Il Documento
1) Nei primi anni di questo secolo, l’economia indiana ha registrato tassi di crescita senza precedenti nella sua storia. Uno “sviluppo” modellato secondo i diktat delle istituzioni internazionali imperialiste (BM, FMI, WTO ecc.), subordinato agli interessi della borghesia burocratica compradora e dei latifondisti indiani in collusione con le multinazionali e i grandi investitori internazionali che non ha prodotto alcun significativo miglioramento nelle condizioni di vita delle sterminate masse povere dell’India, di cui l’80% continuano a sopravvivere con meno di un euro al giorno.Quelle che si sono effettivamente sviluppate e cresciute “spettacolarmente” sono tutte le disuguaglianze: reddito, patrimonio, casta, regione, stato. Poche decine di magnati hanno accumulato ricchezze favolose. I grandi gruppi indiani di cui sono a capo, Jindal, Mittal e Tata in testa, sono cresciuti al punto da conquistare mercati, proprietà e quote di produzione negli stessi paesi imperialisti, in particolare nel settore dell’acciaio, dove in diversi paesi i gruppi indiani sono divenuti i primi produttori.Con Narendra Modi, le classi dominanti indiane e i loro padroni imperialisti hanno “l’uomo forte” che cercavano, per tentare di uscire dalla fase di relativa rallentamento dovuta alla crisi mondiale e alla crescente resistenza delle masse alle loro politiche.Con un ritmo ed efficienza senza precedenti, in pochi giorni il governo Modi ha approvato centinaia di progetti minerari, industriali, di Zone Economiche. Ha sistematicamente aperto all’imperialismo tutti i settori dell’economia indiana: dalla difesa alle assicurazioni alle risorse naturali - tutto è in vendita. Ha approvato la sua riforma del lavoro, che rende parola morta diritti e conquiste di decenni lotte dei lavoratori in tutto il mondo, portando indietro l’orologio della storia.
Così l’India entra prepotentemente nello scenario mondiale dell'imperialismo con le suemultinazionali che guadagnano posizioni e un ruolo attivo, mentre si consolidano nei paesi imperialisti i legami tra le multinazionali indiane e i padroni locali in un rapporto di collusione e alleanza – pur sempre all'interno della contesa e concorrenza sul mercato mondiale attraversato dalla crisi economica e finanziaria. Così le multinazionali indiane diventano per il proletariato dei paesi imperialisti anche un nemico interno e, d’altra parte, le multinazionali dei paesi imperialisti partecipano pienamente al supersfruttamento del proletariato indiano e alla rapina delle sue risorse.
I proletari indiani e del mondo stanno sperimentano sulla propria pelle che i padroni, dall’America, all’Europa all’India, sono uniti nel portare avanti i loro profitti di sangue sulla pelle dei proletari e delle masse. Questo legame sul piano economico si traduce in una nuova sintonia politica tra il governo fascista Indù di Modi e i governi di stampo moderno fascista delle potenze imperialiste. Questi governi vogliono camminare mano nella mano e il governo indiano chiede ai governi di fermare il sostegno alla guerra popolare e alle lotte del popolo indiano. Ma gli operai sono una sola classe a livello internazionale e devono stringere in maniera forte i loro legami di solidarietà e di lotta.
Per questo facciamo appello per il 30 gennaio 2020 a una giornata internazionale di azioni alle fabbriche delle multinazionali indiane, Jindal Mittal e Tata in particolare, che porti forte questo messaggio, tanto agli operai quanto ai padroni, indiani e del mondo.
