mercoledì 22 gennaio 2020

Assalto agli studenti della principale Università indiana

Le proteste aumentano in tutta l'India
Domenica 5 gennaio, i delinquenti fascisti hanno attaccato studenti, professori e personale universitario dell'Università Jawaharlal Nehru (JNU) di Nuova Delhi, in India, una delle principali università indiane e conosciuta come un campus progressista.
Dozzine di uomini mascherati, gridando slogan fascisti, armati di mattoni, pietre e barre di ferro, hanno fatto irruzione nel campus, aggredendo brutalmente gli studenti e il personale universitario, costringendoli a correre "per salvarsi la vita", come ha detto uno studente. La teppaglia li ha inseguiti nei dormitori, costringendo gli studenti a barricarsi nelle loro stanze, mentre i fascisti vandalizzavano i dormitori, specialmente individuando studenti progressisti o musulmani da picchiare in base ai poster e ai libri nelle loro stanze.

"Hanno lanciato pietre contro di noi, pietre grandi la metà dei mattoni", ha detto un professore che è
stato colpito alla testa e sanguinava copiosamente, al New York Times. "Ho visto la faccia del terrore."
Dopo un'ora di furia, con gli aggressori che vagavano apertamente nel campus minacciando le persone mentre la polizia stava lì vicino e non faceva nulla, almeno 42 studenti e altri erano stati feriti, la maggior parte ricoverati in ospedale e molti altri terrorizzati. I video hanno mostrato che la polizia stava lì mentre gli studenti venivano picchiati, dopo aver spento le luci della strada e lasciato vagare il gruppo senza interferire.
Nonostante le rivelazioni da parte della stampa di chi fosse dietro questi attacchi del gruppo fascista, al momento della stesura di questo documento non sono stati fatti arresti - e le uniche persone accusate sono le vittime, tra cui Aishe Ghosh, presidente del sindacato studentesco, che è stata colpita ad un occhio con una sbarra di ferro e portata in ospedale.
Ciò che è diventato chiaro è che questi criminali fanno parte o sono strettamente associati al gruppo studentesco fascista indù Akhil Bharatiya Vidyarthi Parishad, associato al partito al potere del Primo Ministro Narendra Modi e alla sua organizzazione madre, Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS). Un leader RSS ha difeso l'assalto: "Gli studenti della JNU sono comunisti e gli si doveva impartire una lezione".
L'attacco alla JNU fa parte di una più ampia campagna da parte dei fascisti per rimodellare il mondo accademico al servizio del loro piano fascista, dopo l'elezione di Modi nel 2014. Si sono mossi internamente per sottrarre i diritti degli studenti e dell'università e per nominare amministratori pro-RSS, mentre hanno incoraggiato la formazione di organizzazioni di criminali fascisti in stile nazista nei campus. La JNU, ​in quanto una delle principali università progressiste, è stata presa di mira.
"Per il governo Modi, la JNU è stata un simbolo del territorio che non sono stati in grado di catturare", ha detto uno studente dell'RSS al New York Times. "Lo stanno considerando come simbolo di tutto ciò che è male in questo paese, ed è per questo che hanno bisogno di distruggerlo."
Questo violento attacco di terrore ha scatenato un'ulteriore ondata di proteste da parte di studenti e altri in tutta l'India; alcune sono scoppiate quella stessa notte e si sono diffuse la settimana successiva in tutto il paese. Queste proteste studentesche sono uno sviluppo molto positivo, esprimendo solidarietà con gli studenti della JNU che si sono rifiutati di arretrare, chiedendo il licenziamento di varie autorità responsabili, considerando ciò, come ha commentato uno studente, "un attacco senza precedenti alla nostra esistenza". Una delle migliori attrici cinematografiche indiane, insieme ad altre celebrità, si sono unite alle veglie di solidarietà contro l'attacco, mentre i fascisti chiedono il boicottaggio dei loro film e della loro arte. Molti altri si sono uniti agli studenti che hanno occupato e protestato per più giorni e notti presso uno dei monumenti più famosi dell'India, il Portale dell’India a Mumbai.
Antefatto sull'assalto fascista indù sin dalla rielezione di Modi
Il programma di Modi e del RSS è quello di trasformare l'India da uno stato secolare, con diritti almeno formali per tutte le minoranze religiose e nazionali del paese, in uno stato fascista, cioè un "Hindu rashtra", nazionalismo indù. L'India ha il secondo maggior numero di musulmani al mondo, circa 200 milioni, e questo programma è un attacco diretto ai musulmani e ad altre minoranze.
Dopo la rielezione di Modi, il loro assalto fascista alle fondamenta secolari dello stato indiano ha recentemente fatto passi da gigante - con il ritiro dell'autonomia dal Kashmir, unico stato a maggioranza musulmana dell'India, e milioni dichiarati apolidi nello stato dell'Assam, al confine con il Bangladesh e con un gran numero di migranti bengalesi. Sono stati costretti a sottoporsi a un nuovo punitivo test di cittadinanza che li ha costretti a produrre documenti comprovanti che loro o i loro antenati vivevano in India prima del 1971 o, altrimenti sarebbero stati dichiarati migranti stranieri.
A metà dicembre il "disegno di legge sulla modifica della cittadinanza" è stato approvato in parlamento. Il disegno di legge discrimina apertamente i musulmani, facendo della religione un criterio per determinare quali immigrati possono essere ammessi alla cittadinanza indiana, escludendo specificamente i musulmani. Ciò si accompagna a un proposto registro nazionale dei cittadini (NRC), che sarà un registro ufficiale di tutti i cittadini legali dell'India in cui gli individui dovrebbero fornire una serie prescritta di documenti per l'inclusione. Queste sono misure potenzialmente genocide contro i musulmani in India, dato il sottostante programma ideologico dei fascisti indù di Modi.
Queste misure draconiane e anti-musulmane hanno scatenato massicce proteste, che hanno attraversato le linee religiose in tutta l'India e che sono continuate per tutto il mese scorso, con gli studenti che hanno avuto un ruolo chiave e molto dinamico. Gli attacchi selvaggi e la repressione della polizia hanno alimentato una maggiore indignazione e resistenza, trasformando l'attuale impennata in una delle più potenti proteste guidate dagli studenti da quando il paese ha ottenuto l'indipendenza nel 1947.

