giovedì 29 dicembre 2011

Invito alla organizzazione della settimana di mobilitazione

Cari compagni,
vi proponiamo di fare una serata di informazione sull’India nella vostra città nella settimana dal 14 al 22 gennaio – in cui si tengono iniziative simili in tante parti del mondo.
Sarebbe organizzata con la partecipazione di un rappresentante italiano del Comitato internazionale di sostegno alla Guerra Popolare che porterebbe con sè, due video: uno con una intervista a Arundhati Roy, la nota scrittrice antimperialista, e un video riassuntivo sulla guerra popolare in India fino agli ultimi avvenimenti – l’assassinio del leader maoista Kishenji, responsabile dell’esercito popolare, i suoi funerali, lo sciopero generale realizzato il 3-4 dicembre – una mostra fotografica e altro materiale informativo diretto in italiano e in altre lingue sulla lotta di liberazione guidata dai naxaliti indiani; nel corso dell’assemblea sarà letto un messaggio ai partecipanti del Partito Comunista Indiano maoista.
Non abbiamo niente in contrario che l’iniziativa veda tra i relatori altri compagni e altre realtà organizzate, purchè naturalmente non abbiano una opinione negativa della GP in India.
Se volete organizzare tale iniziativa, fatecelo sapere perchè naturalmente dobbiamo fare un calendario nazionale.
In attesa i nostri saluti antimperialisti.

Comitato internazionale di sostegno alla guerra popolare in India
csgpindia@gmail.com
11 dicembre 2011

I maoisti si espandono in nuove aree strategiche

Questo articolo è tratto dal Times of India. Come sempre gli articoli riportati dai mezzi di comunicazione di massa borghesi danno una visione “governativa” degli eventi della guerra popolare in corso, ma nel voler raccontare a modo loro spesso in maniera “trionfalistica” questi avvenimenti, nel tentativo costante di “conquistare l’opinione pubblica”, dicono molto più di quel vorrebbero.
Basta comunque seguire il ritmo degli articoli sui loro siti online per rendersi conto di come sia gigantesca l’attività dei maoisti.
Una di queste notizie flash dice: “Ministro degli Interni: Ci sono 24 organizzazioni naxalite nel paese. Il PCI(Maoista) è la più grande e la più forte tra queste”.

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I maoisti guardando alle aree commerciali dell'India occidentale

Nuova Delhi: 14 dicembre 2011

Dopo aver subito alcuni rovesci nelle loro roccaforti, il PCI (Maoista) ha costituito un “Comitato del corridoio d'oro” per costruire la sua base nelle aree industriali, finora non toccate, del Gujarat e Maharashtra, che si estendono da Pune ad Ahmedabad, compresi gli hub commerciali come Mumbai, Nashik, Surat e Vadodara.

Inoltre gli Ultras Rossi hanno pianificato di espandere il loro movimento nei distretti di Nagpur, Wardha, Bhandara e Yavatmal del Maharashtra, in aggiunta alle loro basi esistenti in Gadchiroli, Ghonda e Chandrapur.

Il piano dei Maoisti, quello di fare incursione in queste aree inesplorate, è stato divulgato dal ministero dell’Interno, in risposta ad una domanda in Parlamento martedì scorso. Il ministero ha informato il Lok Sabha [assemblea] che solo nel Maharashtra ci sono stati 221 morti in scontri con naxaliti dal 2008 fino al novembre 2011. Lo Stato ha segnalato più morti (51) quest'anno, rispetto al 2010, quando c’erano stati 45 omicidi nella violenza rossa.

Le agenzie di sicurezza avevano avuto modo di conoscere prima il piano dei maoisti di istituire un altro teatro della loro attività attraverso il 'Comitato del Corridoio d'Oro' dopo aver arrestato un certo numero di Ultras nel Maharashtra negli ultimi 6 mesi, compreso il primo gruppo di 10 maoisti maoisti - tutti appartenenti al Bengala occidentale - a Pune in maggio. Tutti gli ultras lavoravano come operai precari in diverse unità industriali.

Gli interrogatori e gli arresti successivi di molti altri maoisti ci hanno dato un sacco di dettagli sul piano degli Ultras di creare le loro basi nelle aree industriali del Gujarat e del Maharashtra", ha detto un funzionario.

Sebbene il PCI (Maoista) aveva previsto di istituire il "Comitato del Corridoio d'oro” nel febbraio 2008, esso ha preso forma solo di recente quando l'Unità urbana degli Ultras rossi ha iniziato a reclutare quadri in diverse città dei due Stati - soprattutto tra coloro che lavorano in varie unità industriali.

L’India occidentale è diventata una delle otto aree strategiche per l’attività maoista. Stabilire basi organizzative nel nord-est dell'India è ancora un’altra 'nuova' area strategica, dove hanno forgiato rapporti con gruppi di insorti per aiutarli nei loro problemi militari.

In risposta a un'altra domanda posta durante il Lok Sabha, il ministro ha detto che il PCI (Maoista) ha sviluppato "stretti legami fraterni con gruppi di insorti del nord-est come il Fronte popolare rivoluzionario (FPR) e Esercito Popolare di Liberazione (EPL) del Manipur. Entrambe le organizzazioni hanno concordato sulla reciproca cooperazione nei settori della formazione, del finanziamento e della fornitura di armi e munizioni ".
Riferendosi all’agenda dei maoisti nel nord-est, il ministro ha dichiarato: "Il Comitato Dirigente dell'Alto Assam (CDAA) del PCI (Maoista) è attualmente operante in Assam e Arunachal Pradesh ed è stato coinvolto in episodi di saccheggio di armi ed estorsioni degli abitanti dei villaggi locali.

Affermando che il CDAA è anche impegnato nel reclutamento e nell’addestramento di quadri per l’organizzazione nell’Assam e che questi quadri sono stati utilizzati nell’estesa propaganda contro la mega diga dell’Assam, il ministro ha dichiarato: "In questo scenario, il confine Assam-Arunachal è emerso come un altro teatro dell’attività maoista. L'organizzazione sta inoltre stabilendo canali separati nel nord-est, in particolare nel Nagaland, per l'acquisizione di munizioni."

domenica 18 dicembre 2011

All'improvviso arriva Arundhati, Un'altra intensa e bella intervista ad Arundhati Roy


All'improvviso arriva Arundhati
INCONTRI MILITANTI

La scusa per intervistare l'attivista più rumorosa di tutta l'India è il suo ultimo saggio, In marcia con i ribelli. Quello che scopriamo è che Arundhati Roy, di persona, è ancora più appassionata di come scrive. Quasi furiosa. Contro il nucleare, gli interessi delle corporation, "le élite che non capiscono e arraffano quello che possono". Ma più di tutti, contro il suo Paese

di Mara Accettura

Arundhati Roy non dà interviste". "Ne fa solo una, ma non con voi". "Forse ne fa un'altra". "Non riusciamo a contattarla". "Ci spiace, ha cambiato idea". Dopo un tira e molla di due mesi ci siamo messi l'anima in pace. Poi, all'improvviso, la risposta si è materializzata come un coniglio uscito dal cappello. L'attivista più rumorosa di tutta l'India, che nel 97 vinse il Booker Prize con Il dio delle piccole cose, oggi impegnata contro il programma nucleare, la corruzione dello stato, la costruzione delle dighe, gli interessi delle corporation e tutto quello che ha a che fare con una globalizzazione violenta ha detto sì. Ed è venuta a casa mia. Che ansia. Avevo preparato dei biscotti, rigorosamente biologici (che non ha toccato) per non essere colta in fallo, e mi sono premurata di nascondere dal terrazzo lo stendibiancheria aperto, e la lettiera dei gatti.

A 50 anni Arundhati potrebbe ancora essere scambiata per una donna di 30: bellissima con la sua voce sottile, l'erre blesa e lo sguardo infuocato. Non si fa fatica a credere che un personaggio così contestato possa riempire le piazze, non solo perché parla con competenza ma perché trasuda coraggio e passione. Il suo nuovo libro In marcia con i ribelli (uscirà a febbraio per Guanda) è una raccolta di saggi di cui quello che dà il titolo al libro è un bellissimo reportage che racconta tre settimane nella foresta di Chhattisgarh in compagnia dei ribelli maoisti. Molti si chiedono perché dal Dio delle piccole cose, libro che ha venduto 6 milioni di copie nel mondo, lei non è più tornata a scrivere fiction. "Chi legge i miei saggi di politica sa perché. C'è un'urgenza rispetto a quello che accade da cui è difficile distogliere lo sguardo. Quando ho finito Il dio delle piccole cose mi sono resa conto che durante tutta la lavorazione del libro il paesaggio dell'India era cambiato in modo drammatico e brutale. A quel punto ho potuto sfruttare l'attenzione che si era venuta a creare per intervenire con dei saggi". Ma fiction non implica necessariamente distogliere lo sguardo. "Lo è a causa del tempo. I saggi che compongono questo libro sono apparsi in un tempo particolare e in un clima particolare per denunciare l'orrore del presente. Scrivo cose come "è stato chiamato l'esercito, i villaggi sono stati bruciati, gli abitanti inseguiti"".

Abbiamo letto che lei sta lavorando anche a un romanzo. "È vero, ma continuo a interrompermi. Sembra facile, ma come fai quando ti siedi, inizi a scrivere e all'improvviso qualcuno ti lascia un biglietto sotto la porta invitandoti ad andare nella foresta a marciare con i guerriglieri maoisti... Come faccio a dire di no? È affascinante, favoloso, l'esperienza di una vita e la fiction diventa quello che fanno i guerriglieri. Nelle scuole di scrittura creativa ti insegnano a scrivere ma non vivi la vita. E devi vivere per capire, altrimenti diventi come molti scrittori indiani che scrivono in inglese e sono pure famosi ma non sanno niente di quello che accade "sul terreno"". Quanto tempo ha passato nella giungla? "Due settimane e mezzo. Camminare con loro era bellissimo. E una volta lì dentro non è pericoloso. Il pericolo maggiore è entrare e uscire". Ma cos'ha in comune con i maoisti? "Non sono affatto maoista, anche se appartengo alla storia del movimento comunista in India. Il 99% dei maoisti però è composto da indigeni che stanno lottando per la sopravvivenza contro le forze armate. Vivono in modo primitivo, sono sotto assedio ma sono i depositari di un'antica saggezza che questa guerra sta per distruggere: la sostenibilità dell'ambiente". Quando pensiamo all'India e alla sua folle corsa verso il capitalismo non possiamo fare a meno di domandarci: ma non si rendono conto che qui stiamo collassando? "Le élites arraffano quello che possono, non capiscono che quel modello sta crollando. È anche un problema inerente alle democrazie, dove si pensa sempre di 5 anni in 5 anni. Gli esseri umani non sono animali che vivono solo nel presente, né profeti che predicono il futuro. Non riescono a pensare sul lungo termine".

Quello che sorprende è che lei non crede nella non violenza e anzi è molto critica del metodo gandhiano. Può chiarire perché? "Dieci anni fa ho scritto un articolo col titolo Ahimsa (Non violenza) in lode del movimento contro le dighe. Ma negli ultimi anni ho visto il governo indurirsi, la polizia diventare più violenta, l'estrazione di ferro e bauxite più predatoria. Trovo piuttosto discutibile che la gente osservi uno stato diventare sempre più violento e dica ai più poveri "Non dovete essere violenti, dovete essere gandhiani", ma se migliaia di poliziotti circondano la tua casa nel villaggio per bruciarla, come ti comporti? Fai lo sciopero della fame? E chi ti guarda? Il movimento gandhiano ha a che fare con la politica della celebrity: devi essere una celebrity per dire "Mi lascio morire di fame". Solo allora la classe media dirà: "No, per favore non farlo". Ma se sei un povero di cui non frega niente a nessuno e stai già morendo di fame? La non violenza gandhiana è una forma di teatro politico che può essere molto efficace se hai l'attenzione dei media, della middle class, qualcuno che si dispiace per te. Ma alla gente non frega nulla dei poveri, al massimo le piace che qualcuno come Madre Teresa faccia qualcosa per loro, così si sentono buoni". Eppure lei attrae l'attenzione di folle enormi. Si sente una celebrità? "Alla gente piacerebbe trasformarmi in una specie di vip che appoggia una causa esattamente come ti venderebbe delle scarpe da sera. Come le rockstar che cantano per l'Africa. Ma io ho uno sguardo politico sulle cose e non sono una benevola star del cinema amata da tutti. Se qualcuno mi tratta da tale lo ignoro".

In un commento a una sua intervista online un lettore diceva "Oh sì, sappiamo che cosa sta cercando da anni. Il grande premio...". "Quale?" Il Nobel. "Ahahahahahhah! Noooooooo. Un Nobel è l'ultima cosa che mi interessa. L'ha vinto anche Kissinger. Non mi piacciono i premi. Che ci fai? Telefoni a tua madre per dirglielo? Ci vai a letto la sera? In India la gente è ossessionata dai premi, se accendi la tv c'è sempre qualcuno che vince qualcosa e tutti applaudono, è la fantasia della classe media. Ha senso darli a uno sconosciuto, per chi è già famoso, invece, che senso ha?". Che significa avere successo? "Quando ero bambina avevo uno zio pazzo che ha cambiato il mio modo di pensare. Avevo 3 anni, era il mio compleanno. Tutti mi dicevano che dovevo studiare duro ed essere la prima della classe. Lui mi mostrò una collanina e mi chiese: "La vuoi?". Dissi di sì. E lui: "Te la darò se fallisci". Mi fece riflettere. Il successo è molto meno interessante del fallimento. E avere successo in un mondo di cui sono critica non è semplice. Tutto quello che faccio non è solo per me, e il successo mi permette di dire quello che voglio, ma allo stesso tempo mi espone di più alle critiche. Chi dice "il suo scopo è vincere un premio" non capisce la furia e l'amore per le cose che sto cercando di proteggere". Ci piace la lezione di suo zio sul fallimento e sulle aspettative. "La paura di fallire è minore della pressione delle aspettative, per esempio quella di scrivere su richiesta su quello che sta per essere impiccato o la costruzione di un'altra diga... Se fallisci... Se stai scrivendo un romanzo le chance di fallire sono molto alte. Puoi farlo solo sapendo che puoi fallire, altrimenti non stai sperimentando. Io scrivo perché devo, perché sarebbe troppo umiliante non farlo".

