martedì 23 novembre 2010

CONTRIBUTO DAI COMPAGNI DI CONTROPIANO

LA CRISI IN INDIA

Nel presentare questo lungo testo della scrittrice indiana Arundhati Roy, non possiamo fare a meno di ricordare l’importanza che a dentro qualsiasi processo rivoluzionario popolare l’influenza degli intellettuali nella creazione del consenso. La Roy non è una comunista, anzi come traspare dal testo è per certi versi anti-comunista, fa sorridere la sua paura di finire come una moderna “cadetta” dentro le prigioni comuniste, schiacciata dalla furia cieca popolare. La Roy è animata da una visione socialistica utopistica marcatamente ottocentesca. Se è giustamente criticabile lo –sviluppismo-, che è stato assunto in alcuni casi anche dagli stati socialisti, a questo non si può contrapporre un mistico –naturalismo tribale-, l’importanza della contrapposizione tra pianeta e merce è visibile a tutti, tuttavia non esistono scorciatoie, è lo stesso sistema di sviluppo che accelera questa contrapposizione, e solo nel suo sorpassamento vi può essere una diversa via di sviluppo.
Il dibattito che traspare dal testo in realtà a accompagnato ogni fase rivoluzionaria e di turbolenze sociali, dove i settori autenticamente democratico-liberali scoprono nei fatti la menzogna della presunta purezza dei termini neutri quali democrazia, liberta, diritti, tutti invece inseriti dentro determinati rapporti di forza tra le classi sociali. Accorgendosi quindi che la loro neutralità viene annullata dentro l’acuirsi dello scontro sociale. Il monopolio della violenza, l’egemonia, il potere politico, concetti banditi dalla sinistra ritornano ad essere la bussola per indicare un percorso che realmente rovesci la piramide sociale.

Tuttavia il testo e la sua presa di posizione pubblica contro lo sviluppo della repressione militare in India contro la guerra popolare maoista è un avvenimento storico. Difficilmente in India i settori liberali di sinistra (ma la stessa cosa si può dire di quello che rimane per lo più del movimento comunista istituzionale ufficiale e della sinistra in genere) possono comprendere le ragioni e la capacità dei comunisti maoisti di saper leggere i bisogni delle masse, spaventati dalla radicalità che assumono gli stessi settori popolari quando decidono di rompere le gabbie in cui sono stati rinchiusi. Fino a poco tempo fa questi stessi intellettuali di sinistra vedevano come forze folcloristiche i comunisti maoisti, avendo assunto o direttamente o indirettamente la tesi della fine della storia, oggi di fronte alla crisi che sta attraversando il pianeta, e di fronte alla ripresa dell’iniziativa popolare le contraddizioni sono cosi visibili da non poter più essere occultate o non viste.
Il movimento naxalista, oggi pone le basi per una idea diversa di progresso e la sua collocazione geografica il continente India gli fa assumere una indiretta importanza mondiale che pone nuove domande anche a noi.

Redazione di Contropiano-Bologna
www.contropiano.org



India in crisi

di Arundhati Roy
autunno 2010


La legge rinchiude il delinquente sventurato
che sottrae l'oca alla proprietà comune
ma libera il delinquente maggiore
che sottrae la proprietà comune all'oca
Anonimo, Inghilterra, 1821



Alle prime ore del mattino del 2 luglio 2010, nelle foreste remote di Adilabad, la Polizia statale dell’Andra Pradesh ha sparato un colpo nel petto di un uomo chiamato Cherukuri Rajkumar, noto ai suoi compagni come Azad.
Azad era un membro del Politbureau del Partito Comunista Indiano (maoista) [illegale per lo Stato indiano], ed era stato nominato dal suo partito come il capo negoziatore degli accordi di pace con il governo dell'India. Perché la polizia ha sparato a bruciapelo e perché ha lasciato scoperte delle tracce eloquenti del suo passaggio, quando avrebbero potuto coprirle tanto facilmente? E' stato un errore oppure un messaggio?

Hanno ucciso una seconda persona quella mattina - Hem Chandra Pandey, un giovane giornalista che stava viaggiando con Azad quando questo veniva arrestato. Perché lo hanno ucciso? Forse per essere sicuri di non avere alcun testimone che possa raccontare l'accaduto? Oppure è stato solo un capriccio?

Nel corso di una guerra, se nelle fasi preliminari di un negoziato di pace, una delle parti giustizia l'inviato dell'altra, è ragionevole assumere che la parte che ha commesso l'uccisione non vuole la pace. Sembra proprio che Azad sia stato ucciso perché qualcuno decise che la posta in gioco era troppo alta da permettergli di rimanere in vita. Questa decisione può rivelarsi un grave errore di giudizio. Non solo a causa del ruolo che la vittima investiva, ma anche a causa dell'attuale clima politico indiano.

La rivoluzione "a gocce"

Diversi giorni dopo la mia uscita dalla foresta di Dandakaranya nell'India centrale, dove ho trascorso 2 settimane e mezza con i guerriglieri maoisti, mi sono trovata a tracciare un faticoso ma familiare percorso verso Jantar Mantar, sul Parliament Street a New Delhi. Jantar Mantar è un vecchio osservatorio costruito da Maharaja Sawai Jai Singh II di Jaipur nel 1710. All'epoca era una meraviglia della scienza, usato per segnalare l'ora, prevedere il meteo e studiare i pianeti. Oggi è un'attrazione turistica nemmeno tanto attraente, e che funge anche come il piccolo salone della democrazia di Delhi.

Da qualche anno ormai, le manifestazioni di protesta a Delhi- a meno che non vengano patrocinate da partiti politici o da organizzazioni religiose - sono state bandite. Il club nautico sullo Rajpath, che ha visto in passato enormi, storiche manifestazioni a volte durate per dei giorni, si confronta ora con il divieto di ospitare l'attività politica, ed è disponibile solo per i picnic, per i venditori di palloncini, e per le gite in barca. Come per l'India-Gate, veglie al lume di candela e proteste "da bottega" per le cause delle classi medie - come la campagna "Giustizia per Jessica", la modella uccisa in un bar di Delhi da un teppista avente connessioni politiche - sono autorizzate, ma niente di più. La Section 144, una vecchia legge risalente al XIX secolo che vieta il raduno di più di cinque persone - che abbiano un "obiettivo comune illegale" - in uno spazio pubblico, è stato serrato sopra la città. La legge è stata creata dai britannici nel 1861 per prevenire la ripetizione della rivolta del 1857. E' stata pensata come una misura d'emergenza, ma è divenuta un'istituzione permanente in molte zone dell'India.
Forse è in omaggio a leggi come questa che il nostro Primo Ministro, mentre riceveva una laurea ad honorem ad Oxford, ha ringraziato i britannici per averci lasciato in eredità una tale ricca eredità: "I nostri sistemi giudiziari, giuridici, la nostra burocrazia e le nostra polizia sono tutte delle grandi istituzioni, derivanti dall'amministrazione britannico-indiana, ed hanno servito bene il paese"