Facciamo appello a realizzare presidi, comizi, scritte e ogni altra forma di mobilitazione e azione che si ritenga opportuna a livello di ciascun paese. Una ampia gamma di materiali di agitazione e propaganda e una mappatura degli obiettivi di possibili mobilitazione è in preparazione
Richiedeteli a csgpindia@gmail.com
2) Non solo lo “sviluppo” determinato in India da oltre vent’anni di politiche neoliberiste applicate da tutti i governi e tutti i partiti a vantaggio delle classi dominanti indiane, dei loro padroni imperialisti e le loro multinazionali non ha prodotto significativi miglioramenti negli standard di vita della gran massa del popolo dell’India, non ha portato neppure alcun progresso nei rapporti sociali e culturali, sulla condizione di emarginazione e oppressione delle masse di contadini e braccianti senza terra nelle campagne e degli intoccabili, delle minoranze religiose e nazionali, delle donne, nelle città e in tutto il paese, Anzi, al contrario la loro situazione è in realtà perfino peggiorata.
I meccanismi di espropriazione delle terre e del surplus agricolo anche dei contadini medi si sono fatti più sofisticati e spietati, Il sistema di delle caste si è rafforzato. L’occupazione militare di Kashmir, Manipur e altre regioni contro i movimenti di liberazione nazionale è continuata e si è ancora inasprita. I pogrom contro le minoranze religiose e culturali, in particolare i musulmani, si sono ripetuti. Gli orribili episodi di stupri e assassinii di donne sono diventati fatto quotidiano. L’intolleranza, disprezzo e criminalizzazione di intellettuali democratici giovani critici e ogni voce di dissenso si sono fatti sistema.
In questi le classi dominanti indiane spalleggiate dall’imperialismo hanno lanciato la Operazione Green Hunt, e altre operazioni diversamente denominate che sono state un’autentica guerra contro il loro stesso popolo, miranti a cancellare ogni resistenza, ma soprattutto a decapitare e annientare il movimento rivoluzionario maoista che ha guadagnato forza e terreno, estendendosi in nuove aree.
Una sporca guerra, condotta con impiego di mezzi enormi in termini di truppe, armamenti e tecnologie. Si applica la già nota strategia di “guerra a bassa intensità”, ma di altissima intensità sono i crimini efferati quotidianamente perpetrati.
In questi anni, centinaia di combattenti e dirigenti, sindacali, politici e rivoluzionari sono stati massacrati nei famigerati “falsi scontri”, decine di migliaia gli adivasi, contadini, operai, donne, studenti, giovani musulmani, intellettuali, attivisti dei diritti umani e delle nazionalità oppresse che sono stati arrestati e restano incarcerati senza processo, tutti invariabilmente marchiati come “maoisti” o “terroristi”. Queste Operazioni repressive hanno trasformato l’intero subcontinente della “più grande democrazia del mondo” in una “prigione dei movimenti popolari”.
Ulteriori migliaia di paramilitari, agenti di polizie e milizie private hanno mano libera nei loro attacchi al popolo. Significa mobilitazione reazionaria delle organizzazioni di massa “zafferano” e normalizzazione e “zafferanizzazione” dell’educazione e della cultura.
Ogni giorno di più l’intero subcontinente, non solo i territori in cui agiscono e combattono i rivoluzionari maoisti, diventa terreno di azione delle forze statali e della loro violenza impunita. In ultima istanza . Il bersaglio non sono più solo i “maoisti”, i “terroristi” e le masse tribali da questi “strumentalizzate”, ma ogni opposizione organizzata, ogni singola voce che si opponga allo “sviluppo” dell’India come nuova potenza internazionale.Il regime di Modi proietta anche a livello internazionale, con pressioni ai governi occidentali perché fermino e colpiscano la solidarietà che a livello mondiale è cresciuta contro Green Hunt e la repressione di stato e a sostegno della guerra popolare, mobilitandosi in azioni in decine di paesi in tutto il mondo.
Per tutte queste ragioni lanciamo per il 31 gennaio una Giornata Internazionale di Solidarietà che chiamiamo a organizzare azioni presso ambasciate, consolati e altre istituzioni governative indiane, con presidi, proteste e conferenze stampa che chiedano a gran voce la fine della “guerra al popolo”, per opporre una nuova fase della solidarietà internazionale, smascherare e ribattere le menzogne e l’arroganza del regime braminico fascista indù di modi e i suoi padrini imperialisti.