Lei, che ha una vita molto libera, rimpiange di non aver avuto figli? "Per niente. Mi sono presa cura di molti bambini per tutta la vita. Ho iniziato a 5 anni, accudivo quelli di 4 nella scuola fondata da mia madre. Quando ho compiuto 16 anni non ne potevo più. Non volevo vedere più bambini in vita mia, poi da adulta mi sono toccati i figli del mio partner (il regista Pradip Krishen, con cui non convive, ndr). Il fatto è che so che il mio attivismo richiede una certa libertà e non vorrei che qualcuno soffrisse se mi succedesse qualcosa. Soprattutto dei bambini. A volte penso di vivere la mia vita a ritroso, dopo un'infanzia così responsabilizzante, voglio essere sempre più leggera". Che cosa pensa di come i nostri media parlano dell'India? "È curioso, perché quando è scoppiata la cosiddetta "primavera araba" è stata ripresa ovunque. In Kashmir sono scese in piazza 100mila persone negli ultimi tre anni, affrontando carri armati, polizia. Ci sono stati un sacco di morti e nessuno ha parlato di "primavera del Kashmir". Il Kashmir è sotto la più densa occupazione militare del mondo: 700mila soldati in quella piccola valle. Gli Stati Uniti ne hanno mandati 165mila per attaccare l'Iraq! Ma nessuno ne parla. Per forza, l'India è la destinazione ideale della finanza internazionale e quindi devi scrivere di percentuale di crescita, mica del fatto che ci sono 800 milioni di persone che vivono con meno di 30 centesimi al giorno! O del fatto che ci sono più poveri di quelli dei 7 più poveri stati africani messi assieme. Si parla della vita spirituale dell'India, non del fatto che è un paese molto violento con le donne e i bambini e che la classe media è assetata di sangue". Tempo fa abbiamo pubblicato un'intervista con Siddhartha Deb, l'autore di The Beautiful and the Damned, sull'ascesa della nuova middle class indiana, in cui sosteneva che noi pensiamo che l'India sia una democrazia, in realtà in molte cose è più simile alla Cina. "No. È difficile fare questo tipo di paragoni perché la Cina ha una sua storia che è unica ed è molto diversa da quella dell'India. C'è stata una rivoluzione dove sono morte milioni di persone ma alla fine ha educato e sfamato il suo popolo e adesso sta cercando di unire capitalismo economico e socialismo, nel bene e nel male. Il 90% della popolazione è cinese e parla la stessa lingua. L'India non ha mai avuto una rivoluzione e nemmeno un'idea di uguaglianza sociale. Mai. Ha una società gerarchica e ineguale anche grazie alla cultura induista che è piuttosto brutale nel dividere le persone. Abbiamo una élite secolare democratica ma la democrazia è solo a suo uso e consumo. Inoltre la Cina zittisce i suoi media mentre in India i media fanno un chiasso enorme, ma quel chiasso serve solo a nascondere un grandissimo silenzio. No, non le comparerei così facilmente".

In uno dei saggi sua madre dice: "L'India ha bisogno di una rivoluzione". Cosa intende dire? Sua madre Mary Roy è una rivoluzionaria? "Mia madre non è una rivoluzionaria, è una persona fantastica e interessante ma di certo non intende nulla che abbia a che fare col comunismo o con il marxismo. Ci sono molte cose rivoluzionarie intorno a lei e una di queste è il diritto di essere matta (ride). È una cosa importante e mi delizia all'infinito. Adoro l'idea di una donna che via via si permette di essere come le pare. Io e mia madre abbiamo una relazione complicata ma condividiamo quell'approccio furioso alle cose che ci accadono intorno, quel desiderio di capovolgere il mondo e sviscerare tutte le contraddizioni del nostro Paese". Una volta ha detto che sua mamma potrebbe essere scappata da un set di Fellini. Eppure ha fondato una scuola in Kerala, sembra una persona coi piedi per terra... "Ahahahahahahah! È una che funziona bene, ma totalmente a suo modo. Una volta ero in Sudafrica con un amico di lì. A un certo punto durante il viaggio mi ha detto: "Scusa, devo fermarmi un attimo a casa, ma tu aspettami in macchina perché mia madre è totalmente imprevedibile. E io gli ho risposto: "Fa per caso cose tipo stendersi nuda in una vasca nel cortile mentre una segretaria le spunta l'unghia dell'alluce e l'altra scrive sotto dettatura una lettera furibonda al comune? Mia madre è così". Lei dice che è nata femminista. Che significa? "I miei genitori si sono separati quando avevo 2 anni. Non ho mai saputo chi fosse mio padre, se esisteva veramente o se mi raccontavano balle. Sono cresciuta in un ambiente familiare non tradizionale e mia mamma non ha mai fatto assolutamente la parte della vittima bisognosa di un marito. Era autoritaria e potente. Ho capito da subito che dovevamo badare a noi stesse e che poteva anche essere divertente. Poi a 16 anni, dopo una serie di conflitti, sono andata via di casa per vivere a Delhi. Mi sentivo onnipotente. I testi femministi e quel tipo di linguaggio sono arrivati molto dopo. Fino ad allora non ero cosciente né di me né dei danni della società patriarcale indiana. Vivevo per conto mio, mai ferma in un posto". Lei si batte per l'ambientalismo. Che cosa significa nella vita di tutti i giorni? Fa delle scelte particolari? È vegetariana? "Non credo nelle buone intenzioni che salvano il mondo: portano a uno stile di vita da boutique esclusiva. In India la gente non può permettersi frutta biologica o medicine omeopatiche e io non sono una santa gandhiana che cerca di scegliere le cose giuste ma una peccatrice che fa quel che può. Sono al 90 per cento vegetariana - a parte un po' di pesce - ma non una fanatica di quella ideologia, perché il vegetarianesimo è comunque molto contestato. I bramini sono vegetariani, gli intoccabili mangiano la carne e anche questo è usato contro di loro. Certo il modo in cui si allevano i pesci e i bovini è assurdo. Mangio molto poco in generale. Ma non spreco tempo a pensarci, non posso passare la vita a cercare di diventare pura". Molti pensano che lei difenda cause perse. Da dove le viene questa grande empatia per gli oppressi e i perdenti? "La mia è una battaglia che cerca di ridefinire l'idea stessa di civilizzazione, la natura del potere, le decisioni che vengono prese dall'alto. Non è esatto dire che provo simpatia per i poveri, è che non mi sento separata da loro. E non è esatto parlare di perdenti, non definirei così gli indigeni della giungla, per esempio. Sono solo le prime vittime di un processo che ci distruggerà tutti quanti. In questo senso sì, siamo tutti dei perdenti". Lei è stata spesso minacciata e incarcerata. Teme per la sua vita? "No. Cerco di non rischiare inutilmente e di non diventare paranoica, non posso vivere barricata, mi mancherebbe l'ossigeno per pensare. Mi proteggo, certo, e la maniera migliore per farlo, come dicono i guru, è essere imprevedibile. E comunque c'è gente che corre molti più pericoli di me". In questa grande battaglia si sente sola? "No, perché quello che dico viene dal cuore della folla. Possono criticarmi, insultarmi, offendermi, ma sento la solidarietà di milioni di persone".

La repubblica D – 17 dicembre 2011

mercoledì 14 dicembre 2011

I Think Tank Militari indiani studiano la forza, la resilienza e l’"arma segreta" dei maoisti… le masse

I mass media indiani, che sono prevalentemente al servizio delle forze reazionarie e che promuovono lealmente le storie confuse e preconfezionate della polizia e dei militari – abitualmente raccontano storie terrificanti sui maoisti, e di come i maoisti sono talmente inferiori che sono quasi completamente collassati. Tale propaganda è chiaramente mirata a screditare la crescita (e variegata) opposizione politica e il supporto alle forze popolari rivoluzionarie. Ma lo Stato indiano non crede nemmeno alla propria campagna di propaganda. E quindi commissiona alle sue agenzie intellettuali, i cosiddetti think tank, valutazioni sobrie e realistiche della crescente forza e percorso strategico dei maoisti (per informare i suoi generali e coloro che pianificano la contro-insurrezione militare). Tale è la natura di questo rapporto. - Frontlines ndr.
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Esercito Guerrigliero Popolare di Liberazione Maoista
P.V. Ramana , Istituto di Studi e Analisi per la Difesa
12 dicembre 2011

L’Esercito Guerrigliero Popolare di Liberazione (PLGA) dei Naxaliti del Partito Comunista dell'India (Maoista) [PCI (Maoista) in breve], ha segnato il suo 11° anniversario conclusosi il 5 dicembre 2011. I ribelli si sono dati ad una serie di violenze bruciando edifici governativi, scuole e ferrovie in vari luoghi. Hanno anche attaccato due stazioni di polizia - Dhivra e Tandwa in Bihar, entrambi i quali sono stati respinti con successo.

Questa annuale, settimana di commemorazione è caduta nel periodo immediatamente successivo all'uccisione di Mallojula Koteswara Rao alias Kishanji in uno scontro a fuoco con le forze di sicurezza, il 24 novembre 2011, nell'area della foresta Burisole, distretto di West Midnapore, nel Bengala occidentale. Inoltre, i maoisti hanno indetto uno sciopero generale, con limitato successo, nelle loro roccaforti in vari Stati il 4 e il 5 dicembre per protestare contro l'uccisione di Kishanji.

Il PLGA è stato fondato il 2 dicembre 2000, originariamente come Esercito Guerrigliero del Popolo (PGA), dall'allora Partito comunista indiano-marxista-leninista (Guerra Popolare), PW in breve, e popolarmente conosciuto come PWG. Il giorno di fondazione segna anche il primo anniversario dell'uccisione in uno scontro di tre membri del Comitato Centrale dell’allora PW, Nalla Adi Reddy, Yerramreddy Santosh Reddy e Seelam Naresh nella zona della foresta di Koyyuru, distretto di Karimnagar. A seguito della fusione del PW e del Centro comunista maoista dell'India (MCCI), il 21 settembre 2004, il PGA è stato ribattezzato PLGA.

Al momento del lancio del PLGA, Nambala Keasava Rao alias Basava Raju, che si crede possa essere il capo di fatto della macchina militare maoista, ha detto che era nato per distruggere "il dominio dell'imperialismo, del feudalesimo, del capitalismo burocratico compradore, e di impadronirsi del potere politico attraverso la creazione di un nuovo stato democratico, come primo passo nel percorso verso il socialismo." La sua bandiera indica la volontà di rovesciare lo stato attraverso la forza delle armi. C’è una falce e martello attraversati da un fucile.

Inoltre, alla sua fondazione, il segretario generale del PCI (Maoista), Muppala Lakshmana Rao alias Ganapathy, che era anche il segretario generale di PW, ha dichiarato: "Il PGA deve fondersi con le masse e diventare una parte della loro vita e delle loro aspirazioni. In questo modo, il PGA crescerà e si doterà degli strumenti per affrontare gli attacchi da più fronti da parte del governo ..." In effetti, questo è in consonanza con quello che Mao Tse Tung ha detto una volta: "... tutti i problemi pratici nella vita quotidiana delle masse devono pretendere la nostra attenzione. Se prestiamo attenzione a questi problemi, li risolviamo e soddisfiamo le esigenze delle masse, possiamo davvero diventare organizzatori del benessere delle masse, ed esse veramente si raccoglieranno intorno a noi e ci daranno il loro caloroso sostegno ..." (1) Alla fine, in quanto la base di massa del PLGA si espande per includere varie sezioni della società, i maoisti sperano di trasformare il PLGA in PLA.

Il PLGA è costituito da tre tipi di forze, vale a dire, forza primaria (plotoni), forza secondaria (squadroni della guerriglia) e la forza di base (milizia popolare). La milizia popolare è composta di persone che hanno altre vocazioni nella vita e cui viene impartito un rudimentale addestramento militare per appena una quindicina di giorni. Commentando il significato della milizia popolare nello schema maoista, un membro del comitato centrale aveva questo da dire: "la milizia del popolo è alla base stessa del PGA. La lotta armata non può essere avanzata se la milizia popolare non viene costruita su grande scala e senza partecipazione di massa".