Jantar Mantar è l'unico posto a Delhi dove il Section 144 è applicato ma non attuato. Persone da tutto il paese, stanche di venir ignorate dall'establishment politico e dai media, convergono qui, sperando disperatamente di essere ascoltate. Alcuni s'imbarcano in lunghi viaggi ferroviari. Altri, come le vittime del Disastro di Bhopal, hanno camminato per settimane per arrivare a Delhi. Una volta arrivati, devono combattersi a vicenda per il posto migliore sul pavimento ardente (o gelido). Fino a poco fa ai dimostranti era concesso di accamparsi a Jantar Mantar per un tempo indefinito - settimane, mesi, addirittura anni. Sotto gli sguardi maligni della polizia e del Reparto Speciale, avrebbero montato i loro sbiaditi stendardi e i loro "shamian". Da qui avrebbero dichiarato la loro fede nella democrazia emettendo i propri memorandum, annunciando i loro piani di protesta ed inscenando i loro infiniti scioperi della fame. Da qui avrebbero tentato (ma senza mai riuscirvi) di marciare verso il Parlamento. Da qui avrebbero sperato in un cambiamento.

Di recente però, gli orari della Democrazia sono cambiati. Orari rigidi, ora dalle 9 alle 5. Niente straordinari. Niente più nottate. Nessuna importanza da quanto lontano viene la gente, nessuna importanza se possiedono o meno un posto dove passare la notte in città - se non si allontanano entro le 6 del pomeriggio, vengono dispersi con la forza, mediante la polizia se necessario, con manganelli e cannoni d'acqua se le cose sfuggono di mano. I nuovi orari sono stati istituiti apparentemente per far sì che i Giochi del Commonwealth ospitati a New Delhi procedano lisci. Ma nessuno si aspetta che i nuovi orari vengano ripristinati nel breve periodo. Sta forse nell'adeguatezza delle cose che quel che è rimasto della nostra democrazia debba venire barattato con un evento creato per celebrare l'Impero Britannico. Ma forse è giusto che 400 mila persone debbano subire la demolizione delle proprie dimore e debbano venire cacciati fuori dalla città nel giro di una nottata. Oppure che centinaia di migliaia di venditori ambulanti debbano vedersi strappato il proprio sostentamento per ordine della Corte Suprema, cosicché i centri commerciali possano impossessarsi della loro porzione di guadagno. E che decine di migliaia di mendicanti debbano venir spediti fuori città mentre più di centinaia di migliaia di schiavi vengano importati per costruire cavalcavia, gallerie per la metro, piscine olimpioniche, stadi con riscaldamento e alloggi di lusso per gli atleti. Il Vecchio Impero possibilmente non esiste più. Ma evidentemente le nostre tradizioni di servilità sono diventate un'impresa troppo redditizia per smantellarle.

Sono stata a Jantar Mantar perché migliaia di senzatetto provenienti da tutte le città del paese erano venuti per reclamare alcuni diritti fondamentali: il diritto all'abitare, alla nutrizione (le tessere del razionamento viveri), alla vita (protezione dalla brutalità poliziesca, e dall'estorsione dei funzionari comunali).

Era l'inizio della primavera, il sole era nitido, ma la civilizzazione prevaleva ancora. E' una cosa terribile da dover dire, ma è la verità - si poteva sentire l'odore della protesta da una distanza considerevole: era l'odore accumulato di migliaia di corpi umani disumanizzati, a cui i servizi sanitari ed igienici primari sono stati negati da anni, se non da tutta una vita. Corpi macerati nei rifiuti delle nostre metropoli, corpi senza un rifugio dal maltempo, senza accesso ad acqua potabile, aria pulita, sanità o cure mediche. Nessuna parte di questo grande paese, nemmeno i progetti apparentemente progressisti, nessun singolo progetto cittadino è stato concepito per farli alloggiare. Nemmeno il Jawaharlal Nehru National Urban Renewal Mission, o qualsiasi altro progetto di sviluppo degli slum, del diritto all'occupazione, o della previdenza sociale. Nemmeno le fognature - ci cacano sopra. Sono persone ombra, che vivono tra le crepe che intercorrono tra i progetti e le istituzioni. Dormono in strada, mangiano in strada, fanno l'amore in strada, partoriscono in strada, vengono stuprati in strada, tagliano le loro verdure, lavano i loro vestiti, crescono i loro figli, vivono e muoiono in strada.

Se il cinema fosse un'arte che coinvolgesse pure l'olfatto - in altre parole se il cinema odorasse - film come Slumdog Millionaire non vincerebbe gli Oscar. Il fetore di quel tipo di povertà non si fonderebbe con l'aroma del popcorn caldo.

Le persone alla protesta a Jantar Mantar non erano nemmeno abitanti delle baraccopoli, ma dei senzatetto. Chi erano costoro? Da dove venivano? Erano i profughi dell'India splendente, le persone riversate attorno come acque di rifiuto tossiche in un processo industriale fuori controllo. I rappresentanti di oltre 60 milioni di persone dislocate a causa dell'indigenza nelle zone rurali, della fame, delle inondazioni e della siccità (molte di queste causate dall'uomo), delle miniere, dalle industrie dell'acciaio e le fonderie dell'alluminio, da strade e autostrade, dalle 3300 grandi dighe costruite dall'Indipendenza e ora dalle Zone Economiche Speciali. Queste persone fanno parte di quei 830 milioni di indiani che vivono con meno di venti rupie al giorno, quelli che soffrono la fame mentre milioni di tonnellate di cereali vengono divorate dai ratti nei magazzini governativi o bruciati all'ingrosso (perché bruciare il cibo costa meno che distribuirlo ai poveri). Queste persone sono i genitori delle decine di milioni di bambini malnutriti del nostro paese, dei 2 milioni che muoiono ogni anno prima di compiere i 5 anni di età. Queste persone fanno parte dei milioni di "detenuti in catene" trasportati da una città all'altra per costruire la Nuova India. E' questo forse ciò che è noto come "godere dei frutti dello sviluppo moderno"?

