venerdì 25 maggio 2018

Avvelenati dal rame e presi a fucilate dalla polizia: 13 morti nel Tamil Nadu

Ecco il volto dei Padroni indiani, lo stato, il governo fascista indù -
mentre Mittal Ilva e Jindal Piombino prendono in mano le fabbriche in Italia nelle martoriate città dell'inquinamento.
Settimana di mobilitazione solidale nazionale internazionalista dello slai cobas per il sindacato di classe 
Sfocia nel sangue la lotta degli abitanti, che dura da vent’anni. E ora chi critica le forze dell’ordine finisce in carcere
Martedì 22 maggio decine di migliaia di persone che protestavano contro la riapertura di una fonderia di rame nei pressi della città di Thoothkudi (Tamil Nadu, India meridionale) sono finite sotto il fuoco delle forze dell’ordine, chiamate a sedare una protesta durata più di tre mesi.
I manifestanti da almeno vent’anni denunciavano livelli di inquinamento straordinari dovuti all’attività della fonderia operata dalla Sterlite Copper, società controllata dal conglomerato minerario britannico Vedanta Resources. Gli scarichi della fonderia, hanno documentato numerose associazioni per la tutela ambientale locale, hanno contribuito a un aumento vertiginoso di malattie legate all’apparato respiratorio e cardiaco, dermatiti e tumori
.
Nonostante la fonderia fosse stata multata dalla Corte suprema nel 2013 per una perdita di gas velenosi, ha continuato a lavorare a pieno regime tanto da annunciare, lo scorso febbraio, piani per un’espansione infrastrutturale. In tutta risposta, gli attivisti e la popolazione locale hanno organizzato una serie di manifestazioni pacifiche chiedendo la chiusura definitiva dell’impianto.
Quando martedì i manifestanti hanno cercato di raggiungere la residenza del district collector di zona – la carica amministrativa che avrebbe dovuto rinnovare la licenza della fonderia, scaduta lo scorso mese di aprile – e hanno trovato a ostruire la strada le barricate della polizia, è partita una sassaiola contro le forze dell’ordine, mentre capannelli di manifestanti incendiavano automobili e autobus. La polizia ha risposto lanciando lacrimogeni e, come mai successo in Tamil Nadu nella storia recente, sparando direttamente sulla folla. Il bilancio mentre scriviamo è fermo a 13 morti e alcune decine di feriti.
La reazione sproporzionata adottata dalla polizia locale è stata criticata dalle opposizioni locali e nazionali, che hanno chiesto la testa del capo della polizia P. Mahendran, nel frattempo trasferito ad altra mansione.
Le proteste sono continuate sia nella giornata di mercoledì che ieri, con le forze dell’ordine schierate dal governo locale, guidato dal partito tamil All India Anna Dravida Munnetra Kazhagam (Aiadmk), a protezione delle sedi dell’amministrazione cittadina e della fonderia. Il chief minister – il primo ministro del governo locale – del Tamil Nadu, Edappadi K. Palaniswami, difendendo l’operato della polizia nella giornata di ieri ha dichiarato: «Se qualcuno è attaccato, il corso naturale delle cose prevede che si difenda per proteggersi. Questo è ciò che ha fatto la polizia». 
Mercoledì scorso l’amministrazione locale ha staccato la corrente alla fonderia, in risposta a voci che indicavano una ripresa delle attività nonostante la nuova licenza non fosse stata ancora rilasciata.
Matteo Miavaldi
da il manifesto

Un regime fascio/induista fondato sulla discriminazione di genere e di barbarie nei confronti delle bambine

India: discriminazione di genere tra aborti selettivi e bambine morte
In India ogni anno muoiono di stenti 239 mila bambine, oltre 100 mila gli aborti selettivi di feti femminili
di Marina Zenobio
 Un nuovo studio dell’Iiasa (International Institute for Applied Systems Analysis) ha rilevato che ogni anno in India ci sono mediamente 239.000 decessi in eccesso di bambine sotto i 5 anni, pari a 2,4 milioni in un decennio, un eccesso di mortalità infantile femminile che si riscontra nel 90% dei distretti del paese. È la prima volta che il numero di morti in eccesso tra le bambine sotto i cinque anni, in India, è stato oggetto di studio a livello distrettuale, mostrando specifici modelli geografici di eccesso di mortalità femminile distribuita nei 640 distretti del paese.