In realtà, la strategia operativa del PLGA è stata riassunta da Azad, l’allora portavoce del PCI (Maoista), in un comunicato stampa emesso il 14 novembre 2005, con le seguenti parole: "... alle ben attrezzate e ben addestrate, e numericamente superiori forze [di sicurezza] possono essere inferti colpi pesanti da una forza armata numericamente più debole ma decisa, senza paura e politicamente motivata del popolo attraverso il monitoraggio concreto dei punti deboli della forza nemica, una pianificazione meticolosa ed esecuzione efficace, basata sul principio di attaccare il nemico attraverso la sorpresa e la grande rapidità." Così, la milizia del popolo, ha avuto un ruolo importante, e ha partecipato ad un gran numero - a centinaia - a tutti gli attacchi sincronizzati lanciati dai ribelli a partire dal 2004. Tali attacchi includono:

• Raid di Koraput, Orissa, 6 febbraio 2004, in cui è stato svuotata l'armeria che conteneva 528 armi.
• Raid di Madhuban, Bihar, 23 giugno 2005.
• Centro di addestramento della centrale di polizia di Giridih, Jharkhand, 11 novembre 2005, in cui sono state saccheggiate 280 armi.
• Attacco alla prigione di Jehanabad, Bihar, 13 novembre 2005, durante la quale oltre 900 prigionieri, tra cui quadri e leader maoisti, sono fuggiti dalla prigione.
• Raid a R. Udayagiri, Orissa, 26 marzo 2006, in cui la stazione di polizia è stata travolta e sono stati sequestrati 17 Fucili.
• Raid al blocco Riga, distretto di Sitamarhi, Bihar, 31 marzo 2007.
• Raid Nayagarh Armeria, Orissa, 15 febbraio 2008, in cui 1.100 armi – compreso pistole, fucili di diverso calibro e mitragliatori e 200.000 munizioni sono stati saccheggiati.

Inoltre, come ha riferito all'autore di questa intervista nel 2007 l'ex Soprintendente di polizia (SSP) di Jagdalpur, nella regione del Bastar, nel sud di Chhattisgarh: "la milizia popolare ha acquisito le competenze necessarie per produrre e posare mine, senza alcuna guida o supervisione da parte delle squadre armate metropolitane". Secondo una stima, la forza della milizia popolare, solo nella regione di Bastar - che comprende cinque distretti di polizia - è di 30.000!

Perciò, la macchina militare maoista ha acquisito una certa versatilità e letalità. Le forze di sicurezza avrebbero, quindi, necessità di possedere e mostrare immense capacità per combattere militarmente i maoisti.

(1). Dichiarazione conclusiva di Mao Zedong fatta al II Congresso Nazionale della Repubblica Sovietica Cinese, Provincia Juichin Kiangsi, 27 gennaio 1934, intitolata: "Occuparsi del benessere delle Masse, prestare attenzione ai metodi di lavoro", Opere scelte di Mao Tse-Tung, vol. I, Londra, Lawrence e Wishart, 1954, pp.147-152.

tratto da: http://revolutionaryfrontlines.wordpress.com/

mercoledì 7 dicembre 2011

FRA MAOISTI E SUPERMARKET

La stampa borghese italiana si occupa rarissimamente delle guerre popolari in generale, riportiamo come eccezione, quindi, il seguente articolo del giornale "Il manifesto" di oggi, che nel migliore dei casi cerca da un lato di essere neutrale dall'altro prova sempre a far passare il concetto di "popolazioni prese tra due fuochi".

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Reportage
India – Viaggio nello stato nord-occidentale di Jharkhand, luogo della giungla, risarie, miniere e popolazione nativa, dove infuria la guerra strisciante fra gruppi armati comunisti e unità anti-guerriglia

Fra maoisti e supermarket
Marina Forti

CHAIBASA (INDIA)

Una sorta di coprifuoco è in corso in un'ampia regione del centro-nord dell'India. E' un coprifuoco ufficioso, ma non meno reale, tanto che è stato annunciato dai giornali: il 4 e 5 dicembre il Partito comunista (maoista) indiano, illegale, ha proclamato un bandh (sciopero) per onorare la morte di Koteswar Rao, alias Kishenji, membro di spicco del suo Politburo, ucciso dalle forze di sicurezza interna la scorsa settimana. Lo «sciopero» significa in pratica che nessuno si azzarda a mettersi in viaggio sulle strade extraurbane dove il movimento maoista è presente: come in questa provincia dello stato di Jharkhand, nel cuore di una delle più ricche zone minerarie dell'India, dove il paesaggio di risaie, foreste e villaggi è stravolto da grandi miniere a cielo aperto: qui sabato all'imbrunire sembrava appunto che ci fosse il coprifuoco. O come le foreste del confinante stato di Chhattisgarh, più a sud, dove nell'aprile 2010 i maoisti hanno ucciso in un attacco oltre 70 agenti delle forze paramilitari, segnando una escalation nel conflitto che serpeggia da anni in queste regioni di foreste, miniere e popolazioni «tribali», come si usa dire qui - gli adivasi, «abitanti originari» dell'India. O anche nella Jungle Mahal al confine tra Bengala occidentale e Jharkhand: più che «giungla» sono macchie di boscaglia e risaie, da tempo è considerate roccaforte della guerriglia maoista. E' qui che il 24 novembre è stato ritrovato il corpo di Kishenji, l'uomo più ricercato da molto tempo: 50 anni, negli anni '80 aveva fondato il People's War Group, «gruppo della guerra del popolo», nel suo stato originario, l'Andhra Pradesh. A lui è accreditato di aver poi unificato diversi gruppi e fazioni nel Partito comunista maoista, dandogli una direzione politico-militare con una certa capacità mediatica - i giornali qui ricordano sue conferenze stampa di notte nelle foreste, con tanto di telecamere e coreografia di kalashnikov.

Il dirigente maoista sarebbe stato ucciso in un encounter, o scontro a fuoco, durante una battaglia. O almeno così dice la polizia: la famiglia e i compagni del defunto dicono invece che Kishenji è stato arrestato grazie a una soffiata, torturato e ucciso a sangue freddo. In ogni caso, la foto del leader maoista crivellato di colpi ha conteso i titoli d'apertura all'ultima polemica politica nazionale, quella sulla decisione del governo centrale di New Delhi di aprire il settore della grande distribuzione a investimenti stranieri: le note catene internazionali, i Wal Mart e i Carrefour, potranno presto aprire i loro supermarket nelle città indiane; in un paese dove il supermercato è ancora una rarità per le élites urbane, i commercianti nazionali protestano unanimi e alcuni partiti sia dell'opposizione che della coalizione di maggioranza cavalcano la protesta. La convivenza (sulle prime pagine) tra supermercati e guerriglia maoista può sembrare bizzarra, ma in fondo ben rappresenta l'India di oggi: la povertà delle regioni rurali e la modernità delle metropoli, i villaggi senza corrente elettrica accanto a acciaierie o poli di industria hi-tech. Su un miliardo e 200 milioni di indiani si stima che il 42% viva con meno di 1 dollaro al giorno: altroché supermercato.

Vera o falsa, la sparatoria nella giungla ha probabilmente chiuso, per il momento, ogni remota possibilità di un dialogo politico tra i ribelli e lo stato.

In luglio infatti il governo del Bengala occidentale (lo stato che ha per capitale Calcutta) aveva incaricato un gruppo di «interlocutori» di avviare contatti con il Partito comunista maoista ed esplorare un possibile accordo di pace. La chief minister (capo del governo statale) Mamata Banerjee, insediata appena un mese prima, manteneva così una delle sue promesse elettorali: non è un segreto che ha stravinto le elezioni e messo fine a un pluridecennale governo delle sinistre in Bengala occidentale accettando il sostegno dei maoisti, al culmine di una serie di proteste popolari contro grandi progetti industriali e requisizioni di terre (si ricordi il caso di Singur e lo stabilimento automobilistico della Tata). Insomma: appena eletta, Mamata è andata in visita nella Jungle Mahal e ha chiesto al governo centrale di ritirare le forze speciali antiguerriglia che la presidiavano, come tutti i distretti di conflitto. I mediatori hanno avuto diversi incontri con i ribelli che il 30 settembre hanno sottoscritto una tregua - finita però quando hanno attaccato dei militanti del partito di governo. I ribelli d'altra parte accusano la polizia di non aver mai smesso di arrestare i loro compagni. Insomma: le operazioni delle forze paramilitari tra foreste e risaie sono ricominciate, con l'appoggio della signora Banerjee - applaudita in questo da tutto l'establishment dei media a Calcutta. E dopo l'uccisione di Kishenji i mediatori hanno rassegnato le dimissioni. Qualcosa di simile era successo nel 2004 quando il governo dell'Andhra Pradesh aveva avviato contatti con i ribelli, ma poi le forze paramilitari (che dipendono dal governo centrale) hanno ucciso i massimi dirigenti maoisti, ed è saltato tutto.

Ora la stampa indiana discute se le intenzioni della chief minister Banerjee fossero serie, se in ogni caso l'iniziativa del governo del Bengala occidentale fosse approvata da quello centrale a New Delhi, e se lo stesso partito maoista fosse davvero propenso al negoziati. E quale sia la strategia dei dirigenti di New Delhi: uno dei più autorevoli giornali in lingua inglese, The Hindu, ha scritto in un editoriale che la morte di Kishenji è certamente un colpo per il partito ribelle ma la realtà è che «prima e più che essere una minaccia alla sicurezza, l'insurrezione maoista è una questione politica che richiede risposte politiche». Non che il partito maoista abbia la rappresentanza esclusiva degli adivasi e degli oppressi - un ampio spettro di movimenti popolari è anzi insofferente al movimento armato, schiacciato tra questo e le forze di sicurezza.

Intanto però la tensione sale. Nei distretti di «conflitto» da parecchi giorni le forze paramilitari sono mobilitate - la Central reserve police force, Crpf, che dipende dal governo centrale, e i suoi corpi di élite con nomi esotici come Cobra. Nei borghi rurali come Chaibasa in Jharkhand vediamo grande dispiegamento di agenti armati di tutto punto. Nei villaggi del Jungle Mahal, dicono corrispondenti locali, sono ricomparse milizie di «auto-difesa» contro i maoisti (ne esistono diverse versioni in altri stati, usate dalle forze di sicurezza per fare il lavor sporco: dopo numerose denunce per le violenze commesse sulla popolazione civile, la Corte suprema indiana di recente le ha dichiarate illegittime).

Come prova di forza, lo «sciopero» non sembra riuscito - a parte l'attentato sabato contro un ministro statale in visita in un distretto minerario del Jharkhand, una mina ha mancato il ministro stesso ma ucciso 9 agenti di sicurezza, che si aggiungono ai 93 membri delle forze di sicurezza e 275 civili morti dall'inizio dell'anno in episodi legati all'insurrezione maoista - sono le ultime cifre date dal governo al parlamento indiano, il 30 novembre.

La calma forzata dei piccoli centri, il «coprifuoco» sulle strade rurali, i movimenti di truppe: tutto dice che la guerra strisciante nell'India rurale continua.

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INTERVISTE – Un incontro con padre Swami

«Le miniere fanno gola e cacciano gli indigeni»
Ma.Fo.
RANCHI (India)

«Finché non ci sarà giustizia sociale, questa sarà sempre una zona di conflitto»
Si chiama Bagaicha, parola che significa più o meno comunità, luogo comune. Sono alcune palazzine color mattone attorno ad aiuole e allo spazio circolare chiamato achra: nei villaggi indigeni di questa regione è dove la comunità si riunisce per discutere le decisioni comuni. Padre Stan Swami è l'anziano gesuita che ha dato vita a questo spazio di attivismo sociale alle porte di Ranchi, capitale del Jharkhand, uno degli stati di foreste e giacimenti minerari dell'India settentrionale considerato «area di conflitto» - nel senso della rivolta armata di ispirazione maoista. Di formazione giurista, Swami è una delle figure più impegnate nella difesa dei diritti umani in Jharkhand, qui fa consulenza legale e un attivo lavoro di informazione sui diritti delle popolazioni native.

Raggiungo la Bagaisha di Stan Swami nel primo giorno dello «sciopero» proclamato dai maoisti in questa regione rurale (vedi l'articolo in questa pagina, ndr) per chiedergli se, dopo l'uccisione del dirigente maoista Kishenji, vede possibilità di dialogo politico in questo conflitto strisciante. «Nell'immediato non vedo fine alla violenza, da nessuna delle due parti», risponde. I maoisti - spesso chiamati naxaliti, in ricordo della prima rivolta armata nelle campagne del Bengala occidentale oltre 40 anni fa - continuano ad attaccare «il nemico», polizia e paramilitari o rappresentanti dello stato; lo stato continua ad ammassare le forze paramilitari nelle regioni tribali. «Un giorno la classe dirigente del paese dovrà riconoscere che la forza militare non può mettere fine al conflitto. La realtà è che un flusso continuo di adivasi aderisce al movimento maoista perché non gli è lasciata scelta. Ci sono ben 800mila uomini delle forze paramilitari dispiegati nelle regioni adivasi attraverso 5 stati, una presenza schiacciante. La violenza esercitata sulle regioni rurali è inimmaginabile: la polizia e i paramilitari devastano i villaggi con la scusa di cercare i maoisti. Anche lo sfruttamento delle risorse naturali è impressionante. La leadership politica indiana si illude che sia possibile una soluzione militare, ma il conflitto non avrà fine senza andare alla radice: la questione della giustizia».

Stan Swami precisa che non sta parlando solo di legalità ma di giustizia sociale. «Negli ultimi 10 anni il governo del Jharkhand ha firmato oltre un centinaio di 'memorandum d'intesa' con aziende e gruppi industriali interessati ad aprire miniere e costruire industrie. In questi accordi non c'è la minima menzione alle persone che dovranno lasciare la terra, gente liquidata con l'equivalente di qualche migliaio di euro». Un centro di studi sociali legato ai gesuiti stima che un milione e mezzo di persone abbiano dovuto sfollare negli ultimi trent'anni e l'80% non sia stato risistemato e risarcito - su una popolazione totale di poco meno di 30 milioni (di cui il 27% adivasi e il 60% complessivo di «classi arretrate», come il censimento indiano definisce tribali, caste basse e fuoricasta). Nei decenni passati interi villaggi adivasi sono stati spostati. Poi però «sono sorti numerosi movimenti 'anti-displacement', contro la cacciata dalla terra», spiega Swami.