Cosa possono pensare queste persone di un governo che si vede pronto a spendere nove miliardi di dollari di denaro pubblico (+2000% rispetto alla stima iniziale) per uno evento sportivo di due settimane al quale, per paura del terrorismo, della malaria, del dengue e del nuovo superbatterio di New Delhi, molti atleti internazionali hanno rifiutato di partecipare? Al quale la Regina d'Inghilterra, presidente del Commonwealth, non desidera affatto presiedere, nemmeno nei suoi sogni più perversi. Cosa devono pensare del fatto che la gran parte di questi miliardi sono stati rubati e messi da parte di nascosto dai politici e dagli organizzatori dei Giochi? Non molto, credo. Perché per le persone che vivono con meno di venti rupie al giorno, una tale quantità di denaro deve sembrare fantascienza. Probabilmente non considerano nemmeno che questo denaro è il loro. Per questo i politici corrotti in India non hanno problemi a ritornare al potere, usando i soldi rubati per comprarsi le elezioni (simulando poi indignazione e chiedendo, "Perché i maoisti non si presentano alle elezioni?").

Rimanendo lì, tra quella folla pallida in quella giornata luminosa, pensai a tutte le lotte condotte dal popolo di questo paese - contro le grandi dighe nella Narmada Valley, a Polavaram, nel Arunachal Pradesh; contro le miniere in Orissa, Chhattisgarh e Jharkhand, contro la polizia da parte degli adivasi di Lalgarh, contro l'accaparramento delle loro terre per le industrie e le Zone Economiche Speciali attraverso tutto il paese. Quanti anni (e in quanti modi) le persone hanno lottato per evitare proprio un tale destino. Penso ai vari Maase, Narmada, Roopi, Nity, Mangtu, Madhav, Saroja, Raju, Gudsa Usendi e il Compagno Kamla (la mia giovane guardia del corpo per il tempo che ho trascorso con i maoisti nella jungla) con i loro fucili in spalla. Ho pensato alla grande dignità della foresta attraverso la quale ho camminato di recente e al ritmo dei tamburi degli adivasi alla celebrazione Bhumkal a Bastar, sembravano la colonna sonora del battito accelerato di una nazione furiosa.

Ho pensato a Padma con la quale ho viaggiato fino a Warangal. Lei è una trentenne ma quando sale le scale deve aggrapparsi alla ringhiera e trascinarsi dietro il suo corpo. E' stata arrestata solo una settimana dopo essersi operata d'appendicite. E' stata picchiata fino a subire un'emorragia interna e ha dovuto farsi asportare vari organi. Quando le hanno rotto le ginocchia, la polizia lo motivò gentilmente che è stato per essere sicuri che " non potesse camminare nella giungla mai più." E' stata rilasciata dopo aver scontato una pena di otto anni. Ora dirige il "Comitato Amarula Bhadhu Mitrula", il Comitato dei Parenti e Amici dei Martiri. La sua funzione è di recuperare i corpi degli uccisi. Padma spende il suo tempo ad attraversare in lungo e in largo l'Andhra Pradesh, in qualsiasi mezzo di trasporto riesce a trovare, di solito un trattore, trasportando i corpi di quelli i cui parenti e consorti sono troppo poveri per compiere il viaggio per recuperare i corpi dei loro amati.

La tenacia, la saggezza ed il coraggio di quelli che stanno lottando da anni, da decenni, per portate il cambiamento, o solo un sussurro di giustizia nelle loro vite, è qualcosa di straordinario. Che sia per rovesciare lo Stato Indiano, o lottare contro le grandi dighe, o semplicemente contro una particolare acciaieria o miniera o le Zone Economiche Speciali, la linea di fondo è che lottano per la propria dignità, per il diritto alla vita e per avere l'aspetto e l'odore degli esseri umani. Lottano perché, per quel che li riguarda, "i frutti dello sviluppo moderno" puzzano come carcasse di bestiame sull'autostrada.


Al 64esimo anniversario dell'indipendenza dell'India, il Primo Ministro Manmohan Singh è salito sul suo palco antiproiettile per portare alla nazione un discorso senza passione, agghiacciante e banale. Ascoltando le sue parole, chi avrebbe pensato che si riferisse ad un paese il quale, nonostante abbia il secondo tasso di crescita mondiale, ha più poveri rispetto a 26 dei paesi più poveri d'Africa messi insieme? "Voi tutti avete contribuito al successo dell'India" ha detto, "il duro lavoro dei nostri operai, dei nostri artigiani, dei nostri contadini, ha portato il nostro paese all' odierno livello... Stiamo costruendo una nuova India in cui ogni cittadino possieda una quota di ricchezza, un'India benestante e nella quale tutti i cittadini abbiano la possibilità di una vita onorevole e dignitosa, in un ambiente di pace e benevolenza. Un'India nella quale tutti i problemi possano venir risolti con metodi democratici. Un'India nella quale i diritti fondamentali di ogni cittadino possano venir protetti." Alcuni definirebbero questo discorso humor nero. Poteva benissimo essersi riferito al popolo finlandese o svedese.

Se la reputazione dell'"integrità personale" del nostro Primo Ministro venisse estesa ai suoi discorsi, ecco quello che avrebbe detto: "Fratelli e sorelle, i miei saluti a voi in questa giornata nella quale ricordiamo il nostro glorioso passato. Le cose stanno diventando un pò care ora lo so, e state continuando a lamentarvi per i prezzi degli alimentari. Ma osservate la questione sotto un altro punto di vista - oltre 650 milioni di voi sono impegnati nell'agricoltura, come proprietari o dipendenti, ma i vostri sforzi congiunti contribuiscono per meno del 18% del nostro PIL. Qual'è dunque la vostra utilità? Date un'occhiata al settore dell'informatica. Impiega il 0,2% della popolazione e genera il 34% del nostro reddito nazionale. Riuscite a confrontare? E' vero che nel nostro paese l'occupazione non ha seguito di pari passo la crescita, ma fortunatamente il 65% della nostra forza lavoro è in proprio. Il 90% della nostra forza lavoro è impiegata in settori non organizzati. Vero, molti riescono a lavorare solo per pochi mesi all'anno, ma siccome non abbiamo la categoria dei "sottoccupati", continuiamo a mantenere un pò vago questo aspetto. Non sarebbe giusto iscriverli nelle nostre statistiche come disoccupati. Per quanto riguarda le statistiche che dicono che abbiamo la più alta mortalità infantile e materna al mondo - dovremmo unirci come nazione ed ignorare le cattive notizie per il momento. Possiamo trattare questo problema successivamente, dopo la rivoluzione economica "reaganiana" , quando il settore sanitario sarà completamente privatizzato. Nel frattempo, spero che tutti compriate le assicurazioni mediche. Per quanto riguarda il fatto che la disponibilità di grano pro capite sia diminuita nel corso degli ultimi vent'anni - che coincide col periodo della nostra maggior crescita - credetemi, è solo una coincidenza.
Miei concittadini, stiamo costruendo una nuova India nella quale le nostre 100 persone più ricche, possiedono beni pari al 25% del nostro PIL. Il benessere concentrato in un numero sempre minore di mani è sempre il più efficiente. Avete tutti sentito dire che troppi cuochi guastano il brodo. I nostri amati miliardari, i nostri pochi plurimilionari, i loro cari e i loro associati politici ed economici, li vogliamo benestanti ed aventi una vita di onore e dignità in un ambiente di pace e benevolenza nel quale i loro diritti fondamentali siano rispettati.
Sono cosciente che i miei sogni non possono diventare realtà utilizzando esclusivamente metodi democratici. In realtà, sono arrivato a credere che la vera democrazia passi attraverso la canna del fucile. Questa è la ragione per la quale ho mobilitato l'Esercito, la Polizia, la CRPF, la Guardia Frontiera, il CISF, la PAC, la Polizia di Frontiera Indo-Tibetana, la EFR - così come gli Scorpioni, i Levrieri e i Cobra - per schiacciare le maldestre insurrezioni che stanno scoppiando nelle nostre zone minerarie.
Le nostre prove di democrazia iniziarono negli stati di Nagaland, Manipur e Kashmir. Il Kashmir, non devo ripeterlo, è parte integrante dell'India. Abbiamo dispiegato più di mezzo milione di soldati per portare a quella gente la democrazia. I giovani del Kashmir che rischiavano la vita sfidando il coprifuoco e lanciando pietre alla polizia durante gli ultimi due mesi sono militanti del Lashkar-e-Taiba che vogliono occupazione, non azadi (libertà ndt). Tragicamente, sessanta hanno perduto la vita prima che potessimo esaminare le loro domande di lavoro. Ho dato ordine alla polizia d'ora in poi di sparare per menomare questi giovani maldestri, piuttosto che per ucciderli."