 Come mostra la cartina (di Guilmoto et al 2018), il fenomeno è più evidente nell’India settentrionale, dove i quattro maggiori stati della regione, Uttar Pradesh, Bihar, Rajasthan e Madhya Pradesh, rappresentano i due terzi del totale delle morti in eccesso delle donne sotto i cinque anni. In Uttar Pradesh la mortalità femminile in eccesso è pari al 30,5 per cento; In Bihar è del 28,5, in Rajasthan del 25,4 e in Madhya Pradesh del 22,1 per cento. Secondo Nandita Saikia, ricercatrice dell’Iiasa, si tratta di morti causate, nel 22 per cento dei casi, da pregiudizi di genere. Ma in alcune parti del Rajasthan occidentale e del Bihar settentrionale l’eccesso di mortalità causata da pregiudizi di genere rappresenta il 30-50% del tasso di mortalità delle bambine sotto i cinque anni.
Le aree più colpite sono soprattutto quelle rurali agricole, con bassi livelli di istruzione, alta densità di popolazione, basso sviluppo socioeconomico e alti livelli di fertilità. Per i ricercatori dell’Iiasa molte morti di bambine sotto i cinque anni sono riconducibili a gravidanze indesiderate e alla successiva negligenza nelle cure delle figlie: carichi di lavori pesanti, alimentazione carente, mancanza di vaccini, mancanza di cure in caso di malattie. Attenzione e cure che invece le famiglie indiane preferiscono riservare ai figli maschi. Sempre quando non riescano ad accedere ad aborti selettivi. Un lento e silenzioso genocidio di genere che, secondo uno studio della rivista medica Lancet , ha significato negli ultimi trent’anni l’aborto di 12 milioni di feti femminili. Tra le motivazioni c’è il considerare i maschi più forti e più adatti a lavori faticosi. Ma c’è anche il problema della dote matrimoniale che ogni famiglia deve consegnare al momento di concedere in sposa la figlia. E’ vero che la tradizione della dote matrimoniale è stata abolita addirittura nel 1961, ma la sua pratica è ancora molto attiva in tutti i distretti indiani. Si tratta di tradizioni di una società marcatamente patriarcale e misogina che tramanda da secoli la discriminazione di genere nei confronti delle donne, considerate soltanto come un carico economico e sociale. A conclusione dello studio, Nandita Saikia dichiara: “La discriminazione nei confronti delle bambine in India non deve avere nessuna giustificazione. E’ necessario mette in atto azioni che aumentino il loro valore, attraverso una educazione di genere e l’autosufficienza”.

I MAOISTI FANNO APPELLO AD UN TERZO SCIOPERO TOTALE CONTRO IL MASSACRO NEL MAHARASHTRA


NAGPUR: I guerriglieri rossi hanno annunciato uno “sciopero totale di tutto il Maharashtra" il 25 maggio in segno di protesta contro i finti scontri a Kasnasur nei distretti di Gadchiroli e Ipenta nel Maharashtra e nel distretto di Bijapur del Chhatishgarh in aprile.
Questo è il terzo sciopero indetto dai maoisti in segno di protesta contro il falso scontro di Kasnasur nell'arco di un mese.
Le ultime informazioni sono state ricevute dalle agenzie di sicurezza attraverso uno striscione e pochi opuscoli dei rossi avvistati vicino al villaggio di Gatta Jambia domenica mattina. Lo striscione, che fa appello anche alle masse per osservare la settimana tra il 19 e il 25 maggio come "Pratirodh Saptah" o settimana di resistenza in memoria dei loro compagni martiri, è stato trovato appeso vicino al villaggio.

mercoledì 23 maggio 2018

LA SCRITTRICE INDIANA JACINTA KERKETTA DENUNCIA IL SILENZIO SUI MASSACRI CONTRO NAXALITI E POPOLAZIONI IN INDIA

Nei giorni scorsi la scrittrice, poetessa indiana Jacinta Kerketta, impegnata sui temi del saccheggio di terre, sfollamenti in India, è stata in Italia, per presentare in varie città - Venezia, Milano, Torino, Roma - il suo libro di poesie "Brace" dedicate al riscatto. 


In una lunga intervista fattale da Daniela Bezzi, Kerketta denuncia anche il massacro dei 37 maoisti e popolazione e fa un'analisi della violenza contro le donne.

Riportiamo questi stralci, invitando a leggere tutta l'intervista di , comparsa sul Manifesto/Alias del 5 maggio: "Dalla terra delle foreste" - Incontro con la scrittrice indiana Jacinta Kerketta - di Daniela Bezzi.