La rivolta maoista? Fino a una decina d'anni fa non era così rilevante, sostiene Swami. Poi è cominciata una escalation. «Qui ci sono giacimenti minerari e i gruppi industriali premono per investire. Con l'ossessione di crescita che c'è in India, nel 2009 il governo indiano ha cominciato a dire che 'il movimento maoista impedisce lo sviluppo della nazione'. Il vero scopo però non è combattere i maoisti, ma prendere il controllo della terra, ripulirla dagli abitanti nativi». Swami indica una cartina disegnata da una rete di avvocati per i diritti umani, indica per ogni distretto del Jharkhand le operazioni militari e i progetti industriali: e la coincidenza è prodigiosa. «I dati sono chiari: negli ultimi 5 anni, 550 giovani uomini e donne adivasi sono stati uccisi e 4500 sono stati arrestati».

Proprio nella regione di Saranda però ho sentito gli attivisti di piccoli gruppi di villaggio chiedersi perché i maoisti non facciano campagna contro l'espansione delle compagnie minerarie nelle regioni adivasi. «È vero. I maoisti non ostacolano gli imprenditori delle miniere, da cui invece estorcono denaro, protection money. Loro lo giustificano dicendo che devono sopravvivere e finanziare la lotta al fianco degli oppressi».

Il punto, insiste il gesuita, è la giustizia sociale. Alla vigilia dello «sciopero» maoista il ministro dello sviluppo rurale del governo di New Delhi, Jairam Ramesh, è andato nella foresta di Saranda («ripresa ai maoisti») a distribuire doni e titoli di proprietà della terra agli agricoltori adivasi. «Ma basta elargire qualche appezzamento di terra o regalare biciclette per dire che 'lo sviluppo avanza?' - tuona Swami - La legge sui diritti forestali del 2007 parla di accesso alle risorse in senso più complessivo. Sviluppo rurale significa avere accesso individuale e collettivo a terra, foreste, acqua. Questo significa vivere con dignità e rispetto di sé. La realtà è che l'alienazione dalle loro terre continua, con la forza o con l'inganno, aggirando le leggi».

Davanti alla spartana residenza di Swami c'è una stele con i nomi di eroi del Jharkhand, questo stato creato appena 10 anni fa: il primo è un leggendario eroe tribale e risale al 1880, l'ultimo è quello di suor Valsa John, uccisa due settimane fa, probabilmente da uomini delle mafie delle miniere contro cui si batteva: il gesuita la definisce «una martire degli oppressi».

giovedì 1 dicembre 2011

In risposta all’assassinio del compagno Kishanji continuano le azioni della guerriglia maoista.


I maoisti distruggono un edificio del governo locale e realizzano azioni di agitazione e propaganda

Circa 150 guerriglieri dell'Esercito Popolare di Liberazione maoista hanno fatto irruzione ieri nel Maharashtra occupando la gram panchayat (istituzione di autogoverno locale a livello di villaggio) e hanno bruciato l'edificio Armori Taluka (unità amministrativa), a circa 55 km da Gadchiroli, distretto del Maharashtra.

I dirigenti locali dicono che ormai “tutto è in mano ai maoisti… la polizia sembra aver perso completamente la battaglia”

I maoisti hanno attaccato per la seconda volta in 72 ore e incendiato i mobili e documenti in quattro sale, il segretario, il Sarpanch (dirigente dell’istituto di autogoverno livello) e una sala riunioni compresa. I guerriglieri hanno agito divisi in due squadre, mentre un incendio veniva appiccato alla sede panchayat, venivano eseguite altre azioni di agitazione e propaganda nel teatro locale del Maharashtra. I maoisti hanno preso il controllo del palcoscenico del teatro locale nel famoso teatro Jharipatti. Due donne maoiste armate sono salite sul palco e hanno preso possesso del sistema audio. Hanno gridato slogan in ricordo del martire, compagno Kishanji, e hanno fatto appello alle masse per partecipare al 'Bharat Bandh' (sciopero totale) per il 4 e 5 del mese di dicembre. Inoltre, i maoisti si stanno a commemorare l'anniversario dell’Esercito Popolare Guerrigliero di Liberazione (EPGL) tra il 2 e 9 dicembre.

http://articles.timesofindia.indiatimes.com/2011-11-30/nagpur/30458447_1_gadchiroli-naxals-panchayat-office

Dichiarazione del Partito Comunista dell'India (Maoista) sulla morte del compagno Kishanjii

India: Il leader del PCI (Maoista) Kishanji assassinato

28 novembre, 2011. Un mondo da conquistare News Service.

Mallojula Koteswara Rao, conosciuto anche come Kishenji, membro del Burò Politico del Partito Comunista dell'India (Maoista), è stato ucciso in una zona boschiva del Bengala occidentale il 24 novembre.

Le autorità hanno sostenuto che il compagno Rao è stato ucciso in uno scontro a fuoco durante un'operazione che ha coinvolto circa 900 truppe paramilitari e polizia di Stato, tra cui i commandos Cobra appositamente addestrati a combattere il movimento rivoluzionario guidato dai maoisti che ha base nelle aree rurali dell'India centrale e orientale. Una dichiarazione del partito rilasciata il giorno dopo diceva che era stato arrestato, torturato e ucciso.

Al funerale nella sua città natale, Peddapally, lo scrittore rivoluzionario P. Varavara Rao ha dato lettura alla seguente dichiarazione del Comitato centrale del partito.

Il 24 novembre 2011 rimarrà una giornata nera negli annali della storia del movimento rivoluzionario indiano. La cricca fascista al potere Sonia-Manmohan-Pranab-Chidambaram-Jairam Ramesh, che ha gridato a gran voce che PCI (Maoista) è "la più grande minaccia alla sicurezza interna", in collusione con il primo ministro del Bengala occidentale, Mamata Banerjee, ha ucciso il compagno Mallojula Koteswara Rao dopo averlo catturato vivo in una ben pianificata cospirazione. Questa cricca che aveva ucciso il compagno Azad, il portavoce del nostro partito, il 1° luglio 2010, ancora una volta ha buttato la sua rete e spento la sua sete di sangue. Mamata Banerjee, che aveva versato lacrime di coccodrillo sull’uccisione del compagno Azad prima di arrivare al potere, mentre metteva in atto la commedia delle trattative da un lato dopo aver assunto l'ufficio, ha ucciso un altro importante leader, il compagno Koteswara Rao e quindi ha messo a nudo la sua faccia antipopolare e fascista. Le agenzie di intelligence centrale e le agenzie di intelligence assassine del Bengala occidentale e dell’Andhra Pradesh, gli hanno dato la caccia con una ben pianificata cospirazione e lo hanno ucciso in modo vile in un'operazione congiunta e ora stanno diffondendo una storia inventata di scontro. Il segretario del ministero degli interni centrale, RK Singh, mentiva anche mentre diceva che non sapevano per certo chi è morto nello scontro, nello stesso istante ha annunciato che questo è un duro colpo per il movimento maoista. Così egli ha dato il via palesemente alla loro cospirazione che sta dietro questo omicidio. Il popolo oppresso manderà definitivamente nella tomba le classi dominanti sfruttatrici e i loro padroni imperialisti che sognano ad occhi aperti di poter spazzare via il partito maoista uccidendo i vertici del movimento rivoluzionario.

IL compagno Koteswara Rao, che è molto popolare come Prahlad, Ramji, Kishenji e Bimal all'interno del partito e tra le masse, è uno dei più importanti leader del movimento rivoluzionario indiano. Il guerriero instancabile che non ha mai riposto il suo fucile, mentre lottava per la liberazione delle masse oppresse nei trascorsi 37 anni e che ha dato la sua vita per il bene della ideologia in cui ha creduto, è nato nel 1954 a Peddapally città del distretto di Karimnagar nel nord Telangana, Andhra Pradesh. Cresciuto da suo padre, l’anziano Venkataiah, che era un combattente per la libertà e sua madre, Madhuramma, che è stata di vedute progressiste, Koteswara Rao si è nutrito di amore per il suo paese e le sue masse oppresse fin dall'infanzia. Nel 1969, aveva partecipato allo storico movimento separatista del Telangana mentre studiava presso la scuola superiore nella città di Peddapally. Si è unito al movimento rivoluzionario ispirato dalla gloriosa lotta dei movimenti Naxalbari e Srikakulam mentre studiava per la laurea presso il college SRR di Karimnagar. Ha iniziato a lavorare come membro attivo del partito dal 1974. Ha trascorso qualche tempo in prigione durante il periodo nero dell’emergenza. Dopo la fine del periodo di emergenza, ha iniziato a lavorare come organizzatore di partito nella suo distretto di Karimnagar. Ha risposto alla chiamata per la campagna del partito "Tornare ai villaggi" instaurando rapporti con i contadini. Era uno di quelli che hanno svolto un ruolo di primo piano nella ripresa del movimento contadino popolare conosciuto come "Jagityal Jaitrayatra" (Marcia della Vittoria di Jagityal) nel 1978. In questo periodo, è stato eletto membro del comitato distrettuale del comitato congiunto Adilabad-Karimnagar del CPI (ML). Nel 1979, quando questo comitato è stato diviso in due comitati di distretto è diventato il segretario della commissione distrettuale di Karimnagar. Ha partecipato alla 12a conferenza di partito dell’Andhra Pradesh (AP), è stato eletto al comitato di stato dell’AP e ha assunto la responsabilità come suo segretario.

Fino al 1985, come parte della direzione del comitato di stato dell’AP ha svolto un fondamentale ruolo nella diffusione del movimento in tutto lo stato e nello sviluppo del movimento del Nord Telangana, che stava avanzando nella prospettiva della costruzione della zona di guerriglia. Ha giocato un ruolo importante nell'espansione del movimento del Dandakaranya (DK) e nel suo sviluppo. È stato trasferito nel Dandakaranya nel 1986 assumendosi la responsabilità di membro del Comitato per la foresta. Ha guidato le squadre di guerriglia e popolari nelle aree Gadchiroli e Bastar del DK. Nel 1993 è stato cooptato come membro nel Comitato Organizzatore Centrale (COC).

Dal 1994 ha lavorato principalmente per diffondere e sviluppare il movimento rivoluzionario nell'India orientale e settentrionale tra cui il Bengala Occidentale. In particolare il suo ruolo nel riunire le forze rivoluzionarie che erano state disperse dopo la battuta d'arresto del movimento Naxalbari nel Bengala occidentale e nel far rivivere il movimento rivoluzionario è stato straordinario. Ha stretto un rapporto profondo con le masse oppresse del Bengala e i vari settori del campo rivoluzionario, ha imparato la lingua Bangla con determinazione e lasciato un segno indelebile nei cuori del popolo. Ha lavorato instancabilmente per raggiungere l'unità con vari gruppi rivoluzionari e nel rafforzamento del partito. Il compagno Koteswara Rao è stato eletto membro del Comitato Centrale (CC), della Conferenza Speciale di tutta l’India dell’ex PCI(ML) (Guerra Popolare) tenutasi nel 1995. Ha lottato per stabilire l'unione tra Guerra Popolare e il Partito dell'Unità nel 1998. Nel Congresso del Partito dell’ex PCI(ML) (GP) tenutosi nel 2001 è stato nuovamente eletto nel CC e del Politburo. Si è assunto la responsabilità di segretario del Consiglio regionale del Nord (CRN) e ha guidato i movimenti rivoluzionari negli stati del Bihar, Jharkhand, Bengala Occidentale, Delhi, Haryana e Punjab. Contemporaneamente ha svolto un ruolo chiave nei colloqui tra l’ex GP e l’MCCI [Maoist Communist Centre of India]. È stato membro del CC e del Politburo unificato formati dopo la fusione dei due partiti nel 2004 e ha lavorato come membro dell’Ufficio Regionale Orientale (URO). Si è concentrato principalmente sul movimento a livello statale del Bengala occidentale e ha continuato a fare da portavoce dell’URO.

Il compagno Koteswara Rao ha giocato un ruolo di primo piano nella gestione delle pubblicazioni di partito e nel campo della formazione politica all'interno del partito. Ha partecipato alla elaborazione di Kranti, Errajenda, Jung, Prabhat, Vanguard e altre riviste. Ha avuto un ruolo speciale da svolgere nella nascita di varie riviste rivoluzionarie del Bengala Occidentale. Ha scritto molti articoli teorici e politici in queste riviste. È stato membro della sottocommissione per l'Educazione politica (SCOEP) e ha svolto un ruolo di primo piano nell’insegnamento del marxismo-leninismo-maoismo tra i ranghi del partito. In tutta la storia del partito ha giocato un ruolo memorabile per l'espansione del movimento rivoluzionario, nell’arricchire i documenti di partito e nello sviluppo del movimento. Ha partecipato al Congresso di Unità-9° Congresso del partito tenutosi nel gennaio 2007, è stato eletto membro del CC ancora una volta e ha assunto le responsabilità di membro del Politburo e membro dell’URO.