Nei suoi sette anni di ufficio, Manmohan Singh si è presentato come un timido e mite subalterno di Sonia Gandhi. E' un ottimo travestimento per un uomo il quale, negli ultimi vent'anni, prima come ministro della finanza e poi come Primo Ministro, ha alimentato attraverso un regime nuove poltiche economiche che hanno portato l'India nella situazione nella quale si trova ora. Con questo non voglio dire che Manmohan Singh non sia un subalterno. Solo che tutti gli ordini non provengono da Sonia Gandhi. Nella sua autobiografia " A Prattler's Tale", l'ex ministro della finanza del West Bengala Ashok Mitra racconta come Manmohan Singh salì al potere. Nel 1991, quando le riserve estere indiane erano pericolosamente basse, il governo di Narashimba Rao chiese all'FMI un prestito d'emergenza. L'FMI acconsentì, a due condizioni. La prima fu l'Aggiustamento Strutturale e la Riforma Economica. La seconda fu la scelta del Ministro delle Finanze. Quell'uomo, secondo Mitra, fu Manmohan Singh.

Negli anni ha ammassato il suo governo e la pubblica amministrazione di elementi religiosamente dediti all'accapparamento corporativo di tutto - acqua, elettricità, minerali, agricoltura, terra, telecomunicazioni, educazione, sanità - indipendentemente dalle conseguenze.

Sonia Gandhi e suo figlio giocano un ruolo importante in tutto questo. Il loro compito è di gestire il Dipartimento per la Compassione e il Carisma, e di vincere le elezioni. A loro è permesso di prendere (e di prenderne il merito) decisioni che paiono progressiste ma sono in realtà tattiche e simboliche, utili a calmare l'agitazione e la rabbia popolari e permettere alla grande macchina di continuare il suo operato. (L'esempio più recente di questo è stata la manifestazione organizzata per Rahul Gandhi per rivendicare la vittoria sopra Vedanta, ovvero la cancellazione del permesso a Vedanta di minare i monti Niyamgiri per la bauxite - una battaglia che la tribù Dongaria Kondh e una coalizione di attivisti locali e internazionali hanno combattuto per anni. Alla manifestazione Rahul Gandhi ha annunciato di essere un "soldato per i popoli tribali". Non ha menzionato che le politiche economiche del suo partito si basano sui trasferimenti forzati di massa dei tribali. Oppure che ogni altro bauxite 'giri' - monte - confinante ha avuto l'inferno con le estrazioni, mentre questo "soldato per i popoli tribali" guardava altrove. Rahul Gandhi può anche essere un uomo rispettabile. Ma il fatto che vada in giro a parlare delle "due Indie" - la "Ricca India" e la "Povera India" - come se il partito che lui rappresenta non vi ha niente a che fare, è un insulto all'intelligenza collettiva, inclusa la sua.

La divisione del lavoro tra i politici che hanno un supporto di massa e vincono le elezioni per continuare la farsa della democrazia, e per quelli che realmente guidano il paese ma non hanno bisogno (giudici e burocrati) o sono stati esentati dal dover vincere le elezioni (come il Primo Ministro), è una sovversione brillante delle pratiche democratiche. Immaginare che Sonia e Rahul Gandhi sono responsabili del governo sarebbe un errore. Il vero potere è passato nelle mani di una cricca di oligarchi - giudici, burocrati e politici. Questi sono candidati a turno da poche corporazioni che grosso modo possiedono tutto il paese. Possono appartenere a differenti partiti politici e inscenare una reciproca rivalità, ma questo è solo un sotterfugio per il consenso pubblico. L'unica vera rivalità è la rivalità tra le corporazioni.

Un membro importante della cricca è P. Chidambaram, che qualcuno dice sia così popolare tra l'Opposizione che possa rimanere Ministro degli Interni anche se il Partito del Congresso dovesse perdere le prossime elezioni. Questo è probabilmente un bene. Lui può aver bisogno di qualche anno in ufficio in più per completare il compito che gli è stato assegnato. Ma non ha importanza se vi rimane o meno. I giochi sono stati fatti.