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"...un senso di viscerale appartenenza che nei miei versi si intreccia a fatti di inaudita brutalità... L’ultimo è di pochi giorni fa: decine di morti ammazzati, contadini innocenti, nell’ennesima battuta di caccia contro i naxaliti, in Bastar. Una guerra di cui nessuno parla da voi e che ha di nuovo traumatizzato quella terra di foreste da cui provengo...
...La politica cercherà sempre di dividerci, per dominarci meglio: hindu contro mussulmani, dalits contro adivasi, e all’interno del mondo adivasi ecco che stanno fomentando il risentimento contro i cristiani. Anche la violenza contro le donne rientra in questa strategia: non è solo violenza di genere, è violenza istigata per dividere ancor meglio uomini di comunità diverse che fino a ieri riuscivano a convivere e oggi conviene che siano in guerra, perché in questo modo ci si appropria più facilmente di territori che magari fanno gola – ed ecco che anche il corpo delle donne diventa campo di battaglia. Ma come dimostrano i corpi rimasti sul terreno nel massacro di pochi giorni in Bastar, questa è una guerra che non risparmia nessuno".

Stop genocidio in India - petizione della Associazione degli Scrittori Rivoluzionari India

Fermiamo il Genocidio in India!

La Revolutionary Writers Association (RWA) ha lanciato questa petizione e l'ha indirizzata ad Amnesty International e a 4 altre organizzazioni umanitarie


Adivasi e Maoisti sono popolo dell’India
Un governo che conduce una guerra contro i propri cittadini va condannato!

La polizia ha dichiarato che il 22 aprile sulle rive del fiume Indravati nella regione di Boriya e Kasansur, distretto di Gadchiroli, in Maharashtra ha avuto luogo uno scontro armato tra polizia e maoisti. Fu dichiarato che in quello scontro erano morti 16 maoisti. Il 24 maggio altri 15 cadaveri di maoisti sono stati trovati che galleggiavano nel fiume. I media hanno riferito che in totale sono 40 i
maoisti morti. Anche se la polizia ha dichiarato che si è trattato di uno scontro a fuoco, è chiaro, dall'uso delle armi più moderne da parte dei commando C-60 e delle forze CRPF, che questi hanno circondato le vittime e aperto il fuoco unilateralmente.

Potrebbe essere il primo caso per numero di vittime di massacro pianificato da parte delle forze di polizia nella storia dell'India moderna. In effetti, non si sa ancora quanti siano stati uccisi nel massacro. Un governo che uccide la propria gente è causa di grande preoccupazione per i democratici di tutto il paese.

Questo tipo di fatti sono diventati un fenomeno ricorrente nell'India centrale. Anche il massacro di Gadchiroli va visto come parte di un piano più ampio portato avanti nell'India centrale. I governi di quegli stati e quello centrale stanno lanciando questo tipo di azioni in modo pianificato, con l'obiettivo di annientare tanto gli Adivasi quanto i Maoisti. Tanto la società civile quanto le organizzazioni per la difesa dei diritti hanno dichiarato che non si è trattato di uno scontro, come dichiarato dalla polizia, ma di un fuoco unilaterale aperto dalle forze di polizia. Il recente comunicato del Ministro degli Interni centrale Rajnath Singh, che parla di uso dell'aviazione (droni, elicotteri e bombardamenti a tappeto) per annientare i maoisti in Chattishgarh, svela l’origine del massacro di Gadchiroli. Nell’attuare questo piano per stroncare il movimento maoista, il governo centrale ha riunito tutte le politiche attuate finora a questo scopo sotto l’ombrello della "Operazione samdhan-2022". Hanno affermato che il loro scopo è quello di sradicare il movimento maoista entro il 2022. Sull’altra sponda lato del fiume Godavari, ij nome del “corridoio Rakshana”, anche il governo Telangana è responsabile di attacchi con droni ed elicotteri contro gli Aadivasi che vivono nella cintura fluviale di Godavari.

Questo scenario di violenze e stragi di stato è diffuso e visibile in tutto il paese. Il capo della polizia di Gadchiroli, Avinash Deshmukh, in un'intervista televisiva ha parlato spudoratamente rivendicando il massacro, senza alcun timore della società civile democratica. Ha detto "spazzeremo via i maoisti" e ribadito che "non fermeremo la guerra in corso, costi quel che costi". Uno scenario preoccupante. In sostanza, è una questione da cui dipende il futuro della democrazia nel paese. Governi fortemente militarizzati che attaccano il proprio popolo rappresentano una minaccia per i diritti democratici e civili dello stesso popolo. Va anche detto che dopo i fatti di Gadchiroli, molti Adivasi e rivoluzionari sono stati uccisi in tutto il paese in cosiddetti scontri. In questo frangente, chiediamo a ogni cittadino di questo paese di protestare contro gli assassinii di stato ed esigere che i governi fermino gli assassini. Facciamo appello alle organizzazioni internazionali per i diritti umani, alle organizzazioni per i diritti democratici, alle organizzazioni di massa e progressiste e alla società civile in generale perché scendano in campo per fermare la guerra contro gli Aadivasi nel paese e difendere il diritto alla vita del popolo.