Anche su questo sono a disposizione di tutti quanti raccoglieranno l’appello molti materiali di informazione, agitazione e propaganda utili nella preparazione e svolgimento delle iniziative.
Richiedeteli a csgpindia@gmail.com
3) Nel Marzo 1967, con la rivolta contadina armata del piccolo villaggio di Naxalbari, è iniziata un’epopea di liberazione del popolo indiano dal giogo delle tre montagne che lo schiacciano: la condizione di semicolonia, le relazioni di dipendenza dall’imperialismo che la formale indipendenza del paese dall’impero britannico del 1947 non ha sostanzialmente intaccato; le relazioni semifeudali, indissolubilmente legate al sistema delle caste che sopravvive e anzi oggi si rafforza, a dispetto della retorica dello “sviluppo” che tutti i governi ripetono, e condanna la stragrande maggioranza del popolo al disprezzo ed emarginazione; il capitalismo burocratico compratore cresciuto in combutta con i capitali imperialisti fino a scalare posizioni in diversi settori e su scala internazionale, ma pur sempre fondato sul supersfruttamento della forza lavoro e la svendita delle risorse naturali del paese, che invece che “sviluppo” e progresso civile portano nuove forme di oppressione ancora più spietate e imbarbarite.
Tre montagne che si sostengono e alimentano a vicenda. Contro di esse si è sviluppata tumultuosa la guerra popolare diretta dagli eredi del glorioso inizio di Naxalbari, i maoisti da 10 anni uniti nel PCI (maoista).
Una guerra popolare che ha dimostrato la potenza delle masse armate dirette da un partito comunista maoista. Grazie alla direzione di questo partito, la guerra popolare si è estesa in tutto il paese e ha costruito le sue basi in circa un terzo del suo territorio. Una guerra popolare che è divenuta così la principale minaccia interna per il regime indiano e per l’imperialismo in una regione cruciale del mondo. Una guerra popolare che ha irradiato il suo messaggio e la sua forza tra le masse oppresse di tutto il mondo.
Contro questa minaccia il regime indiano, supportato dall’imperialismo, ha scatenato la più feroce delle repressioni contro il PCI (Maoista), i suoi quadri, i suoi dirigenti, i suoi militanti, i suoi sostenitori, non solo nelle zone in rivolta ma anche all'interno delle città, delle università e in tutte le classi e settori sociali che sostengono o simpatizzano con la guerra popolare, la ribellione maoista, la ribellione armata delle masse popolari.
In uno scenario mondiale di crisi da cui il sistema imperialista non riesce a uscire, la guerra popolare in India è messaggio e ragione di speranza non solo per le masse oppresse del paese ma per i proletari e i popoli di tutto il mondo. È un’esperienza da far conoscere alle grandi masse di tutto il mondo, per trarre non solo fiducia dalla forza delle azioni dell’Esercito Popolare, ma anche lezioni dalla natura e sviluppo dei movimenti popolari che il partito dirige e che la guerra popolare raccoglie e anima, perché l’avanzamento della guerra popolare in India mette in discussione i rapporti di forza non solo nel sud Asia ma in tutto l’assetto del sistema imperialista mondiale.
Per questo, lanciamo l'appello per il 1 febbraio una terza Giornata Internazionale di azione e solidarietà con la guerra popolare in India, facciamo appello a tenere iniziative di approfondimento e propaganda, sulla realtà straordinaria di questa lotta, le sue conquiste, le grandi difficoltà che ha superato e quelle che ha ancora di fronte, il ruolo in essa, delle masse, movimenti, classi, settori sociali e, cosa più decisiva, della direzione dei maoisti.
Facciamo appello a organizzare assemblee conferenze, momenti di informazione e divulgazione ovunque esistano forze attive nella solidarietà e masse sensibili cui far giungere il l’eco tonante della rivoluzione in India.
Materiali, documenti, video, pubblicazioni per preparare e tenere queste iniziative vanno chiesti a csgpindia@gmail.com
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