martedì 14 gennaio 2020

Avanti nella guerra popolare di lunga durata per sconfiggere la tattica di guerra controrivoluzionarie PCI (Maoista)

PARTITO COMUNISTA D’INDIA (MAOISTA)
Comitato Centrale

Comunicato
12 dicembre 2019

PCI(MAOISTA) – Saluto rosso al membro del Comitato Centrale, segretario del DKSZC e amato dirigente del popolo compagno Ramanna (Srinivas Ravula)
Combattere fino all’ultimo respiro per realizzare il sogno dei nostri immortali martiri!

Il 7 dicembre alle 22 il compagno Ravula Srinivas (Ramanna, Narender), 55 anni, è morto, vittima di una grave malattia. Dall'ottobre 2011 aveva assunto la responsabilità di segretario del comitato zonale speciale Dandakaranya (DKSZC). Nel marzo 2013 era stato anche cooptato come centrale Membro del Comitato. La sua militanza rivoluzionaria lunga 36 anni è stata legata a tutte le svolte e tornanti del movimento rivoluzionario di Dandakaranya. Si era uno guadagnato il rispetto e la fiducia delle masse e dei quadri, di cui era il loro amato dirigente e combattente. In memoria della dedizione e dell’altissimo contributo reso da Ravula Srinivas al movimento rivoluzionario dell'India, in particolare a quello del Dandakaranya, il Comitato Centrale, umilmente, china la testa e gli rende il suo omaggio rivoluzionario e si impegna ad avanzare per realizzare i suoi sogni. Si unisce al lutto della sua famiglia, degli amici, dei compagni d'armi e delle masse oppresse. Il nostro Comitato Centrale fa appello alle schiere degli oppressi del Paese a che la Rivoluzione di Nuova Democrazia abbia successo e realizzi i sogni degli immortali martiri.
Il compagno Ramanna nacque nel luglio 1965, sesto figlii della madre Varamma e del padre Ramalingam, nel villaggio di Bekkal del panchayat Byranpalli, Cheriyalmandal del distretto allora non separato di Warangal dello stato del Telangana. I genitori lo chiamarono Srinivas. L'area di Jangama a Telangana era nota per la grande eredità rivoluzionaria delle storiche lotte armate degli eroici contadini, guidati dall'allora unito PCI, prima contro i Razakar della dominazione Nizam e poi contro l'esercito mercenario Nehru-Patel. In questa terra centinaia di combattenti hanno dato la vita combattendo con immenso coraggio e valore. Il nonno e il padre di Srinivas avevano partecipato attivamente a queste storiche lotte. Nato in questo leggendario villaggio, Srinivas frequentà il vicino liceo di Dhulmitta, dove incontrò la politica studentesca rivoluzionaria. L'eredità rivoluzionaria della sua terra e della sua famiglia gli furono di grande aiuto. Nel 1981-82 entrò nella Radical Students Union (RSU). Da membro attivo del suo collettivo, partecipò a diverse lotte studentesche. Prese parte alla campagna del 1982-83 "Studenti e giovani! Andiamo nei villaggi". In questo processo crebbe il suo spirito rivoluzionario. Nell'aprile 1983, subito dopo l'adesione al partito, cosciente delle necessità del movimento, fu mandato dal Comitato del distretto di Warangal come rivoluzionario di professione in Dandakaranya.
Nel giugno 1983, col suo nuovo nome, Ramanna si unì all’unità guerrigliera Dandakaranya-Bhadrachalam iniziò così la sua vita di guerrigliero. Nel dicembre di quell'anno fu trasferito alla squadra di Konta. Nel 1985 divenne vice comandante e nel 1987 divenne comandante della stessa squadra. Nel 1992 fu promosso segretario della squadra di Konta AC (SAC). Diresse così personalmente le diverse lotte delle masse contro lo sfruttamento della foresta e e delle risorse di quell’area, la tortura e l'oppressione, organizzando le masse adivasi dell’area di Konta, Sukma, Gorllapalli, Dornapaland Kishtaram. Attraverso il fronte, guidò i movimenti per la terra. Il compagno Ramanna era un valoroso combattente che guidò con coraggio la sua squadra nei combattimenti contro la polizia mercenaria del nemico e nell'eliminazione di feroci latifondisti come Kalmu Deval, Burda Wadde. Nel 1993 sposò una sua compagna d'armi ed hanno avuto un figlio.

