martedì 11 settembre 2018

La repressione alimenta la ribellione...

India: i maoisti si stanno diffondendo in più distretti: rapporto dell'intelligence
8 settembre 2018

Il Western Ghats Special Zonal Committee (WGSZC – Comitato Speciale di Zona dei Gati Occidentali) del PCI (Maoista) ha progressivamente aumentato la forza della sua ala armata, il People's Liberation Guerrilla Army (PLGA – Esercito Guerrigliero Popolare di Liberazione) in cinque distretti dello stato, secondo un rapporto dell'intelligence della squadra anti-naxalita (antimaoista) della polizia di stato.
Il rapporto presentato al governo dice che c'è stato un allarmante aumento del numero di membri del PLGA che si spostano in queste regioni dopo la morte di leader anziani del partito avvenuta in uno scontro nella foresta di Nilambur due anni fa. Circa 45 membri del PLGA – riferisce il rapporto - hanno partecipato a un programma di commemorazione dei martiri tenutosi al confine della foresta di Wayanad-Kozhikode nell'ultima settimana di agosto.
L'incontro, al quale hanno partecipato membri del comitato centrale del partito e membri del comitato
speciale zonale del Dandakaranya (DKSZC), ha deciso di rafforzare cinque comitati di sezione a Kannur, Kozhikode, Palakkad, Wayanad e Malappuram. La squadra ha già confermato la presenza dei leader maoisti Danish, Ganesh e Prasanna nella foresta di Nilambur la scorsa settimana.
Ci si aspettava che la morte del membro del comitato centrale del partito Kuppu Devraj e della sua assistente Ajitha, in uno scontro con la polizia il 24 novembre 2016 a Nilambur sarebbe stata una grave battuta d'arresto per le attività delle forze naxalite nella regione. Ma l'ultimo rapporto sottolinea che il numero di membri del PLGA in Kerala è stato aumentato da 25-28 a 45, mentre un gruppo di persone non identificate, compresi i quadri degli stati del Nord dell'India, si sono aggiunti al gruppo di recente, con l'obiettivo di aumentare le attività in tri-junction (confine di tre Stati) di Kerala, Tamil Nadu e Karnataka.
Secondo fonti della squadra anti-naxalita, solo i quadri del Kerala, del Karnataka e del Tamil Nadu hanno lavorato per il gruppo nella regione in precedenza, ma la presenza di quadri di Andhra Pradesh, Chhattisgarh e Jharkhand nelle foreste del Kerala è causa di una grave preoccupazione per le forze di sicurezza.
Nel frattempo, manifesti apparsi in nome del PCI (Maoista) in varie parti della zona rurale di Kozhikode incolpano il governo statale per il recente disastro provocato dalle inondazioni. Un manifesto apparso nel nome del comitato di area di Kabani del partito sostiene che il governo, che aveva ricevuto un adeguato avvertimento sulle forti piogge e inondazioni, ha miseramente fallito nel prendere misure adeguate per evacuare le popolazioni in tempo.

https://timesofindia.indiatimes.com/city/kochi/maoists-spreading-to-more-districts-intelligence-report/articleshow/65728370.cms

sabato 1 settembre 2018

SCARCERATI GLI ATTIVISTI PER I DIRITTI UMANI ARRESTATI DAL GOVERNO MODI - Articolo del Manifesto

L’INDIA E IL FANTASMA DELL’EMERGENCY
La Corte suprema libera gli attivisti arrestati
                                                                 Varavara Rao
“Il dissenso è la valvola di sfogo della democrazia. Se si proibisce il dissenso, allora la pentola a pressione può esplodere”. Così, ieri, il giudice della Corte suprema indiana D.Y. Chandrachud ha sintetizzato in un’udienza speciale l’intervento della massima corte indiana a difesa dei cinque attivisti per i diritti umani arrestati martedì per ordine delle autorità del Maharashtra.
ACCOGLIENDO la petizione lanciata da un nutrito gruppo di intellettuali indiani, la Corte suprema ha sospeso la traduzione in carcere degli attivisti in favore dei domiciliari fino al prossimo 6 settembre, quando il governo del Maharashtra e la polizia di Pune dovranno presentarsi in aula e chiarire una volta per tutte la natura delle accuse mosse contro Sudha Bharadwaj, Gautam Navlakha, Vernon Gonsalves, Arun Ferreira e Varavara Rao.
L’ipotesi degli inquirenti, ovvero che i cinque avessero incoraggiato gli scontri intercomunitari tra dalit e marathi dell’inizio dell’anno, sembra già scricchiolare in assenza di prove concrete a carico degli accusati. Un copione che ricalca l’assurda vicenda di altri cinque attivisti per i diritti umani dei carcerati, dei dalit, dei tribali indiani – “adivasi” -  e di chi lotta per la salvaguardia dell’ambiente in India, arrestati con la medesima accusa il 6 giugno. I cinque, inizialmente accusati di incitazione all’odio intercastale in quanto “maoisti”, in mancanza di prove a sostegno dell’accusa si sono visti costretti a rispondere dell’accusa di complotto ai danni del primo ministro Narendra Modi, obiettivo – secondo le autorità del Maharashtra – di un attentato “alla Rajiv Gandhi” in via di definizione (Rajiv Gandhi, primo ministro e figlio di Indira Gandhi, fu assassinato nel 1991 dalle Tigri del Tamil).
A SOSTEGNO di questa tesi, nei mesi scorsi, emersero alcune lettere in cui la trama dell’attentato si dipanava con dovizia di dettagli circa reperimento dei fondi necessari e collegamenti tra varie anime del terrorismo nazionale e transnazionale. Le lettere, arrivate chissà come nelle redazioni dei principali telegiornali pro governo Modi e ampiamente discusse in prime time senza contraddittorio, secondo gli accusati sono documenti falsificati per screditare chi si oppone al governo. L’arresto degli attivisti ha scosso la comunità dei progressisti indiani, che si sono subito mobilitati per tenere alta l’attenzione sul caso.
Arundhati Roy, scrittrice e attivista, in un’intervista al quotidiano The Hindu ha dichiarato: “Ciò che sta succedendo è causato dalla volontà di liberarsi della democrazia e trasformare questo Paese in uno Stato hindu. Oggi, potenzialmente, la faccenda è più seria che ai tempi dell’Emergency. Oggi è lo stesso Stato a incoraggiare problemi di ordine pubblico con le minoranze, con i dalit, i cristiani, i musulmani, con le persone di sinistra, con chiunque dissenta, attraverso i propri lacchè nei media, i propri vigilantes assassini e chi diffonde parole d’odio. Chiunque non è d’accordo con una particolare ideologia viene criminalizzato, incarcerato o assassinato da oscuri killer di destra”.
ROY NON E’ LA PRIMA a fare riferimento agli anni dell’Emergency, quando l’allora prima ministra Indira Gandhi, tra il i1975 e il 1977, sospese i diritti civili imponendo una dittatura di 21 mesi, arrestando decine di migliaia di oppositori. Secondo molti attivisti indiani, il fantasma dell’Emergency - o di una “Emergency non dichiarata”, cioè senza sospensione dei lavori del parlamento – già aleggia sulla più popolosa democrazia del mondo.
Secondo Roy, gli arresti simultanei degli attivisti mostrano “la paura del governo di perdere il proprio mandato, una paura che li sta mandando nel panico”. Le prossime elezioni nazionali si terranno in India nella prima metà del 2019.

Il Manifesto 30 agosto 2018