L'orientamento politico dato dal compagno Koteswara Rao ai movimenti popolari di Singur e Nandigram che esplose dal 2007 contro le politiche antipopolari e filomultinazionali del governo socialfascista del CPM [Partito comunista marxista] nel Bengala Occidentale e in particolare nella gloriosa sollevazione della ribellione popolare di Lalgarh contro le atrocità della polizia è prominente. Ha condotto il comitato statale del Bengala occidentale e i ranghi del Partito nel guidare questi movimenti e d'altra parte ha anche condotto la propaganda attraverso i media con capacità d’iniziativa. Nel 2009, quando la cricca Chidambaram ha cercato di ingannare le classi medie in nome dei colloqui e del cessate il fuoco, ha lavorato in modo significativo per smascherarla. Egli ha fatto un enorme lavoro per mantenere alta l'importanza della guerra popolare e nel portare la politica rivoluzionaria alle grandi masse. Questo grande viaggio rivoluzionario che è andato avanti per quasi quattro decenni è arrivato alla fine improvvisa il 24 novembre 2011.

Amato Popolo! Democratici!

Condanniamo questo brutale omicidio. Si tratta del complotto delle classi dominanti per spazzare via la direzione rivoluzionaria e privare il popolo della giusta guida e direzione proletaria. È un fatto noto che il movimento maoista è il principale ostacolo per i grandi ladri e compradores che stanno accatastando milioni nelle banche svizzere vendendo per noccioline per la Jal, Giungla e Zameen, del paese agli squali imperialisti. La brutale offensiva su più fronti, a livello nazionale, chiamata Operazione Caccia verde degli ultimi due anni serve proprio a questo scopo. Questo assassinio a sangue freddo è parte di questo. È dovere dei patrioti e di coloro che amano la libertà del paese proteggere il movimento rivoluzionario e la sua leadership come la pupilla dei propri occhi. Non si tratta altro che di proteggere il futuro del paese e quello delle prossime generazioni.

Anche all'età di 57 anni, il compagno Koteswara Rao conduceva la dura vita di un guerrigliero come un giovane e aveva riempito i quadri e le persone di grande entusiasmo ovunque andasse. La sua vita dovrebbe particolarmente servire come una grande ispirazione per le giovani generazioni. Ha studiato e lavorato per ore senza riposo e viaggiava per grandi distanze. Dormiva pochissimo, conduceva una vita semplice ed è stato un gran lavoratore. Era solito unirsi facilmente con persone di ogni età e con persone provenienti da vari settori sociali e riempirli di entusiasmo rivoluzionario. Senza dubbio, il martirio del compagno Koteswara Rao è una grande perdita per il movimento rivoluzionario indiano. Ma il popolo del nostro Paese è molto grande. È il popolo e sono i movimenti popolari che hanno dato alla luce rivoluzionari coraggiosi e dediti come Koteswara Rao. Gli operai e i contadini e i rivoluzionari che hanno assorbito lo spirito rivoluzionario di Koteswara Rao dal Jagityal a Jungle Mahal e che si sono armati della fragranza rivoluzionaria che egli ha diffuso in tutto il paese condurranno sicuramente la Rivoluzione di Nuova Democrazia in India lungo il percorso della vittoria. Spazzeranno via gli imperialisti e i loro lacchè latifondisti e la borghesia burocratico-compradora e i loro rappresentanti come Sonia, Manmohan, Chidambaram e Mamata Banerjee.

Il nostro CC ha fatto appello alle masse del paese ad osservare una settimana di protesta dal 29 novembre al 5 dicembre e 48 ore di "Bharat Bandh" [sciopero totale] tra il 04-05 dicembre per protestare contro il brutale assassinio del compagno Koteswara Rao. Facciamo appello a che si tengano varie manifestazioni come riunioni, comizi, dharnas, vestire il badge nero, blocchi stradali ecc. per protestare contro questo omicidio. Chiediamo che i treni, strade, le istituzioni commerciali ed educative rimangano chiuse e che tutti i tipi di transazioni commerciali siano fermate come parte del "Bharat Bandh" del 4-5 dicembre. Ma abbiamo esonerato i servizi sanitari dal Bandh.

Firmato Abhay, portavoce, PCI (Maoista).

lunedì 28 novembre 2011

migliaia al funerale del dirigente maoista ucciso





Rivoluzionari e oppressi da tutto il mondo piangono il dirigente del PCI(Maoista) assassinato Kishenji. Una perdita particolarmente dura per i popoli dell', che si apprestano a celebrare la sua vita e il suo contributo alla liberazione dell'umanità.

C’è la prova che Kishenji è stati assassinato in quello che viene chiamato un “falso scontro”. Così è chiamata la circostanza in cui la polizia o i paramilitari catturano qualcuno, lo uccidono mentre è in custodia e poi fabbricano false prove per far sembrare che l'assassinio si è verificato in combattimento. Ma non è altro che un vile, spietato assassinio a sangue freddo. Le forze dello Stato indiano hanno spesso fatto ricorso a questa pratica per coprire la spietata persecuzione di maoisti e adivasi (popolazioni tribali).


Centinaia rendono l’ultimo ultimo saluto al compagno Kishenji.

Simpatizzanti maoisti, scrittori rivoluzionari, cantanti, rappresentanti di varie organizzazioni popolari, attivisti delle libertà civili e tante altre centinaia di persone domenica hanno reso l’estremo saluto al leader maoista assassinato Kishenji, nella sua città natale, Peddapalli in Andhra Pradesh. Un gran numero di persone si sono presentate alla casa di Kishenji per rendergli omaggio e unirsi al dolo dei familiari. Con le mani giunte, i dolenti sono stati salutati mentre passavano con la bara coperta di fiori in mezzo a un’enorme presenza di forze di polizia.

I simpatizzanti maoisti dicono che è stato il loro ultimo “saluto rosso” al compagno che 35 anni fa aveva lasciato la sua casa per aderire al movimento e combattere per la causa degli oppressi.


La sepoltura del compagno dell’Ufficio Politico del Partito Comunista dell'India (Maoista) avverrà dopo le 13

Con alla testa il cantastorie rivoluzionario Gaddar, decine di artisti hanno reso omaggio intonando canti rivoluzionari, al leader assassinato.

Sabato notte la salma di Kishenji era stata trasferita dalla polizia da una città nel distretto di Karimnagar, a 200 km da qui, con eccezionali misure sicurezza.

La madre di Kishenji, Madhuramma, era inconsolabile nel vedere il corpo del figlio, che non aveva più incontrata dopo il suo passaggio alla clandestinità, più di trent’anni fa.

Mallojula Koteswara Rao, alias Kishenji, era il numero tre del Partito Comunista dell'India (Maoista), è stato assassinato giovedì dalle forze di sicurezza a Burishole, nel Bengala Occidentale, a 10 km dal confine col Jharkhand.

A rendere l'ultimo saluto a Kishenji non sono mancati gli ex compagni del movimento, i compagni di scuola e università.

La polizia ha preso possesso del corpo nella notte di sabato, non appena il cadavere è arrivato al Rajiv Gandhi International Airport di Shamshabad, a circa 25 km da Hyderabad.

La polizia temeva i tentativi dei simpatizzanti maoisti di riprendersi il corpo in città e lo ha tenuto in una bara blindata impedendo alla gente che lo vedeva passare di rendergli l'ultimo saluto.

Il nipote di Kishenji, Deepa Rao e il simpatizzante maoista Varvara Rao, che hanno accompagnato il corpo da Kolkata, hanno protestato con forza contro l'atteggiamento della polizia.

“Non solo lo hanno ucciso a sangue freddo, ci negano perfino il diritto di rendergli omaggio ed eseguire le esequie nel modo in cui abbiamo deciso”, ha detto Rao.

il partito comunista dell'india maoista dichiara due giorni di sciopero generale per il 4-5 dicembre contro l'assassinio del leader maoista Kishenij

il comitato internazionale di sostegno alla guerra popolare in india - italia - chiama tutti gli antimperialisti a unirsi e salutare in tutte le forme questa iniziativa e a preparare insieme la grande settimana internazionale di azione del 14-21 gennaio
comitato internazionale di sostegno alla guerra popolare in india
csgpindia@gmail.com
28 novembre 2011

domenica 27 novembre 2011

Condanniamo fermamente l'assassinio di Kishanji...

Condanniamo fermamente l'assassinio a sangue freddo e pianificato di Kishanji alias Mallojula Koteswara Rao, membro del Politburo del PCI (Maoista) nella zona della foresta Burishol, Pashim Midnapore District, Jangalmahal, Bengala Occidentale il 24 novembre 2011. Al momento di questo omicidio Kishanji era impegnato con il processo dei colloqui di pace con gli interlocutori designati dal primo ministro del Bengala Occidentale signora Mamata Banerjee. Un tale crimine efferato deve essere condannato da tutte le persone che amano la giustizia.

Secondo una dichiarazione del PCI (Maoista) rilasciata ai media oggi, Kishanji è stato arrestato e torturato e poi brutalmente ucciso. Questo omicidio sembra molto simile a quella di Azad nel luglio 2010, quando Azad è stato brutalmente torturato e ucciso mentre era impegnato con l'offerta del Governo dell'Unione per i colloqui di pace attraverso l'interlocutore nominato dal Ministero dell'Interno dell'Unione.

In queste circostanze, la storia raccontata dalle Joint Forces di un duro scontro a fuoco nella foresta Burishol del distretto di Pashim Midnapore risulta essere inventata. E' significativo che la madre di Kishanji, la signora Madhuramma, mantenendo la certezza che si tratta di un falso scontro ha anche chiesto una inchiesta giudiziaria. In queste circostanze, noi chiediamo:

1. L'uccisione in un falso scontro di Kishanji dovrebbe essere posto sotto indagine da un Comitato d'inchiesta giudiziaria da parte di un giudice in attività o in pensione della Corte Suprema.

2. Registrare immediatamente un caso di omicidio contro la polizia e personale paramilitare che hanno affermato di aver ucciso Koteswara Rao alias Kishanji, membro del Politburo, PCI (Maoista) in zona Foresta Burishol, Pashim Midnapore District, Jangalmahal, West Bengala che ha avuto luogo il 24-11 -2011.

3. Tutti coloro che sono sospetti e coinvolti in questo omicidio a sangue freddo devono essere temporaneamente rimossi dalla carica fino a quando l'inchiesta giudiziaria sia stata completata.

4. Il corpo di Kishanji dovrebbe essere trasportato a Hyderabad e consegnato alla madre dopo la corretta autopsia condotta dalla squadra designata di medici ed esperti di medicina legale non inferiore al grado di chirurghi civili.

5. Nel frattempo, il corpo di Kishanji dovrebbe essere conservato con imbalsamazione appropriata.



BD Sharma, ex Commissario Nazionale per le caste e le tribù

GN Saibaba, vice segretario, Fronte Democratico Rivoluzionario (RDF)

Le forze armate del fascista governo indiano assassinano a sangue freddo un altro grande leader maoista

Kishenji torturato e ucciso in un falso scontro

L'uccisione di uno dei maggiori leader maoisti, Kishenji, ha sollevato una polemica venerdì tra i suoi sostenitori e alcuni partiti politici dicendo che è stato eliminato in un falso scontro, accusa smentita dal CRPF (Central Reserve Police Force) che ha detto che si è trattato di un'operazione "pulita". I maoisti hanno chiesto una indagine indipendente sulle circostanze che hanno portato all'uccisione di Kishenji nella foresta Burisole, nel distretto del West Midnapore giovedi. Anche un appello per uno sciopero totale (bandh) di due giorni nel Bengala occidentale dal 26 novembre è stato lanciato dai maoisti per protestare contro il presunto falso scontro.

"Kishenji è stato ucciso in un falso scontro. Per protestare contro questo fatto abbiamo indetto uno sciopero totale nazionale di due giorni dal 26 novembre ed una settimana di protesta," ha detto al telefono, parlando da una località sconosciuta, il membro e portavoce a livello di commissione statale, Akash, a PTI.

Rifiutando l'accusa, il direttore generale della CRPF, Vijay Kumar, ha detto che Kishenji è stato ucciso in un'operazione 'molto pulita e ben riuscita' dalle forze congiunte del distretto di West Midnapore.

"Si è trattato di un'operazione molto pulita e ben riuscita e i nostri ragazzi non hanno perso un minuto", ha detto Kumar ai giornalisti nella foresta Burisole nell'area di Jhargram dove è stato ucciso Kishenji.

"No, no, no", ha detto quando gli è stato riferito dell'affermazione che Kishenji è stato eliminato in un falso scontro.

Il poeta in Telugu e simpatizzante maoista Varvara Rao ha anche lui sostenuto che Kishenji è stato ucciso in un falso scontro.

"Kishenji è stato arrestato due giorni fa e tenuto in custodia della polizia. È stato ucciso in un falso scontro. Si tratta di un caso di assassinio che dovrebbe essere indagato' ha detto 'Varvarao Rao ai giornalisti all'aeroporto Calcutta.

Rao ha anche detto che la "storia" dello scontro era un'invenzione.

Il portavoce maoista Akash, quando è stato chiesto di comprovare la sua tesi ha detto, "E' stato arrestato quando la nostra gente era nelle vicinanze e poi ucciso a sangue freddo. Chiediamo un'inchiesta indipendente sull'uccisione del nostro leader".

Il leader del CPI, Gurudas Dasgupta, in una lettera al ministro dell'Interno P. Chidambaram ha detto: "La storia dello scontro sembra essere falsa, si deve indagare e il governo deve chiarire".