Ad una lezione ad Harvard, la sua vecchia università, nell'ottobre del 2007, Chidambaram ha delineato questo compito. La lezione si chiamava "I poveri Paesi ricchi: le sfide dello sviluppo". Ha definito i tre decenni successivi all'Indipendenza come "anni perduti" ed ha esultato riguardo al tasso di crescita del PIL che ebbe un incremento dal 6,9% nel 2002 al 9,4% nel 2007. Quello che ha detto è abbastanza importante per me da riversare su di voi un pezzo del suo discorso indecoroso:

"Si potrebbe pensare che la sfida dello sviluppo - in una democrazia - diventerà meno spaventosa se l'economia viaggia verso una crescita elevata. La realtà è l'opposto. La democrazia - o meglio, le istituzioni democratiche - e l'eredità dell'era socialista hanno ingrandito la sfida per lo sviluppo. Permettetemi di spiegare ciò mediante alcuni esempi. Le risorse minerarie dell'India includono carbone - la quarta maggiore riserva mondiale - minerale di ferro, manganese, mica, bauxite, minerale di titanio, cromo, diamanti, gas naturale, petrolio, e calcare. Il buonsenso ci dice che dovremmo estrarre queste risorse velocemente ed efficientemente. Questo richiede una grande quantità di capitale, un'organizzazione efficiente e una politica ambientale che permetta alle forze del mercato di operare. Nessuno di questi fattori è presente oggi nel settore minerario. Le leggi in questo senso sono sorpassate e il Parlamento è stato capace solo di rattoppare marginalmente. I nostri sforzi indirizzati ad attirare investimenti privati nella prospezione ed estrazione sono nel complesso falliti. Allo stesso tempo, il settore rimane virtualmente prigioniero nelle mani dei governi statali. Quelli che oppongono qualsiasi cambiamento dello status quo sono gruppi che sposano - piuttosto legittimamente - la causa della foresta o dell'ambiente o della popolazione tribale. Ci sono anche partiti politici che considerano l'estrazione come un naturale monopolio dello Stato e hanno delle obiezioni ideologiche all'entrata del settore privato. Questi raccolgono il supporto dai sindacati istituzionali. Dietro ai sindacati - sia che ne siano o meno a conoscenza - c'è la mafia commerciale. Risultato: l'investimento attuale è basso, il settore minerario cresce ad un ritmo tardivo e agisce come un peso sull'economia. Vi posso dare un altro esempio. Una vasta estensione del territorio serve per situarvi le industrie. Le industrie minerarie come l'acciaio e l'alluminio hanno bisogno di larghi tratti di territorio per l'estrazione, il trattamento e la produzione. Progetti infrastrutturali come aereoporti, porti, dighe e stazioni elettriche hanno bisogno di larghi tratti di territorio per poter fornire collegamenti stradali e ferroviari ausiliari e supportare gli impianti. Fino a qui, il territorio è stato acquisito dai governi in esercizio del potere di esproprio. L'unica questione era il pagamento dell'adeguata compensazione. La situazione è cambiata. Ci sono nuovi azionisti in ogni progetto, e le loro rivendicazioni devono venir riconosciute. Siamo ora obbligati a trattare questioni come la valutazione dell'impatto ambientale, la giustificazione dell'acquisizione obbligatoria, la giusta compensazione, la riabilitazione e il reinsediamento degli sfollati, siti abitativi e terreni agricoli alternativi, ed un lavoro per ogni famiglia colpita..."

Permettere alle "forze del mercato" di estrarre le risorse "rapidamente ed efficientemente" è quello che i colonizzatori fecero alle loro colonie, quello che la Spagna e il Nord America fecero al Sud America, quello che l'Europa fece (e continua a fare) in Africa. E' quello che il Sudafrica dell'Apartheid fece nel suo paese. Quello che dittatori fantocci di piccoli paesi fanno per salassare i loro popoli. E' una formula per la crescita e lo sviluppo, ma a beneficio dei soliti noti…. E' una vecchia, vecchia, vecchia storia - dobbiamo davvero ripercorrerla?

Ora che le licenze minerarie sono state emesse con l'urgenza che uno assocerebbe ad una vendita d'emergenza, e le truffe che stanno emergendo spaziano in miliardi di dollari, ora che le compagnie minerarie hanno inquinato i fiumi, scavato miniere ovunque, distrutto gli ecosistemi e scatenato la guerra civile, le conseguenze di quello che la cricca ha messo in moto sta venendo fuori. Come un antico lamento sopra i paesaggi distrutti e i corpi dei poveri.

Notare il rimpianto con cui il Ministro nella sua lezione parla della democrazia e gli obblighi che questa comporta: " La democrazia - o meglio, le istituzioni democratiche - e l'eredità dell'era socialista hanno ingrandito la sfida per lo sviluppo." Poi fa seguire a questo una sfilza di menzogne riguardo la compensazione, la riabilitazione e i posti di lavoro. Quale compensazione? Quale risarcimento? Quale riabilitazione? E quale "lavoro per ogni famiglia"? (Sessanta anni di industrializzazione in India hanno creato un'occupazione della forza lavoro del 6%). Essendo "obbligato" a presentare una "giustificazione" per "le acquisizioni obbligatorie" della terra, un ministro del governo di sicuro sa che per acquisire obbligatoriamente il terreno tribale (che è dove si trovano la maggior parte dei minerali) e darli in amministrazione alle coorporazioni private estrattive è illegale e incostituzionale sotto l'Atto Panchayat (l'Estensione delle Aree Pianificate). Passato nel 1996, il PESA è un emendamento che tenta di riparare a qualche torto fatto alla popolazione tribale dalla costituzione Indiana da quando questa è stata adottata dal Parlamento nel 1950. Annulla tutte le leggi esistenti che possano essere in conflitto con essa. E' una legge che riconosce la crescente marginalizzazione delle comunità tribali ed è pensata a rivedere radicalmente l'equilibrio delle forze. Come legislazione è unica perché fa della comunità - la collettività - un'entità legale e conferisce alle società tribali che vivono in aree pianificate il diritto all'auto-governo. Sotto il PESA, "le requisizioni obbligatorie" dei terreni tribali non possono essere giustificate in alcun modo. Quindi, ironicamente, quelli che sono chiamati "maoisti" (che includono tutti quelli che resistono alla requisizione dei terreni) stanno di fatto lottando per difendere la costituzione. Mentre il governo fa davvero del suo meglio per brutalizzarla.

Tra il 2008 e il 2009 il Ministero del Panchayati Raj ha commissionato due ricercatori per scrivere un capitolo per un rapporto sul progresso del Panchayati Raj nel paese. Il capitolo s'intitola "PESA, L'estremismo di sinistra la governance: le preoccupazioni e le sfide nei Distretti Tribali dell'India", i suoi autori sono Ajay Dandekar e Chitrangada Choudhury. Ecco alcuni estratti:

L'Atto centrale di Acquisizione della Terra del 1894 al giorno d'oggi non è ancora stato emendato per portarlo in linea con le condizioni del PESA ...Al momento, questa legge dell'era coloniale viene largamente abusata, per acquisire forzatamente i terreni individuali e comunitari per l'industria privata. In vari casi, le pratiche del governo statale sono di firmare memorandum d'intesa di alto profilo con case corporative e poi procedere a dispiegare l'Atto di Acquisizione per acquisire la terra apparentemente per le corporazioni industriali statali. Questo organismo poi cede semplicemente la terra in affitto alle corporazioni private - una completa farsa del termine "acquisizione per fini pubblici" approvato dall'atto.