Revolutionary Writers Association
20. 5. 2018

giovedì 10 maggio 2018

Gadchiroli: un falso scontro, strage a sangue freddo, dice una squadra di inchiesta indipendente




Coordinamento delle organizzazioni per i diritti democratici (CDRO), Associazione Indiania degli Avvocati del Popolo(IAPL), e Donne Contro la Repressione di Stato e la Violenza Sessuale (WSS).

Smentendo le affermazioni della C-60, unità speciale anti-Naxaliti della polizia del Maharashtra, di aver ucciso almeno 40 "maoisti" in due diversi scontri armati nel distretto di Gadchiroli, una squadra di inchiesta indipendente composta da 44 persone ha reso noto il suo rapporto e li ha definiti falsi scontri.
Il rapporto, intitolato “Stragi camuffate da scontri: la nuova politica dello stato per lo sviluppo di Gadchiroli” è stato pubblicato lunedì, è stato redatto dopo aver visitato i luoghi dei presunti scontri, nel distretto di Gadchiroli. La squadra comprendeva membri di tre reti o organizzazioni per i diritti umani, il Coordinamento delle organizzazioni per i diritti democratici (CDRO), Associazione Indiania degli Avvocati del Popolo(IAPL), e Donne Contro la Repressione di Stato e la Violenza Sessuale (WSS).

Il 22 aprile, a Boriya-Kasnasur, Bhamragarh Tehsil, distretto di Gadchiroli in Maharashtra, ha avuto luogo un presunto scontro. Il giorno dopo, con un comunicato stampa la polizia ha reso nota una lista di 16 persone, indicandoli come naxaliti uccisi in combattimento. Il 24 aprile, la polizia ha dichiarato di aver rinvenuto nel fiume Indravati altri 15 corpi. Da allora, il conto delle vittime è salito a 40.

Gli uomini della C-60 della polizia e del CRPF hanno circondato i maoisti da ogni lato e aperto indiscriminatamente il fuoco con armi sofisticate come i lancia-granate sotto-canna, sparando per uccidere. Pertanto, si tratta di una strage a sangue freddo” afferma il rapporto.
Nel definirlo un falso scontro, la squadra di inchiesta si chiede come mai in uno scontro che ha provocato la morte di almeno 40 maoisti, non ci sia stata nessuna perdita, neppure un ferito, tra il personale delle forze di sicurezza.

Va notato che in tutta l’operazione la squadra C-60 non ha subito ferite gravi, né tanto meno perdite. Ci è stato riferito che al momento la stessa squadra è impegnata in un viaggio all'estero e inaccessibile a ogni comunicazione”.
La squadra di inchiesta ha scoperto che “la C-60 non ha recuperato subito i corpi immediatamente. Sembra che prove importanti del presunto scontro, comprese carte, fotografie e documenti di identità, siano state lasciate in giro per giorni dopo i fatti. Nessuna foto del sito originale o dei corpi è stata resa disponibile durante la conferenza stampa della polizia del 22 aprile 2018. Solo alcuni giornalisti selezionati hanno avuto accesso all’area e i loro resoconti sembrano basarsi interamente sulle ricostruzioni della polizia. Inoltre, appare sospetto che 15 corpi siano stati trovati il 24 aprile, due giorni dopo il suddetto incontro, tutti nella stessa area”.

Quando la squadra di inchiesta ha raggiunto Boria, nel villaggio c'era un'enorme schieramento di forze di sicurezza e la squadra ha scoperto che agli abitanti del villaggio era stato vietato di comunicare con la squadra stessa. La squadra è stata anche continuamente seguita dalle forze dell’ordine.

Oltre a ciò, la squadra ha sollevato diversi interrogativi sulla morte di Nandu e altri cinque, nei pressi di Nainer. “Quando il padre ha ricevuto la salma, il 25 aprile, il cadavere era in decomposizione ma sulla sua spalla destra c'era il segno di una ferita che sembra essere stata inferta con un’ascia. Non erano visibili segni da arma da fuoco sul suo corpo. La gente dei villaggi vicini quella notte non ha sentito rumore di raffiche di mitragliatori, come avviene normalmente durante gli scontri a fuoco, ma solo alcuni spari isolati. I familiari temono che tutti e sei siano stati catturati e torturati dalla polizia mentre era in custodia, prima di essere uccisi”.