Mettendo in discussione il modo in cui è stato ucciso Kishenji, Dasgupta ha chiesto al governo di chiarire se è stato ucciso a "sangue freddo" dopo essere stato arrestato.

Dasgupta, che ha parlato con Chidambaram al telefono, ha citato una "fonte" per dire che Kishanji è stato arrestato ieri a mezzogiorno e "successivamente ucciso in un assassinio a sangue freddo".

"Se la mia informazione è giusta, allora è un atto di vile crimine in violazione di tutte le leggi nazionali e internazionali", ha detto nella lettera.

Anche l'attivista dei diritti umani e il capo degli interlocutori di nomina governativa, Sujato Bhadra ha chiesto un'indagine sull'uccisione di Kishenji.

Anche il Partito Samajwadi ha avallato la versione livellato del falso scontro e ha detto che il Naxalismo non può essere eliminato con il "massacro" dei leader Naxaliti.

"I modi in cui viene descritta l'uccisione di Kishenji, non dicono che Kishenji è stato ucciso in un scontro... Si tratta di un falso scontro", ha detto ai giornalisti a Nuova Delhi il leader del partito Samajwadi, Mohan Singh.

Nel Bihar, il PCI (ML) Liberazione ha esortato il primo ministro del Bengala occidentale, Mamata Banerjee, ad ordinare un'inchiesta giudiziaria sull'uccisione di Kishenji, proprio come lei aveva fatto per la morte del leader ribelle Azad in Andhra Pradesh, lo scorso anno.

"C'è una somiglianza tra la morte di Azad e Kishenji. Mamata Banerjee dovrebbe ordinare un'inchiesta giudiziaria sull'uccisione di Kishenji," hanno detto ai giornalisti a Patna i leader del PCI (ML) Raj Kumar Singh e Krishna Adhikari.

Source HT - http://www.hindustantimes.com/India-news/WestBengal/CRPF-under-fire-for-Kishenji-s-killing-defends-itself/Article1-773963.aspx

venerdì 25 novembre 2011

CONTRO LA VIOLENZA VERSO LE DONNE: RIVOLUZIONE NELLA RIVOLUZIONE

Per il 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sessuale contro le donne, a livello internazionale vogliamo dedicare la nostra mobilitazione alle donne che sono in prima linea a guida della rivoluzione in India.
Lo Stato indiano, l’esercito reazionario, le forze della repressione sono particolarmente feroci verso le donne usando anche l'arma degli stupri.E in particolare verso le donne che si ribellano sempre più numerose ai retaggi feudali, alle tradizioni del matrimonio forzato, del rapimento delle donne, alle violenza e alle bestiali mutilazioni...
La natura dell'oppressione di classe e sessuale delle donne è di lunga durata.
Ma proprio per questo la guerra popolare di lunga durata attrae e aiuta la partecipazione di molto donne oppresse e questo rende effettivamente la guerra popolare una guerra di massa.
Una recente indagine ha mostrato che di circa 290 maoisti che operano nella aree della guerra di popolo nel Maharahstra, 74 sono donne, e sono donne membri dei Comitati di divisione, dei Comandanti, anzi gli uomini sono superati dalle donne tra i quadri di comandanti e aggiunti. Protagoniste degli attacchi alle basi dello Stato repressivo sono donne.

Questo fa di questa guerra di popolo un fenomeno internazionale della lotta di liberazione delle donne e della rivoluzione nella rivoluzione, per combattere sui due fronti, della lotta di classe e della lotta di genere, necessaria alle masse femminili per affermare il loro cammino e portare una visione generale, trasformante della lotta di rivoluzionaria.
Come racconta la scrittrice, esponente di punta del movimento antiglobalizzazione e del movimento delle donne, Arundhati Roy, queste compagne vengono da lunghi anni di lotta delle donne all'interno del partito, non solo per affermare i loro diritti ma per convincere il partito che l'uguaglianza tra uomini e donne è al centro di un'ideale di società giusta.

Noi vogliamo in occasione del 25 novembre parlare di queste donne, perché la via del protagonismo diretto delle donne nella lotta per la liberazione è la strada per tutte le donne nel mondo che subiscono violenze sessuali, uccisioni, doppio sfruttamento e oppressione.

In questo senso non siamo d’accordo con l’appello che sta circolando da parte delle ‘donne in nero’ sulle donne della Colombia e a cui alcune realtà di collettivi femministi stanno riprendendo.
Sicuramente siamo anche noi solidali con le donne di Buenaventura (Colombia) che come tante altre donne in tanti altri paesi subiscono le peggiori violenze. Ma mettere sullo stesso piano, come fa l’appello, le violenze dello Stato, delle forze dell’esercito, paramilitari con le “violenze” dei “guerriglieri”, delle forze armate rivoluzionarie che combattono lo stato colombiano è sbagliato, fa il gioco del regime e dell’imperialismo.
L’India insegna che quando c’è una lotta rivoluzionaria le donne non stanno a guardare o non chiedono semplicemente di “prendere la parola”, ma stanno in prima fila. E proprio stando in prima fila fanno una rivoluzione nella rivoluzione, lottando contro le idee e pratiche maschiliste, sessiste presenti anche nelle fila rivoluzionarie.
Tempo fa una compagna indiana ci diceva che le compagne all’interno del partito comunista maoista che guida la guerra popolare avevano denunciato e lottavano contro 34 forme di maschilismo all’interno del loro partito, per costruire “sul campo” la liberazione effettiva delle donne e una società nuova in tutto.

mfpr@libero.it - http://femminismorivoluzionario.blogspot.com

lunedì 7 novembre 2011

SCIOPERO TOTALE (BANDH) DI 24 ORE CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DEL TERRITORIO

3 Novembre 2011

Il CPI (Maoista) ha effettuato ieri uno sciopero di 24 ore (bandh) nello Jharkhand e le aree adiacenti dello Stato di Orissa, che ha avuto un’ampia risposta nei villaggi e nelle aree semi-urbane del distretto di Sundargarh.

I negozi sono rimasti chiusi e gli autobus si sono fermati, allo stesso tempo è stata limitata la circolazione di camion pesanti.

Il Comitato Regionale del PCI (Maoista) dello Jharkhand ha dichiarato il bandh in risposta all'intenzione del governo indiano di istituire un battaglione dell’Esercito di riserva dell’India (IRB) nel distretto di Khuntapani Est, Singhbhum.

I maoisti hanno anche protestato contro la visita del Ministro dell’Unione dello sviluppo rurale Jairam Ramesh e la sua proposta per la regione per sviluppare piccoli comuni in alcune parti della foresta tra Manoharpur a Saranda, lungo il confine tra Orissa e Jharkhand.

giovedì 3 novembre 2011

Seppellire l'1 con il 99!

Appello del Partito Comunista dell'India (Marxista-Leninista) Naxalbari

Seppellire l'1 con il 99!

Un'onda di rabbia e agitazione si vede in tutto il mondo. I giovani sono nelle strade - protestando, resistendo, cominciando a reagire. Sono sostenuti e ad essi si uniscono persone provenienti da un ampio spettro sociale. Dittatori, che schiacciano il soffio vitale della libertà; governanti, che scaricano tutte le difficoltà della crisi sulle spalle del popolo; squali miliardari, che speculano e fanno profitti sulla fame e su coloro che non hanno casa; politici, che saccheggiano i fondi pubblici - il tutto viene preso di mira. Questo è meraviglioso!

In alcuni paesi arabi il popolo ha ottenuto una vittoria iniziale mettendo fine a regimi dittatoriali. In Europa, potenti esplosioni di furia popolare hanno costretto i governanti ad un passo lento nei loro piani tesi a soffocare le masse con tagli alla spesa pubblica. E in mezzo a tutto questo, la protesta di massa è scoppiata in tutti gli Stati Uniti, il centro del sistema imperialista mondiale. Gli slogan lanciati dai movimenti “Occupy”, iniziati da Occupy Wall Street, catturano i sentimenti anti-capitalisti e i desideri di cambiamento delle grandi masse in tutto il mondo. Le occupazioni si replicano in tutto il mondo e l’appello risuona con forza sempre maggiore.

È giusto, il 99 per cento non può più tollerare l'avidità e la corruzione dell’1 per cento. Vi si deve mettere fine. Ma diciamola tutta. Dobbiamo andare fino in fondo, se questo sogno deve essere realizzato. Ed è l’unico modo per tenere l’1 nel mirino. Essi sono infatti inferiori di numero, ma quell’1 significa inganno e morte. Li abbiamo appena visti dirottare la lotta del popolo in Libia. Hanno trovato una scusa per bombardare a modo loro e impostare un regime flessibile abbastanza per soddisfare i loro bisogni. La loro abilità nella via non violenta, democratica si può ben vedere in Tunisia ed Egitto. Un Ben Ali viene rimpiazzato con un Hamadi Jebali, un Mubarak con un Tantawi - e gli affari procedono come al solito per l’1. Essi sono anche abili a promuovere la protesta, come una sorta di valvola di sicurezza e di distrazione, come stanno tentando in India. Anna Hazare ottiene visibilità nei media in prima serata; la rabbia del popolo contro la corruzione è diffusa. Nel frattempo intensificano la loro guerra contro il popolo, scatenano l'esercito e i droni forniti dagli statunitensi, e vanno sparati contro l'attuale rivoluzione armata dei diseredati, la guerra popolare guidata dai maoisti. Oh sì, questo 1 farà di tutto pur di rimanere aggrappato al potere.

È per questo che abbiamo bisogno di andare alle radici. Strapparle via. Demolire il potere che li protegge. Rimuovere il terreno affinché il nuovo possa germogliare. Questo è l'unico modo per porre fine ad una umanità che viene divorata, all'avidità del capitalismo che distrugge l’ambiente, del sistema imperialista mondiale. Abbiamo bisogno di porre fine alle distinzioni di classe, casta, sesso, razza ed etnia. Abbiamo bisogno di strappare via i rapporti economici e sociali su cui poggiano. Abbiamo bisogno di una pulizia a fondo di tutte le idee marce che a questi si accompagnano. E quando si arriva a questo è del comunismo che stiamo parlando, un modo totalmente nuovo di pensare, un modo totalmente nuovo di vivere, per noi e per questo mondo.

Rivoluzione, fino in fondo!
Il capitalismo è un vicolo cieco! C’è un futuro nel comunismo!
2 novembre 2011

mercoledì 2 novembre 2011

PARLA LA FIGLIA DI UN MAOISTA

Questa è la forte storia di una giovane donna, Ami, i cui genitori sono rivoluzionari maoisti che operano nell’ambito urbano nel sud dell'India. Nonostante le difficoltà che ha affrontato, comprese le molestie ripetute e intimidazioni da parte dello stato indiano, Ami testimonia l'urgenza della rivoluzione in India. In particolare, lei sottolinea la necessità di porre fine all'oppressione delle donne:
Mio padre mi ha detto che stanno portando avanti questa lotta in modo che migliaia di ragazze come me possano camminare liberamente e senza paura in questo paese. Ciò significa che essi vivono e lavorano anche per me. Per realizzare un ambiente in cui io e mia sorella possiamo attraversare la strada e andare a casa di un vicino da sole anche di notte. Se questo è l'obiettivo della loro vita, li sostengo, e io sono con loro.

L'articolo fornisce anche un assaggio del lavoro difficile e delicato dell’organizzazione maoista. Tale lavoro è particolarmente precario in luoghi urbani lontano dalle aree di base della foresta dell’India centrale e orientale. L'articolo è originariamente apparso su Open Magazine.

FIGLIA DI UN MAOISTA

Terrorizzata dalla polizia, priva di genitori, sfrattata dalla scuola - che cosa significa essere una ragazza di 15 anni, figlia di genitori 'ricercati' dallo Stato
29 Ottobre 2011
da Shahina KK

L’ho incontrata per la prima volta quando aveva circa 10 o 11 mesi. Sua madre Shyna era un’amica e una fonte. A quel tempo, Shyna era un’impiegata di livello superiore presso l'Alta Corte. Era anche un’attivista che cercava di creare un sindacato nella Zona Economica Speciale (ZES) a Kochi. Come giornalista tv, avevo frequenti contatti con Shyna. Spesso mi dava suggerimenti per articoli dalla ZES, a cui i media non hanno molto accesso. La sua bambina si chiamava Ameranta. Ho trovato il nome strano. Molti dei nostri amici comuni pensavano altrettanto. Abbiamo consigliato a Shyna di cambiarle il nome. Ricordo di aver detto a Shyna che quando la bambina sarebbe cresciuta, non avrebbe apprezzato questo nome.

Dopo 15 anni, quando ho incontrato la ragazza, lei non si chiamava Ameranta ma Ami. Il nome è stato cambiato quando ha iniziato la scuola. I consigli ripetuti dei suoi amici avevano spinto Shyna a farlo. Ho chiesto ad Ami se sapeva qual era il suo precedente nome. Ha detto che lo sapeva e si rammaricava di non avere più quel bel nome. Io mi ritrassi e non dissi nulla. Quando tornai a casa cercai su Google il nome Ameranta e lessi il significato: “Il fiore che mai appassisce'.

Da allora Shyna e suo marito Roopesh sono diventati maoisti “ricercati”. Entrambi erano stati attivi in iniziative sindacali e nell’organizzazione dei lavoratori nella ZES. Entrambi erano sulla lista della polizia del Kerala e le agenzie centrali di intelligence per presunte connessioni con i maoisti. Shyna e i suoi due figli, insieme con un gruppo di attivisti di Nandigram, erano stati arrestati dalla polizia nel gennaio 2008, dopo l'arresto del leader maoista Malla Raja Reddy del Kerala. Successivamente sono stati rilasciati, e la coppia entrò subito in clandestinità.