Ci sono casi nei quali le risoluzioni formali dei gram sabha [consigli di villaggio] che esprimono dissenso sono stati distrutti e sostituiti con documenti contraffatti. Quel che è peggio, nessuna azione è stata intrapresa da parte dello Stato nei confronti dei funzionari coinvolti anche quando i fatti vengono confermati. Il messaggio è chiaro ed inquietante. In questi accordi ci sono collusioni a vari livelli.

La vendita delle terre tribali a non-tribali nelle aree del Programma Cinque è vietata in tutti gli stati. Ciononostante, la cessione continua ed è diventata maggiormente percettibile nel periodo post-liberalizzazione. Le ragioni principali sono - cessione per via di mezzi fraudolenti, cessioni non attestate, sulla base di accordi orali, cessioni dovute a travisamenti dei fatti ed esposizioni inesatte degli scopi, occupazioni forzate delle terre tribali, cessioni attraverso matrimoni illegali, azioni legali con titoli collusivi, registrazioni non corrette al momento delle perizie, processi di acquisizione di terreni, sfratto delle violazioni e nel nome dello sfruttamento del legname e dei prodotti forestali, e addirittura col pretesto dello sviluppo dello stato sociale.

Nella sezione conclusiva dichiarano:

Il Memorandum d'intesa siglato dai governi statali con le compagnie industriali, incluse le compagnie minerarie, dovrebbero venir riesaminate pubblicamente, con i gram sabhas al centro dell'inchiesta.

Ecco qui dunque - non fastidiosi attivisti, non i maoisti, ma un rapporto governativo che richiede che il Memorandum d'intesa con le compagnie estrattive venga riesaminato. Cosa ci fa il governo con questo documento? Come vi risponde? Il 24 aprile 2010, ad una cerimonia formale, il Primo Ministro ha rilasciato il rapporto. Ben fatto, verrebbe da pensare. In realtà, questo capitolo non si trovava nel rapporto. Era stato scartato.

Mezzo secolo fa, un solo anno prima di venir ucciso, Che Guevara scrisse: "Quando le forze opprimenti rimangono al potere contro le leggi stabilite da loro stesse, la pace deve essere considerata già compromessa." Nel 2009 Manmohan Singh disse in Parlamento "Se l'estremismo di sinistra continua a prosperare nelle zone che contengono risorse naturali minerarie, il clima degli investimenti ne sarà certamente affetto". Questa è stata un'avvertita dichiarazione di guerra.

Permettetemi qui una piccola digressione, un attimo per raccontare una breve storiella Il Racconto dei Due Sikh: Nella sua ultima petizione al Governatore del Punjab, prima di essere impiccato dal Governo britannico nel 1931, Bhagat Singh il celebre rivoluzionario - e marxista - sikh disse "Permetteteci di dichiarare che lo stato di guerra esiste ed esisterà finché le masse lavoratrici e le risorse naturali verranno sfruttate da un pugno di parassiti. Questi possono essere capitalisti britannici, britannico-indiani o addirittura puri indiani... Non fa alcuna differenza".

Se prestate attenzione a molte delle lotte in corso in India, la gente chiede niente di più che i loro diritti costituzionali. Ma il Governo indiano non si sente più in dovere di rispettare la costituzione indiana, che è considerata la struttura legale e morale sulla quale posa la democrazia. La costituzione è un documento illuminato, ma il suo illuminismo non è utilizzato per proteggere i cittadini. Anzi, proprio il contrario. E' usato come una mazza ferrata per abbattere chiunque protesti contro la crescente ondata di violenza perpetrata dallo Stato contro la sua gente nel nome del "benessere comune". In un recente articolo su Outlook, B.G. Verghese, un giornalista importante, uscì sventolando quella mazza in difesa dello stato e delle grandi corporazioni: "I maoisti si dilegueranno, l'India democratica e la Costituzione prevarranno, nonostante il tempo che ci vorrà e la sofferenza impiegata", disse. A ciò, Azad rispose (è stata l'ultima cosa che ha scritto prima di essere ucciso).

"In quale parte dell'India sta prevalendo la Costituzione, signor Verghese? Nei distretti Dantewada, Bijapur, Kanker, Narayanpur, Rajnandgaon? I Jharkhand e Orissa? A Lalgarh e Jungal Mahal? Prevale nello Kashmir Valley? Nel Manipur? Dove si è nascosta negli ultimi 25 lunghi anni la sua Costituzione dopo che migliaia di sikhs sono stati massacrati? Quando migliaia di musulmani sono stati decimati? Quando i contadini sono costretti a suicidarsi? Quando migliaia di persone vengono massacrate da parte delle bande sponsorizzate dallo stato dello Salwa Judum? Quando le donne adivasi subiscono stupri di massa? Quando le persone vengono semplicemente sequestrate da teppisti in uniforme? Dov'è la tua Costituzione per la maggioranza delle persone che non possono lottare legalmente contro le atrocità delle forze dei ricchi e dei potenti? La tua Costituzione è un pezzo di carta che per la stragrande maggioranza della popolazione indiana vale meno di un pezzo di carta igienica."

Dopo che Azad è stato ucciso, vari commentatori hanno tentato di mascherare il crimine, invertendo spudoratamente ciò che scrisse, accusandolo di aver chiamato la Costituzione Indiana un pezzo di carta igienica.

Se il governo non rispetta la costituzione, forse dovremmo spingere per un emendamento al preambolo. "Noi, il Popolo dell'India, avendo solennemente deliberato di costituire l'India in una Repubblica Democratica Socialista Secolare Sovrana..." potrebbe essere sostituito con "Noi, le caste e classi superiori dell'India, avendo segretamente costituito l'India in uno Stato Corporativo, Hindu, Satellite..."


L'insurrezione nella campagna indiana, in particolare nell'area tribale, pone una sfida radicale non solo allo Stato indiano, ma pure ai movimenti di resistenza. S'interroga su che cos'è che costituisce il progresso, lo sviluppo e dunque la civilizzazione stessa. Interroga l'etica come anche l'efficacia delle differenti strategie di resistenza. Queste questioni sono state poste in precedenza, è vero. Sono state poste continuamente, pacificamente, anno dopo anno in centinaia di modi diversi - dalle agitazioni dello Chhattisgarh Mukti Morcha, Koel Karo e Gandhamardhan - e da centinaia di altri movimenti popolari. Sono state poste nel modo più persuasivo e forse più visibile, dal Narmada Bachao Andolan, il movimento anti-diga nella Narmada Valley. L'unica risposta del Governo dell'India è stata la repressione, l'ambiguità e quel tipo di opacità che può venire solo da una patologica mancanza di rispetto per la gente comune. Peggio ancora, è andato avanti ed ha accelerato il processo di spostamento ed esproprio al punto in cui la rabbia della gente s è accumulata al punto tale da non poter essere più controllata. Oggi i più poveri del mondo sono riusciti a fermare la traiettoria di qualcuna delle più ricche corporazioni. E' una vittoria immensa.

