venerdì 23 maggio 2014

Arundhati Roy: "Poteri forti e ultrà hindu, le mani di Modi sulla mia India"

L'autrice de "Il dio delle piccole cose" racconta i suoi timori per l'ascesa del "fondamentalista" del Bjp: "Rappresenta gli stessi interessi del potere attuale: i grandi potentati e la suddivisione tra caste. Eppure non è detto che dal voto esca uno tsunami"



NEW DELHI - "QUANDO 14 anni fa scrissi degli espropri di terre, dell'acqua e dell'elettricità da parte delle grandi compagnie, e del legame tra le corporazioni finanziarie indiane e la destra hindutva, volevano farmi rinchiudere in un manicomio. Oggi tutti questi aspetti sono condensati nella figura di Narendra Modi". Così l'autrice del Dio delle piccole cose Arundhati Roy sintetizza il suo pensiero sulle previsioni elettorali che danno il candidato ultrareligioso e nazionalista del Bjp vincente contro il partito secolare del Congresso dei Gandhi.

Signora Roy, davvero Modi vincerà a man bassa come si dice? Che cosa resterà del partito del Congresso?
"Il Congresso, il partito di Sonia Gandhi, sembra oramai ridotto a un piccolo movimento di gente travolta dall'ondata Modi, che piagnucola per essere stata escluso dallo spazio dei media. Ma è il Congresso ad aver contribuito a un sistema di potentati economici in grado di fare ciò che vogliono del Paese. Oggi i potenti hanno scelto Modi, l'uomo di un'organizzazione come la RSS, che possiede decine di migliaia di centri d'addestramento ideologici e paramilitari. Eppure, nonostante tutto, non è detta l'ultima parola. Se non vincerà poltrone sufficienti, altri alleati e membri dello stesso Bjp che già prendono le distanze da lui potrebbero rivoltarsi contro il ruolo autoritario di Modi. Non sono un'astrologa, ma non darei per scontato uno tsunami. La maggioranza relativa non significa anche un governo sicuro ".

Lei ritiene che la visione laica del Congresso e quella "mistica" del Bjp di Modi non siano tanto lontane...
"Fin dai tempi di Gandhi, il Congresso cerca di mantenere Dalit e musulmani sotto l'ombrello della sua cosiddetta politica di uguaglianza, di rappresentarli. Ma a quel tempo come oggi c'erano nel partito falchi e colombe. Anche se Bjp e Congresso sono due partiti, in realtà rappresentano gli stessi interessi".

Lei ha appena pubblicato "Il Dottore e il Santo", un libro sul ruolo di Gandhi nella difesa del sistema di apartheid religiosa in India. Colpiscono le analogie tra il pensiero "fondamentalista" di Modi e quello del Mahatma...
"Gandhi è una figura talmente amata, e non solo in India, che ho dovuto rivedere tutti i suoi 98 volumi di scritti, le sue lettere, i discorsi per avvalorare le mie scoperte sulla posizione del Mahatma decisamente a favore del sistema hindu di divisione sociale e religiosa. Anche se Gandhi è considerato un hindu "di sinistra", e il capo ministro del Gujarat uno di "destra", non c'è differenza sostanziale nelle loro opinioni. Modi nel 2003 ha approvato nel suo Stato una legge contro le conversioni religiose, e per giustificarla ha invocato Gandhi".

Ma la situazione dell'India non sembra paragonabile all'instabilità del Medio Oriente o delle ex province russe.
"Se guarda alle cronache di questa terra che tutti amano  -  così spirituale e amabilmente democratica, così glamour  -  non c'è stato un singolo anno dall'Indipendenza del '47 ad oggi senza che l'esercito indiano sia stato impiegato contro la propria gente. Dal Mizoram al Manipur passando dal Kashmir, e dal Punjab, centinaia di migliaia di persone sono state uccise, 68 mila solo in Kashmir. E se vedi chi sono le vittime trovi musulmani, tribali adivasi, sikh, cristiani, dalit: tutte vittime di un sistema controllato dalle caste superiori. Un dominio che inizia con l'appoggio fornito da grandi industriali come i Birla e i Tata sia a Gandhi che ai fondamentalisti della RSS, un movimento simpatizzante del fascismo italiano".

Cosa sarebbe dunque rimasto del messaggio non violento di Gandhi?
"Penso che una delle ragioni per cui si parla tanto di non-violenza è che in India c'è un eccesso di violenza, non solo fisica ma sociale, istituzionalizzata nel concetto di caste e intoccabilità, anche se le donne degli intoccabili sono sempre toccabili, e per un uomo di casta superiore violentare una dalit non è mai stato un problema. 1500 donne dalit sono state stuprate nello stesso anno dell'episodio che ha inorridito il mondo, la studentessa uccisa su un autobus a Delhi. Non sono le caste che influenzano la politica indiana, il casteismo èla politica indiana. Per questo mi sono chiesta come faceva Gandhi a credere in un sistema che dipende per la sua sopravvivenza dall'uso continuo di violenza. Se domandi ai poliziotti dei villaggi qual è il loro lavoro, ti rispondono "mantenere la pace", ma è una pace basata sul mantenimento del sistema di casta ".

E il suo modello di sviluppo tanto decantato?
"Nel 2009 il rapporto di due organizzazioni per i diritti umani ha trattato 99 forme di intoccabilità in 1589 villaggi del Gujarat, e in oltre il 97 per cento dei casi ai dalit erano proibiti i matrimoni intercasta, l'uso dell'acqua comune, di pentole o utensili dei non dalit, l'affitto di case in aree delle caste superiori, l'accesso ai templi e così via. Di questo dovrebbe riflettere chi oggi grida "Ave Modi"".

La Repubblica
1.5.14

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