Ami e la sua sorellina di otto anni, Savera, vive nella casa di Shyna presso Valappadu a Thrissur distretto del Kerala. La madre di Shyna, che ha superato i 70 anni, sta con loro ed è il loro unico custode. Ami non è come qualsiasi altro adolescente. Si preoccupa per la sua vecchia nonna, si prende cura di sua sorella minore e mantiene un occhio vigile sui movimenti dei poliziotti che la seguono costantemente sia in uniforme che in borghese. Durante le vacanze della scorsa estate, i loro genitori sono riusciti a passare qualche giorno con Ami e Savera. Da allora, la vita è diventata un inferno per i bambini, con la polizia che le molesta per ottenere informazioni sui loro genitori. Ami mi ha detto che cosa significa essere una figlia di maoisti.

Avevo 12 anni quando siamo stati arrestati dalla polizia. Sono stata svegliata da Naina [come lei chiama sua madre] a mezzanotte. Ho visto una squadra di poliziotti a casa mia. Non sapevo cosa stava succedendo. Papà non era in casa. Siamo stati portati alla stazione di polizia. Savera aveva solo cinque anni. Aveva pianto di continuo. Era molto spaventata. Anch’io ero spaventata. C'era solo una panca di legno. Dormire era quasi impossibile. Abbiamo passato tutta la notte in caserma. Savera pianse per molto tempo e si è addormentata la mattina presto. Siamo stati rilasciati la mattina seguente intorno alle 10. Ci hanno dato tè e un giornale.

Pochi giorni dopo, hanno di nuovo fatto irruzione in casa nostra. Il preside della mia scuola, gli insegnanti e gli amici sono venuti a sapere del raid e della nostra detenzione durante la notte nella stazione di polizia. Il preside e gli insegnanti mi hanno tempestato di domande. Non erano cattivi con me, ma anche così, ben presto hanno insistito perché chiedessi un certificato di trasferimento. Entrambi siamo stati buttati fuori dalla scuola. Savera stava facendo l’asilo e non aveva bisogno di tecnicismi come un certificato di trasferimento. Non mi hanno detto nulla di specifico, ma il certificato di trasferimento che hanno emesso diceva che ero stata assente per 15 giorni. Era solo un pretesto. Erano spaventati. Tutti sapevano adesso che i miei genitori erano maoisti. Ero triste. Avevo buoni amici in quella scuola. Separarmi da loro è stato doloroso. Loro non mi hanno dato il permesso di sostenere l'esame annuale. Ci siamo spostati nel posto di mia madre, in Valappadu, Thrissur. Ho dovuto ricominciare dal settimo livello in un'altra scuola. Avevo paura che la nuova scuola fosse a conoscenza di che cosa era successo, e ho pensato che gli studenti sarebbero stati duri con me. Ma niente è andato storto. La scuola andava bene. Questo è solo un lato della storia. Ciò non significa che ho avuto un'infanzia travagliata. Al contrario, era molto movimentata. Avevo viaggiato molto con il mio papà e Naina. In età molto giovane, sono andata in posti come Calcutta, Patna e Lucknow. I miei genitori mi portavano ovunque andassero. Ero a contatto con diversi tipi di persone, lingue e culture molto presto nella vita. I miei genitori avevano un sacco di amici, quasi tutti i giorni, erano a casa. Non c'è nessun altro nella mia classe che ha avuto una tale quantità di relazioni. Usavo dire a tutti coloro che simpatizzavano con me per l'assenza di papà e di Naina, che io sono più fortunata rispetto a qualsiasi altra ragazza della mia età. Questa è la ragione per cui amo e rispetto i miei genitori. Loro mi hanno permesso di pensare, di vedere lo sfruttamento nella società intorno a me.

Dopo un lungo lasso di tempo, ho incontrato il papà e Naina la scorsa estate. Io e mia sorella siamo andate separatamente. Era la prima settimana di maggio. Sono uscita di casa e mi sono incontrata con papà. Mi ha portato in un posto dove c’era Naina. Tutti e tre abbiamo trascorso alcuni giorni insieme. Quando io sono tornata, Savera si unì a loro. Il 31 maggio 2010, il giorno dopo che sono tornata, la polizia ha fatto irruzione in casa. Erano le 10 di sera. C'erano circa 20 poliziotti attorno. La nonna ed io eravamo al piano di sopra. La polizia ha rotto la porta principale ed è salita al primo piano. Purtroppo, un mio amico era lì. Era venuto a restituire un ombrello che aveva preso in prestito. Lui ha 20 anni e lavora come saldatore. La polizia ha iniziato a spaventarci. Sono stata messa sotto torchio e il mio amico è stato anche trattato molto male. Dopo una prima fase di interrogatorio, un paio di poliziotti lo hanno portato alla stazione di polizia, mentre altri hanno continuato ad interrogarci.

Hanno perquisito tutta la casa. Sia la nonna che io siamo state interrogate separatamente. Mi hanno chiesto come ho incontrato papà e Naina, dove li ho incontrati. L'interrogatorio è andato avanti fino alle 2 del mattino. E’ stata una notte orribile.

Sono arrivati anche il giorno dopo. Sono stata interrogata di nuovo. Questa volta, il loro stratagemma era diverso. Essi sostenevano che avevo una relazione con il mio amico che è stato preso la notte precedente. Un agente mi ha detto che aveva descritto il mio corpo in dettaglio. Ho cercato di dire loro che non avevo tali rapporti con lui. Ho detto loro che ero anche pronta per un test di verginità, ma erano in uno stato d'animo da guerra e non erano pronti ad ascoltarmi. Il mio amico poi mi ha detto che avevano usato la stessa tattica con lui. E’ stato interrogato tutta la notte e rilasciato solo al mattino.

La polizia continuò a venire regolarmente per una settimana e mi interrogava. Due giorni dopo questo incidente, Savera è tornata. Anche lei è stata interrogata. Le hanno detto che avrebbero sparato a papà. Savera era spaventata e in lacrime. Io guardavo impotente. Gridavano a mia nonna e le chiedevano perché non dava il veleno a tutti e due e poi si uccideva.

La polizia ha anche visitato la nostra scuola e ha incontrato il preside. Nessuno sapeva che i miei genitori erano stati dichiarato 'maoisti'. Gli insegnanti pensavano che i miei genitori fossero separati. Dopo la visita della polizia, la notizia si diffuse. Ora tutti, docenti e studenti, sapevano. Alcuni studenti adesso si tengono lontano da noi. Hanno paura di parlare con noi. Ma ho buoni amici in classe che sono in grado di capire. Molti di loro silenziosamente sostengono il mio papà e Naina. Abbiamo l’abitudine di discutere del tipo di ingiustizia e di sfruttamento che vediamo in giro. La mia generazione è perfettamente in grado di capire questi problemi.

Voglio studiare bene. Ho una passione per l'elettronica. Voglio diventare un ingegnere. Ma so che la vita è incerta e tutto può succedere domani. Non so quando potrò incontrare i miei genitori di nuovo. Potrebbe non accadere mai e ciò mi spaventa. Sono ben consapevole che una ulteriore riunione potrebbe certamente portarli dietro le sbarre.

Sono preoccupata per mia nonna anche. Ha optato per questa vita travagliata solo per noi. Se fossimo stati sicuri, avrebbe avuto una vita tranquilla a Dubai con i miei zii che sono tutti benestanti. Io non sono preoccupata per Savera, perché qualunque cosa accada, mi prenderò cura di lei.

La polizia mi tiene sotto controllo costantemente. Mi controllano non appena faccio un passo fuori da questo cancello. Mi seguono a scuola. Spesso, le persone simpatizzano con me e Savera perché ci vedono privi di cure parentali e di amore. Ma entrambi sappiamo quanto ci amano. Cosa vuol dire famiglia? Un'unità di genitori e bambini che vivono sempre insieme non è l'unica cosa che rende una famiglia tale. Il mio papà mi ha detto che sono coinvolti in questa lotta affinché migliaia di ragazze come me possano camminare liberamente e senza paura in questo paese. Ciò significa che essi vivono e lavorano anche per me. Per realizzare un ambiente in cui io e mia sorella possiamo attraversare la strada e andare a casa di un vicino da sole anche di notte. Se questo è l'obiettivo della loro vita, li sostengo, e io sono con loro.

Guarda ciò che sta accadendo intorno a noi. Le donne vengono violentate e uccise in luoghi pubblici, anche sui treni in viaggio [lo scorso febbraio, il Kerala è rimasto scioccato quando una donna è stata violentata e uccisa su un treno]. Milioni di persone vivono in estrema povertà. Perché? Forse perché il nostro Paese non ha risorse sufficienti? No. E’ solo a causa dello sfruttamento da parte dei potenti. Se avessimo utilizzato le nostre risorse con giudizio, avremmo raggiunto gli standard dei paesi sviluppati come l'America. Ma non succede mai. La corruzione è dilagante. Se il mio papà e Naina stanno lavorando contro questi mali, cosa c'è di sbagliato in esso? E’ vero che mi mancano. E’ vero che sono preoccupata per loro. Ma io non sono in disaccordo con loro. Sono orgogliosa di essere loro figlia.

venerdì 28 ottobre 2011

AZIONI DELLA GUERRA POPOLARE DEGLI ULTIMI MESI

12 settembre 2011
La polizia spara sui manifestanti

Sette persone sono state uccise la Domenica 11 quando la polizia dello stato di Tamil Nadu ha aperto il fuoco su una folla prevalentemente di dalit (gli 'intoccabili') che manifestavano a Parmakudi (500 km da Chennai). I tribali si erano riuniti per chiedere la liberazione del loro leader, Jan Pandian, che era stato arrestato mentre si recava a una festa cui era stato invitato quale presidente di TMMK, un partito dei dalit, organizzata in onore di un ex leader del partito. Le autorità hanno giustificato l’arresto in quanto la sua presenza alla cerimonia avrebbe provocato tensioni. Ma alla fine è stato proprio il suo arresto che ha provocato tensioni. I dalit hanno bloccato le strade e dato fuoco ad auto della polizia per protestare contro la repressione poliziesca. Le forze di sicurezza hanno risposto aprendo il fuoco sulla folla, uccidendo sul posto cinque persone. Altre due sono morte in ospedale a causa delle ferite subite. Trenta i feriti negli scontri.
Resta oggi la rabbia nella stessa città, dove le autorità hanno proceduto a oltre cinquanta arresti preventivi per incitamento alla violenza. Altre 57 persone sono state arrestate in una città vicina. Le autorità hanno fermato trasporti pubblici nella regione e inviato massicci rinforzi alla polizia per contenere i tribali.

18 settembre 2011
Nuovi arresti
La polizia dello stato del Bastar martedì 13 ha arrestato nelle loro case nel distretto di Jagdalpur undici maoisti. Gli arresti sono frutto di informazioni ottenute grazie a delle taglie. Mercoledì 14, un residente del distretto di Bijapur (Chhattisgar) è stato giustiziato dai guerriglieri perché informatore della polizia. Giovedi 15 dei manifesti maoisti sono stati affissi nella regione di Jangalmahal per invitare i ragazzi a non rispondere alla campagna di reclutamento lanciata dalla Polizia Speciale e dalla Forza Nazionale Volontari - organizzazioni paramilitari governative.
Oggi, un guerrigliero è stato arrestato nel distretto di Garwah (Jharkhand). La polizia ha fatto irruzione nel villaggio di Katra dopo aver avuto informazioni sulla sua presenza. Sono stati inoltre sequestrati tredici detonatori, tre candelotti di gelatina esplosiva, due chili di esplosivi e pubblicazioni maoiste. Nel corso della giornata, un gruppo di guerriglieri portato un attacco lampo contro una colonna di sessanta uomini della CRPF nel distretto di Bijapur (Chhattisgarh). I maoisti hanno ucciso un soldato prima di rifugiarsi nella giungla circostante. Le forze di sicurezza hanno reagito immediatamente, senza però riuscire a trovare i guerriglieri.

23 settembre 2011
Sventata azione guerrigliera
Una squadra di polizia del Chhattisgarh ha scoperto questa mattina a 25 kg di esplosivi lungo una strada nel distretto di Raipur. Secondo i rapporti le autorità, l’ordigno era collocato nel fitto della foresta, in posizione ideale per farlo saltare al passaggio della pattuglia. Le forze di sicurezza sono riuscite a disinnescarlo e per lanciare immediatamente un’operazione nel tentativo di catturare i guerriglieri maoisti, particolarmente attivi nella regione, che già mercoledì, avevano teso un'imboscata una pattuglia di polizia, ferendo gravemente due soldati della forza speciale.