Quelli che si sono sollevati sono coscienti che il loro paese è in uno stato di Emergenza. Sono coscienti che come i popoli del Kashmir, Manipur, Nagaland e Assam, sono anch'essi stati spogliati dei loro diritti civili da leggi come l'UAPA (Atto di Prevenzione delle Attività Illegali) e lo CSPSA (Atto Speciale della Sicurezza Pubblica dello Chhattisgarh), che criminalizzano qualsiasi tipo di dissenso - di parola, fatto e addirittura d'intento.

Quando Indira Gandhi alla mezzanotte del 25 giugno 1975 dichiarò lo stato d'Emergenza, lo fece per schiacciare un principio di rivoluzione. Per quanto feroci furono, quelli erano giorni in cui la gente si permetteva ancora di sognare un miglioramento della propria sorte, di sognare la giustizia. Il sollevamento dei Naxaliti nel Bengala è stato grosso modo decimato. Ma successivamente milioni di persone manifestarono alla chiamata dello Sampoorna Kranti (Rivoluzione Totale) di Jayaprakash Narayan. Al cuore del malcontento generale c'era la richiesta della riforma agraria. (Anche allora non era diverso - c'era bisogno di una rivoluzione per implementare la distribuzione della terra, che è uno dei principi direttivi della costituzione).

Trentacinque anni più tardi le cose sono cambiate drasticamente. La giustizia, quella grande, bellissima idea è stata ridotta ai meri diritti umani. L'uguaglianza è un'utopia fantasiosa. Questa parola è stata più o meno sfrattata dal vocabolario. I poveri sono stati messi al muro. Dalla lotta dei senza terra, i partiti rivoluzionari e i movimenti di resistenza hanno dovuto abbassarsi a lottare per i diritti umani per mantenere quel poco di terra che avevano. L'unico tipo di redistribuzione della terra che sembra probabile è la terra presa ai poveri e ridistribuita ai ricchi per le loro speculazioni fondiarie chiamate Zone Economiche Speciali. I senza terra (soprattutto Dalit), i disoccupati, gli abitanti degli slum e la classe lavoratrice urbana sono grosso modo fuori dal conteggio. In posti come Lalgarh nel West Bengala, la gente chiede alla polizia e al governo di essere solamente lasciata in pace. L'organizzazione adivasi chiamata Comitato del Popolo Contro le Atrocità Poliziesche (PCAPA) è stato istituito con una semplice richiesta - che il Sovrintendente della Polizia visiti Lalgarh e si scusi con la gente per le atrocità che i suoi uomini hanno commesso contro i paesani. Ciò è stato considerato assurdo (Come possono dei selvaggi mezzi nudi aspettarsi che un ufficiale governativo chieda loro scusa?). Successivamente la popolazione si è barricata nei villaggi e ha rifiutato di far entrare la polizia. La polizia ha aumentato la violenza. La popolazione ha risposto con furore. Ora, due anni più tardi, dopo molti stupri raccapriccianti, uccisioni, e scontri a fuoco finti, è tutta una guerra. Il PCAPA è stato bandito e definito uno strumento maoista. I suoi dirigenti sono stati imprigionati o uccisi. (Una sorte simile è accaduta allo Chasi Mulya Adivasi Sangh nell'area Narayanpatna in Orissa e al Visthappen Virodhi Ekta Manch nel comune di Potka in Jharkhand).

Le persone che una volta sognavano la giustizia e l'uguaglianza, e osavano chiedere riforme agrarie si sono ridotti a chiedere le scuse da parte della polizia per averli picchiati e menomati - è questo il progresso?

Durante lo stato di Emergenza, si dice che quando la signora Gandhi ha chiesto alla stampa di piegarsi, questa strisciò. E ancora, in quei giorni c'erano degli esempi in cui quotidiani nazionali pubblicarono per sfida degli editoriali in bianco per protestare contro la censura. (Ironia delle ironie - uno di questi editori insolenti era B.G. Verghese). Questa volta, in uno stato d'emergenza non dichiarato, non c'è molto margine di insolenza perché i media sono il governo. Nessuno, eccetto le corporazioni che lo controllano, possono dirgli che fare. Politici di alto livello, ministri, ed ufficiali dell'establishment della sicurezza gareggiano per apparire in tv, implorando fiaccamente Arnab Goswami o Barkha Dutt per il permesso di interrompere il sermone giornaliero. Vari canali televisivi e giornali appoggiano apertamente l'Operazione Green Hunt e la sua campagna disniformativa. Quasi tutti i giornali e canali televisivi portarono avanti storie infamanti e palesemente false: il PCAPA (usato intercambiabilmente al termine "maoisti") per l'orribile deragliamento ferroviario a Jhagram nel West Bengala nel maggio 2010 nel quale 140 persone persero la vita. Due dei principali sospettati sono stati abbattuti dalla polizia in "scontri", anche ora che il mistero attorno all'incidente ferroviario si sta dipanando. Il Press Trust dell'India ha emesso diverse storie fasulle, messe in mostra fedelmente dall'Indian Express, inclusa una riguardo alle mutilazioni di corpi di poliziotti precedentemente uccisi dai maoisti (la smentita, venuta da parte della stessa polizia, è stata pubblicata a dimensioni-francobollo, nascosta nelle pagine interne). Ci sono varie interviste identiche, tutte marcate come "esclusive", da parte di una guerrigliera su come è stata "stuprata e ri-struprata" dai leader maoisti. Avrebbe dovuto essere fuggita recentemente dalla foresta e dalle grinfie dei maoisti per raccontare al mondo la sua storia. Ora si rivela come sia stata nella custodia poliziesca per dei mesi.

L'analisi centrata sulle atrocità urlate verso di noi da uno schermo televisivo è progettato per gettare fumo negli specchi, e spingerci a pensare, "Si, i tribali sono stati trascurati ed hanno avuto un bruttissimo momento, hanno davvero bisogno di sviluppo, è colpa del governo, ed è un gran peccato. Ma in questo momento c'è una crisi. Abbiamo bisogno di sbarazzarci dei maoisti, mettere in sicurezza il territorio, e solo successivamente potremo aiutare i tribali."