giovedì 9 gennaio 2020

Il più grande sciopero al mondo blocca l’India: 250 milioni di lavoratori contro Modi

Notizie da altre fonti:
- allo sciopero si uniscono studenti, operai di varie industrie e i contadini che continuano a suicidarsi per i debiti.
il governo centrale ha emesso martedì un comunicato che recita: “Qualsiasi dipendente in sciopero in qualsiasi forma dovrebbe affrontare le conseguenze che, oltre alla detrazione dei salari, possono anche includere adeguate azioni disciplinari”.
- Afp: i manifestanti si scontrano e danno fuoco ai mezzi della polizia che spara in aria per disperdere la folla.
I manifestanti bloccano i treni e la polizia carica con i lunghi bastoni e spara gas lacrimogeni... e dice di avere arrestato 150 scioperanti che protestano anche contro la nuova legge che discrimina i musulmani
Il più grande sciopero al mondo blocca l’India: 250 milioni di lavoratori contro Modi
L’agitazione nazionale è organizzata da 10 sigle sindacali. Il settore produttivo protesta contro le privatizzazioni di aziende pubbliche e politiche che non sostengono l’occupazione. Nel 2020 l’India crescerà “solo del 5%”. Tra le richieste: salario minimo, riforma pensionistica, riforma del lavoro.
New Delhi (AsiaNews/Agenzie) – È iniziato questa mattina in India il più grande sciopero al mondo: per la giornata odierna 10 sigle sindacali hanno decretato un’agitazione nazionale “Bharat Bandh”. A essere coinvolti sono circa 250 milioni di lavoratori che protestano contro
le attuali politiche economiche e sociali del governo di Narendra Modi, troppo improntate sulle privatizzazioni e poco attente all’occupazione e alla crescita.
In particolare, a scioperare è il settore dei trasporti, quello bancario e l’industria del carbone. A rischio vi sono circa 220 miliardi di transazioni bancarie, comprese le operazioni su conti correnti e in denaro contante. Secondo i sindacati, almeno 500mila dipendenti delle banche incroceranno le braccia, insieme ad altri 600mila impiegati nell’estrazione di carbone.
Le unioni di lavoratori lamentano l’indifferenza da parte del governo centrale, che avrebbe ignorato la loro “Carta in 12 punti”. Tra le richieste del terziario e del settore produttivo vi è il salario minimo mensile a 21mila rupie (262 euro); la creazione di posti di lavoro; il ritiro di politiche contrattuali della forza lavoro; intavolare discussioni a vario livello sulla riforma del lavoro; non privatizzare le industrie del settore pubblico; un sistema pensionistico universale.
L’India è in uno dei momenti più critici per il rallentamento dello sviluppo economico, con stagnazione del settore dell’impiego e diffusa disoccupazione in tutti gli strati della popolazione, arrivata al 7,7% nel mese di dicembre. Secondo le ultime previsioni diffuse ieri, nell’anno fiscale in corso la crescita dovrebbe arrivare al 5%, il livello più basso da 11 anni.
Per il Centre of Indian Trade Unions, una delle sigle scioperanti, “il governo ha fallito nel contrastare la crisi economica. Al tempo stesso, è impegnato a privatizzare e vendere proprietà del settore pubblico, risorse naturali e altri beni nazionali. Tutto questo va a svantaggio dell’interesse nazionale e dello sviluppo del Paese”. C.H. Venkatachalam, segretario generale dell’All India Bank Employees’ Association, aggiunge: “Le politiche del governo di Modi hanno portato a una severa contrazione economica, e creato debito alle banche. Il governo deve adottare azioni necessarie per incoraggiare la domanda dei consumatori offrendo incentivi ai lavoratori”.