26 settembre 2011
Nuove azioni della contro-guerriglia
Domenica 25 le autorità hanno annunciato l’arresto a Gadchiroli, distretto di Maharashtra, di Somji Made, 25 anni, originario di Bastar, comandante della Milizia Acher Dalam che ieri aveva attraversato il confine del distretto. Le autorità lo accusano di essere attivamente coinvolto nella rivolta maoista e in vari casi di omicidio, tentato omicidio, scontri a fuoco...
Oggi, una squadra di paramilitari e polizia di Chhattisagarh ha trovato cinque bombe lungo una strada nella regione di Bastar (distretto di Kanker), dove la guerriglia maoista è particolarmente attiva. Tre bombe da 4 kg e due 2 kg sono state subito disinnescata. Le autorità hanno dichiarato che probabilmente i maoisti avevano pianificato un attacco contro pattuglie delle forze di sicurezza, che effettuano quotidianamente operazioni di rastrellamento in zona. Oggi le forze di sicurezza hanno ancora arrestato Dilip Mahato, leader del Comitato popolare contro le atrocità della polizia, organizzazione tribale filo-maoista. Le autorità lo accusano di essere un ufficiale di collegamento della guerriglia. Infine, due maoisti sono stati uccisi dalla polizia in una sparatoria nella foresta di Gollapalli (Chhattisgarh). Le forze di sicurezza si son imbattute in un gruppo di guerriglieri durante un rastrellamento, ingaggiando una serie di scontri a fuoco nei quali sono stati uccisi due guerriglieri, mentre un altro è riuscito a fuggire. Sul posto, la polizia ha trovato e sequestrato due pistole.

1 ottobre 2011
Sconfitte per la contro-guerriglia
Per quasi una settimana, la CRPF e la polizia dello stato di Jharkhand hanno condotto una vasta operazione congiunta di rastrellamento del distretto di Bokaro, in particolare nei pressi di Jhumra Hills. Un soldato del corpo di elite anti-Naxalita CRPF (squadra CoBrA) è stato ferito in una sparatoria tra il suo battaglione e un gruppo di maoisti. Le operazioni si sono intensificate da Martedì, quando i guerriglieri hanno ucciso due soldati della squadra CoBrA e ferito tre uomini delle forze di sicurezza. I maoisti, grazie all’oscurità e alla perfetta conoscenza del territorio, non sono stati catturati. Le autorità hanno riferito di averne feriti alcuni e di aver smantellato un loro accampamento vicino alla scena della sparatoria.

4 ottobre
Arrestato presunto esattore maoista
Soni Sori, insegnante aborigeno del distretto di Dantewada nel Chhattisgarh, è stato arrestato martedì nel Katwaria Sarai, dalla Polizia di Delhi. È sospettato di aver riscosso per conto della guerriglia maoista il denaro dalla tassa rivoluzionaria a carico del Gruppo Essar. Sori era accusato per cinque casi simili nel Chhattisgarh. Un direttore generale del gruppo Essar era stato arrestato il 27 settembre accusato di aver accettato il pagamento della tassa rivoluzionaria. Essar voleva evitare le incursioni della guerriglia contro un oleodotto che serve una miniera di ferro nel distretto di Dantewada.

8 ottobre
La guerriglia maoista colpisce le forze di sicurezza
Venerdì scorso tre paramilitari del Sashastra Seema Bal (SSB) sono stati uccisi e un altro gravemente ferito in un’imboscata tesa da guerriglieri maoisti nello stato di Chhattisgarh nei pressi di Geedam, 400 km a sud di Raipur. Dopo aver fatto saltare il veicolo, i guerriglieri hanno aperto pesantemente il fuoco, e sono poi fuggiti nella giungla. Due battaglioni della SSB sono stati dispiegati nello stato di Chhattisgarh dal 2008, soprattutto a protezione dei campi delle milizie anti-maoiste Salwa Judum, a loro volta sconfitte dai guerriglieri.

8 ottobre
Arundhati Roy sull’espulsione di David Barsamian
Ai primi di settembre il giornalista radiofonico indipendente americano David Barsamian è stato respinto all'aeroporto di New Delhi, mentre era in procinto di recarsi in Kashmir. Barsamian è noto per le sue numerose interviste ad attivisti, giornalisti e autori, tra cui Arundhati Roy. A proposito di questa espulsione, quest’ultima è stata intervistata da The Hindu e ha approfittato di quella tribuna per denunciare la repressione subiscono in India tutti quelli che cercano di farsi ascoltare, o si oppongono alle misure antipopolari del governo.

9 ottobre
Preso un campo abbandonato dai guerriglieri
Ieri, forze congiunte dello Special Operations Group (SOG) e del CRPF che effettuavano un'operazione di rastrellamento nella giungla nei pressi di Kuleijharan Tampersingha (stato di Jharkhand), hanno incontrato un gruppo di guerriglieri maoisti. Ne è seguita una violenta sparatoria, che sembra non abbia fatto vittime. Le forze congiunte sono riuscite a prendere un campo abbandonato dai guerriglieri, recuperando gran quantità di esplosivi e attrezzature.
Un secondo scontro si è svolta nelle prime ore di stamattina nel distretto di Dakshina Kannada (Karnataka). Il fatto è avvenuto dopo che una squadra di guerriglieri aveva attaccato nella foresta una colonna di 25 militanti del movimento anti-maoista Karnataka. Secondo il portavoce della polizia, un agente di polizia è deceduto nello scontro e in tutta la regione è scattata una vasta operazione di rastrellamento.

10 ottobre 2011
Poliziotto ucciso da una fucilata
Un poliziotto di 40 anni è stato ucciso in uno scontro con i maoisti la sera di Sabato 7 ottobre. Faceva parte di una pattuglia di quattordici uomini inviata nella regione di Belthangady (distretto Dakshina Kannada) dove secondo rapporti dell’intelligence si avevano movimenti di forze naxalite. Un collega del poliziotto ucciso ha detto che erano insieme quando hanno avvistato i guerriglieri, alle 23.30. Almeno uno di loro aveva con sé una torcia elettrica. Lui aperto il fuoco, ma il suo collega è stato quasi immediatamente colpito da un proiettile maoista. Secondo membri delle milizie anti-Naxalite, i maoisti sono tornati sul posto, lanciando slogan e continuando le loro attività. Il portavoce della polizia locale ha annunciato che, nonostante l'oscurità, diversi guerriglieri sono stati identificati ed è stata aperta un'inchiesta contro di loro per omicidio e tentato omicidio. È la prima volta operazione del genere organizzata nel distretto di Kakshina Kannada (Mangalore), dove fino a poco tempo fa i maoisti non erano presente.

12 ottobre 2011
Guerriglia e controguerriglia
All'inizio di questa settimana, il PCI (M) ha proclamato uno sciopero generale in Andhra Pradesh per chiedere che la polizia tratti con giustizia uno dei suoi leader attualmente detenuto senza processo. In questo contesto un gruppo di guerriglieri armati accompagnati da simpatizzanti hanno abbattuto alberi lungo molte strade principali del distretto di Visakhapatnam, bloccando il traffico per diverse ore. Un alberi in caduta ha anche parzialmente distrutto un posto di guardia della Forestale.
Nel distretto di Narayanpur (Chhattisgarh) maoisti e forze di sicurezza si sono scontrati stamattina presto. Lo scontro ha avuto luogo vicino un villaggio, dove i maoisti hanno aperto il fuoco contro una squadra congiunta di CRPF e polizia dello stato che pattugliano la zona. Un guerrigliero, per la cattura di cui era stata promessa una ricompensa di 5000 rupie (75 euro), è stato ucciso durante gli scontri. Secondo le autorità, sarebbe Rawat Negi, un maoista ricercato per vari reati e attacchi contro la polizia. Sul posto le forze di sicurezza hanno sequestrato armi e pubblicazioni maoiste.

13 ottobre 2011
Si intensifica la sorveglianza
La Special Task Force (STF) della polizia del Tamil Nadu e le guardie forestali dello Stato hanno annunciato che condurranno operazioni congiunte di rastrellamento nei confini dei quindici distretti dello stato. Le parti hanno convenuto di condividere informazioni e risorse, fissando anche cami di addestramento congiunti. Originariamente, la STF era stata creata per catturare un noto contrabbandiere che operava nelle foreste del Tamil Nadu. Dopo la sua uccisione nel 2004, si è concentrata principalmente sull’addestramento di agenti a combattere nella giungla. Ma oggi, si va anche oltre. “Passiamo ora lavorare con i forestali per prevenire oltre che il bracconaggio e il contrabbando, l'estremismo di sinistra. Anche i forestali contribuiranno dunque alle operazioni anti-maoiste, fornendo informazioni su persone o attività sospette nel territorio”. “I 22.000 chilometri quadrati di superficie boschiva compresa tra i distretti di Tiruvallur e Kanyakumari e il confine con Andhra Pradesh, Karnataka e Kerala ci sono sette campi della STF. Le autorità di polizia e funzionari del dipartimento foreste creeranno un database degli autori di reati ed elementi estremisti. Abbiamo anche suggerito che foto segnaletiche siano distribuite anche ai sorveglianti giornalieri pagati dal Dipartimento Forestale”.

15 ottobre 2011
Polizia contro scioperanti
Nel giugno scorso, gli operai della Maruti Suzuki di Manesar (Haryana) hanno condotto un grande sciopero per chiedere migliori condizioni di lavoro e il diritto a formare sindacati indipendenti diversi da quello esistente in fabbrica. In settembre un nuovo movimento di protesta ha risposto alla richiesta da parte della dirigenza di firmare “un patto di buona condotta”, la cui mancata sottoscrizione avrebbe portato al divieto di far ritorno in fabbrica. 1200 dipendenti e 44 lavoratori interinali sono stati sospesi per quello sciopero. Dal 7 ottobre, tutto il personale smesso di lavorare per chiedere la riassunzione di questi lavoratori e hanno occupato la fabbrica fino a ieri. Per fermare il movimento, la dirigenza si è rivolta all’autorità e il governo locale ha mandato . 2500 poliziotti per sgomberare gli scioperanti sostenendo che il loro era sciopero illegale e avviato la procedura di cancellazione della registrazione di due sindacati promotori del movimento. Di fronte alla polizia, i lavoratori sono stati costretti a lasciare i locali, ma hanno deciso di continuare il loro sciopero.

22 ottobre 2011
Successo per la guerriglia
Diverse squadre di polizia state dispiegate nelle zone della foresta di Bastar (Chhattisgarh) questa mattina per cercare di catturare un gruppo di maoisti, dopo un attacco in cui sono morti sei poliziotti. Venerdì pomeriggio, decine di guerriglieri hanno assaltato un contingente di sedici agenti in forze nel distretto nel villaggio di Netanar, a 30 km da Jagdalpur. Stavano tornando da una ispezione di edifici sospettati di essere danneggiati dai guerriglieri. Sei poliziotti sono morti sul posto mentre altri cinque sono stati gravemente feriti. I guerriglieri hanno attaccato i poliziotti sulle moto prima di aprire il fuoco. Il direttore generale della polizia ha dichiarato che diverse pattuglie della forza hanno perlustrato la zona intorno al villaggio di Netanar per arrestare i guerriglieri responsabili dell'attacco.

24 ottobre
Nuove strade per la controguerriglia
Ieri, BK Ponwar, ex capo delle forze antisovversive indiano ha segnalato la necessità di una nuova contro-guerriglia nelle zone controllate dai maoisti. Ponwar è attualmente direttore dell’antiterrorismo e del Jungle Warfare College, creato nel 2005 dal governo del Chhattisgarh per addestrare gli agenti di polizia a combattere i guerriglieri come i guerriglieri. Ieri ha dichiarato che l'India deve costruire una nuova rete stradale esclusivamente per i movimenti delle forze di sicurezza nelle aree controllate dai guerriglieri.
“Le strade percorse da civili e polizia nelle zone affette dalla guerriglia sono piene di mine e guerriglieri hanno realizzato imboscate quasi ovunque. Si dovrebbe perciò costruire una nuova rete stradale su terreni difficilmente accessibili, da tenere sotto costante sorveglianza. Queste strade servirebbero a rioccupare i territori occupati dai maoisti, ed sono il mezzo migliore per penetrare nelle roccaforti della guerriglia. Queste strade per le forze di sicurezza permetteranno loro di muoversi più velocemente nelle zone di combattimento e colpire duro”.

25 ottobre
Si intensifica la controguerriglia
Sospettando la presenza di guerriglieri provenienti da Chhattisgarh e Jharkhand rifugiati in Orissa, le autorità locali hanno intensificato le operazioni di rastrellamento nei distretti di Ganjam, Gajapati e Kandhamal. Le forza d’ elite CoBrA, il CRPF, l’India Reserve Batallion, lo Special Operations Group e le forze di polizia locale sono stati messi in campo per espellere i guerriglieri da questa area. Si sospetta che i maoisti abbiano montato campi in questi tre distretti, dopo la grande offensiva di polizia scattata negli altri due stati. La polizia teme anche che stiano progettando una campagna di azioni in Orissa. Infatti, è stata recentemente scoperta e sequestrata una grande quantità di esplosivo nel distretto di Kandhamal e distrutto un campo di guerriglieri nel distretto di Gajapati.
Inoltre lunedì le autorità hanno dichiarato di aver catturato tre maoisti e sequestrato armi nel distretto di Bokaro. Sempre lunedì, ma nel distretto di Rohtas (Bihar), le autorità hanno annunciato l’arresto di sette guerriglieri. Domenica, polizia locale e un battaglione CoBRA hanno fatto irruzione sotto un ponte in costruzione sul fiume Sone. Il comandante Sudarashan maoista Ram - alias Firoj - è stato arrestato insieme a quattro suoi compagni. Erano ricercati in per l'omicidio di un poliziotto e una dozzina di altri accuse. Sono stati sequestrati armi tradizionali, munizioni e quattro telefoni cellulari. In un altro raid, due guerriglieri sono stati arrestati nell’area di Chutia, distretto di Rohtas. Infine, un uomo originario del Bihar è stato arrestato lunedi nel distretto di Hazaribagh. La polizia ha accusato di aver creato una rete per fornire armi ai maoisti.