Corte Suprema, dalla normativa post-britannica.
Portate avanti l’eredità di Sidhu Kanhu e Birsa Munda. Sono certo che siete consci del fatto che questo Stato brahminico non può accogliere le rivendicazioni del popolo Adivasi. Hanno voluto dargli una lezione indimenticabile, che servisse da monito affinché le future generazioni di Adivasi Mulvasi si mettano in riga. Perciò, forse, per tutto questo tempo non vi aspettavate nient’altro che una condanna così pesante.
Quali sono state le reazioni alla vostra condanna nello stato? Il partito di governo ha mantenuto un silenzio tattico. Buddhadeb Bhattacharjee ha fatto il suo viaggio di auto-consacrazione. I media hanno girato lo sguardo da un’altra parte. Gli intellettuali filo-Paribartan hanno finto di essere muti. Gli attivisti dei diritti hanno fatto stridule processioni. Tutto questo mi dà una profonda agitazione. Mille domande mi salgono in mente.
Poco tempo fa, l’impatto dei movimenti di Singur-Nandigram-Lalgarh ha fatto calare il sipario sul governo del Fronte di Sinistra. Proprio come il palazzo di Anuj Pande, la roccaforte del Fronte di Sinistra è stata demolita dal popolo dopo 34 anni. Un altro partito di governo, il Trinamul Congress, è salito al potere cavalcando il movimento popolare. Appena entrato in carica, già alla festa della vittoria, hanno cercato di confezionare e diffondere un’idea: che il Paribartan (cambiamento) è merito della loro massima dirigente. Era l’inizio di uno sforzo per cancellare il nome del popolo dalle pagine della storia, per sostituirlo con quello della loro leader. Che la direttiva per cui avreste dovuto marcire in prigione sia stata scritta proprio in quel giorno?
Dopo il vostro arresto, il capo della polizia ci ha informato delle vostre proprietà che ammontavano a decine di milioni di rupie, dei vostri sontuosi palazzi. Eppure di questo non c’è traccia nei verbali di sequestro. Oggi, i familiari tuoi e dei tuoi compagni, mogli, madri, figli, vivono in miseria. E chi se ne cura? Non una volta la coscienza democratica del West Bengal ha preteso che si facesse luce sulle dichiarazioni del capo della polizia! Voglio sapere perché quegli intellettuali, quei custodi della coscienza popolare, quelli che vennero al Lalgarh solo per incontrarvi, perché oggi mantengono un aureo silenzio?
Il Lalgarh non era solo uno dei tellurici movimenti popolari radicali che hanno cambiato il governo del West Bengal. È stato forse il più singolare di tutti. Tu e i compagni condannati insieme a te eravate il volto di quel movimento. E ora è proprio il governo del Paribartan che vuole che marciate tutti in galera! Che la classe dominante abbia intravvisto qualcosa di pericoloso dietro il vostro movimento? Non si può negare che, nella storia dei movimenti popolari, il movimento Lalgarh non abbia precedenti. Per otto mesi la polizia la polizia lo ha boicottato, e in tutto quel tempo il movimento è continuato, pacificamente. Quel movimento ha mostrato inutili tutti gli altri partiti politici. Nelle parole di Tagore, erano come delle Z che cercavano di anteporsi alla A. Tutta la cosiddetta politica ufficiale è stata ridotta a teatrino secondario dalla politica del popolo degli emarginati.
Quanti altri movimenti ci sono stati nella storia di questo paese che sono durati così tanto tempo? E quanti altri movimenti hanno visto una così alta percentuale di partecipazione delle donne? La cosa importante di tutte è che invece di supplicare il governo avete iniziato ad avanzare per la vostra strada di uno sviluppo alternativo. Avete cercato di vivere in modo diverso, avete voluto inseguire il vostro senso della vita. È stato questo il vostro crimine? È per questo che siete stati giudicati nemici dello Stato?
Avete scavato canali di irrigazione, avete costruito ospedali, avete riempito granai, avete aperto scuole. Questa visione alternativa di uno sviluppo che sia autosufficiente non è ben accetta dalle classi dominanti di questo paese. Di conseguenza, sono subito state lanciate operazioni congiunte di forze di polizia dello stato e centrali che hanno per prima cosa demolito quelle scuole e ospedali che auto-gestivate. Quel nuovo flusso di sviluppo è stato bollato ‘anti-sviluppo’. Non è stato lasciato spazio ad alcuna discussione o dibattito, su questo tema. È un dato di fatto che quel modello alternativo di sviluppo era il messaggio più pericoloso per gli spacciatori dello sviluppo che ha da offrire la globalizzazione. È per questo che siete stati ricompensati con i magri pasti del carcere, da consumare in celle grandi come loculi dietro alte mura.
In realtà, di questi tempi, se qualcuno osa porsi agli antipodi dello sviluppo globalizzato e percorrere la strada di uno sviluppo alternativo, che è un percorso di auto-dipendenza – un’ alternativa alla dipendenza dai capitali stranieri – è immancabilmente marchiato come un nemico dello Stato. Se qualcuno protesta, è incriminato per atti sediziosi, col TADA, POCA, MOCA, UAPA ecc. (sigle di leggi repressive, ndt). Voi non solo avete protestato, avete osato andare per una via di sviluppo alternativo. Non stupisce che le classi dominanti di ogni colore di questo paese vi abbiano dichiarato l’anti-Stato. Ma se anche siete il nemico dello Stato, non siete nemici del paese: Stato e paese non sono la stessa cosa. Un paese non è il suo Stato, o i suoi capi politici o il suo governo. Un paese è ... il suo popolo, il popolo di quel paese. Il popolo che nessuno può piegare, il cui sudore e sangue hanno costruito questa civiltà. Quel popolo la cui energia accende questa civiltà, ma che vive al buio. Quel popolo che non riesce ad avere due pasti al giorno. Quelli che sono i primi a essere sacrificati sull’altare dello sviluppo. Quelli che diventano masse di rifugiati quando la costruzione di grandi dighe, centrali elettriche, impianti chimici, è la priorità. Il popolo profondo di questo paese. Il suo sviluppo è lo sviluppo del Paese. L’amore per esso è l’amore per il paese. Così, nemico dello Stato e nemico del paese sono spesso antonimi. Non è per un interesse personale, ma per proteggere la dignità e i diritti del popolo che tu e i tuoi compagni siete in carcere. Non siete affatto dei traditori. I giudici dello Stato possono punirvi. Ma può qualcun altro prendere il vostro posto nel cuore del popolo, specie nei cuori della gente di Lalgarh e Jangalmahal?

Ci sono momenti in cui un movimento rifluisce. È allora che si mostra il vero volto dei tiranni al potere, che cade la maschera che avevano accuratamente mantenuto. Forse oggi è uno di quei momenti. Un momento disgraziato in cui non si ascoltano voci di protesta. Una strana oscurità sta avvolgendo tutti. Artisti, poeti, scrittori, sono occupati a ricevere premi. Gli intellettuali tacciono. La società civile non osa parlare apertamente. Forse è anche esitante. Ma io so che non c’è notte che non annunci l’alba. Forse quei raduni striduli di attivisti dei diritti che chiedono il vostro rilascio incondizionato sono un segnale di quell’alba.