La squadra di inchiesta ritiene che questi omicidi non siano isolati eventi sporadici. Sembrano essere parte di una più generale tendenza all’atrocità da parte della polizia nella zona. Da tempo nella regione si assiste continuamente alle brutalità della polizia.
Il 5 febbraio, due giovani del villaggio di Koyanvarsha, Ramkumar e Premlal, che erano andati a caccia di uccelli, sono stati sequestrati dalle forze di sicurezza. Hanno cercato di costringerli ad ammettere di essere maoisti e quando i giovani hanno resistito, sono stati trattenuti con forza. Uno di loro, però, Premlal, è riuscito a fuggire e ha raccontato tutta la storia alla squadra di inchiesta. Il 6 febbraio, gli abitanti del villaggio sono tornati dove i due erano stati sequestrati. Sul posto hanno trovato tracce di sangue, resti bruciati della carta di identità di Ramkumar e i resti degli uccelli che avevano cacciato. Ciò li portò a sospettare che Ramkumar fosse stato ucciso. Raggiunta la stazione di polizia di Gadchiroli, vi hanno trovato il corpo di Ramkumar. Successivamente, la polizia ha offerto denaro agli abitanti del villaggio perché tacessero. Nel campo della polizia di Hedari, dove erano andati a registrare un reclamo ai familiari è stata consegnata una lettera in cui si affermava che i due avevano legami con i maoisti. La squadra di inchiesta ha documentato come la gente dei villaggi venga torturata dalla polizia.

Condannando la politica di assassinii in falsi scontro dello stato, la squadra ha avanzato una serie di richieste:
- inchiesta giudiziaria sui falsi scontri a Boria-Kasansur, Rajaram Khandla, Koyenvarshe e Rekhanar
- ritiro di tutti le false accuse contro membri della società civile che si oppongono atrocità della polizia
- apertura di procedimenti contro i responsabili dell'uso indiscriminato della forza e confezione di falsi incontri
- ritiro delle forze di polizia e paramilitari dalla zona
- divieto di attività minerarie nella regione senza il consenso del gram sabha
- ritiro dell'emendamento alla legge The Provisions of Panchayats (Extension to Scheduled Areas) del 1996 che eliminato la necessità del consenso del sab sabha, l’obbligo di preservare le foreste per la libera raccolta di tendu patta (foglie) e bambù, e la garanzia di un equo prezzo di vendita al governo.

(Fonte: NewsClick.in)

mercoledì 9 maggio 2018

Il PCI Maoista chiama per il 10 maggio a un nuovo sciopero ' bandh' nella zona del massacro di maoisti e popolazioni - massima informazione e sostegno - info e contatti csgpindia@gmail.com


Il PCI (Maoista) ha indetto un bandh (sciopero generale) per il prossimo 10 maggio per protestare contro il massacro di 42 membri e simpatizzanti dei maoisti lo scorso 22-23 aprile messo in atto dalle forze repressive del C-60 di Gadchiroli. È il secondo bandh convocato per lo stesso motivo negli ultimi giorni. La stampa riporta la distruzione di tre camion da parte di un commando maoista nel villaggio di Gatta, a 70 km. dalla capitale, Gadchiroli. Diverse fonti hanno riferito che i camion stavano lavorando presso la Maharashtra Forest Development Corporation (FDCM). I camion erano usati per trasportare i tronchi fuori dalla foresta adiacente al villaggio di Gatta.

mercoledì 2 maggio 2018

NEL 1° MAGGIO ESTESA DENUNCIA DEL MASSACRO IN INDIA E SOLIDARIETA' AL POPOLO GUIDATO DAI MAOISTI, ALLE FABBRICHE E TRA I LAVORATORI MIGRANTI

Dal nord al sud tra i lavoratori, il 1° Maggio è stato aperto onorando i 37 martiri uccisi in India dal governo fascista Modi, appoggiato dagli imperialisti, come l'Italia, e portando il proprio sostegno al popolo indiano, che da anni sviluppa la guerra popolare guidata dai maoisti del PCIM.

RIPORTIAMO, CON FOTO, UN'INIZIALE QUADRO DELLE MOBILITAZIONI

Operai indiani della logistica - Bergamo
Dalmine Bergamo

Ilva Taranto



 Fincantieri Palermo