Con l'avvicinarsi della guerra, le Forze Armate hanno annunciato (nell'unico modo per loro possibile), che pure loro stanno iniziando a creare confusione nelle nostre menti. Nel giugno 2010 diffusero due "dottrine operative". Una era una dottrina congiunta per le operazioni aria-terra. L'altra era una dottrina sulle Operazioni Militari Psicologiche che "costituiscono un processo pianificato per trasmettere un messaggio ad una platea mirata, al fine di promuovere particolari argomenti che risultino negli atteggiamenti e comportamenti desiderati, i quali incidono sulla realizzazione degli obiettivi politici e militari del paese...” La Dottrina fornisce pure le linee guida per le attività legate alla gestione della percezione nelle operazioni sub convenzionali, specialmente in un ambiente interno dove popolazioni sviate possono dover venire portate nel circuito mainstream. Il comunicato stampa continuava dicendo "la dottrina delle Operazioni Militari Psicologiche è un documento politico, pianificato ed implementato che mira a creare un ambiente favorevole alle forze armate per operare utilizzando i media disponibili con i Servizi al loro vantaggio".

Due giorni più tardi il capo dell'esercito disse agli alti ufficiali di essere "mentalmente preparati per entrare in guerra contro il naxalismo... Potrebbe essere in sei mesi oppure in uno o due anni, ma se vogliamo mantenerci come un rilevante strumento dello stato, dovremo intraprendere cose che la nazione vuole che facciamo".

Ad agosto i giornali riportavano che la Forza Aerea contro la guerriglia era attiva nuovamente. "La Forza Aerea indiana può aprire il fuoco in autodifesa nelle Operazioni Anti-maoiste" scrisse l'Hindustan Times, "Il permesso è stato garantito ma con condizioni restrittive. Non possiamo utilizzare razzi od armi integrali sugli elicotteri, e possiamo reagire solo se attaccati... A questo scopo, abbiamo mitragliatrici laterali sugli elicotteri, comandati dai nostri Garud (commando IAF)". Che sollievo. Nessuna arma integrale, solo mitragliatrici laterali.

Forse "sei mesi oppure in uno o due anni" è il tempo che servirà al quartier generale di brigata di Bilaspur ed alla base aerea di Rajnandgaon per essere pronti. Forse allora, in un grande spettacolo di spirito democratico, il governo cederà alla rabbia popolare ed abrogherà l'AFSPA, l'Atto dei Poteri Speciali alle Forze Armate (che permette ai soldati di uccidere in base al sospetto) in Manipur, Nagaland, Assam e Kashmir. Una volta che gli applausi si placheranno e le celebrazioni volgeranno al termine, l'AFSPA verrà rifondato, come ha proposto il Ministro degli Interni, sulla linea del rapporto di Jeevan Reddy (non per sembrare più umano ma per essere più mortale). Poi può venir promulgato con altro nome per tutto il paese. Forse questo darà alle forze armate l'impunità che hanno bisogno per fare quello che "la nazione" vuole che facciano - di venir scagliati contro i più poveri dei poveri che lottano per la loro stessa sopravvivenza.

Forse è così che la Compagna Kamala morirà - mentre cerca di abbattere un elicottero militare o un jet durante un addestramento militare, con la sua pistola. O forse allora sarà passata ad un AK-47 o ad una mitragliatrice leggera razziate ad un'armeria governativa o ad un poliziotto ucciso. Forse allora i media "disponibili ai Servizi" avranno "gestito" le percezioni di quelli di noi che continuano ad essere "fuorviati" dal ricevere le notizie della sua morte.

Dunque qui sta lo Stato Indiano, in tutta la sua gloria democratica, volenteroso di saccheggiare, affamare, assediare, ed ora dispiegare la sua forza aerea in "autodifesa" contro i suoi cittadini più poveri.

Autodifesa. Si, certo. L'operazione Green Hunt è stata condotta in autodifesa da parte di un governo che sta cercando di ripristinare la terra ai poveri, la quale è stata strappata dalle Corporazioni Rosse.

Quando il governo utilizza l'offerta dei discorsi di pace per attirare il pesce dalle profondità alla superficie e poi ucciderlo, hanno questi discorsi di pace un futuro? Entrambe le parti sono davvero interessate alla pace? Sono i maoisti realmente interessati nella pace o nella giustizia, si chiede la gente, c'è qualcosa che possa venir offerto all'interno del sistema esistente che possa deviare i maoisti dal loro obiettivo dichiarato di rovesciare lo Stato Indiano? La risposta probabilmente è no. I maoisti non credono che il sistema vigente possa portare la giustizia. Il fatto è che un crescente numero di persone stanno iniziando ad essere d'accordo con loro. Se vivessimo in una società con un reale impulso democratico, una società nella quale la gente comune percepisse di poter lottare almeno per la giustizia, allora i maoisti apparirebbero solamente come un piccolo, marginalizzato gruppo di militanti con un interesse popolare davvero basso.

L'altra disputa è che i maoisti vogliono una tregua per allontanare l'attenzione per un periodo, così da poter utilizzare il tempo per riordinarsi e consolidare le loro posizioni. Azad, in un'intervista al The Hindu (14/4/2010) è stato sorprendentemente franco riguardo ciò: "Non c'è bisogno di molto buonsenso per capire che entrambe le parti utilizzeranno la situazione di una tregua per rafforzarsi." E' poi andato avanti a chiarire che una tregua, seppur temporanea, darebbe sollievo alla gente comune coinvolta nelle zone di guerra.

Il governo, d'altra parte, ha un bisogno disperato di questa guerra (leggere i giornali economici per capire quanto). Gli occhi della comunità economica internazionale sono delle trivelle nella sua schiena. Deve essere sviluppata, ed in fretta. Per mantenere la maschera, il governo deve continuare ad offrire il dialogo da una parte, e minarlo dall'altra. L'eliminazione di Azad è stata una vittoria importante perché ha ammutolito una voce che aveva iniziato a risuonare pericolosamente ragionevole. Almeno per il momento, i colloqui di pace sono stati deragliati con successo.

C'è da essere cinici riguardo la discussione attorno ai colloqui di pace. La cosa da ricordare per noi gente comune è che i colloqui di pace non possono voler dire l'intensificazione della guerra.

La Crisi della Democrazia indiana

Negli ultimi mesi, il governo ha riversato nella foresta decine di migliaia di truppe paramilitari pesantemente armate. I maoisti [i militanti naxaliti organizzati dentro il partito comunista indiano maoista, ndt] hanno risposto difendendosi con una serie di attacchi e imboscate. Oltre 200 poliziotti sono stati uccisi. I corpi stanno emergendo dalla foresta. Poliziotti morti avvolti nella bandiera nazionale, maoisti morti esposti come trofei di caccia, i loro polsi e caviglie legati a pali di bamboo; corpi riempiti di pallottole, corpi che non sembrano più umani, mutilati nelle imboscate, decapitazioni ed esecuzioni sommarie. Dei cadaveri seppelliti nella foresta, non si ha notizia. Il teatro di guerra è stato cordonato, chiuso ad attivisti e giornalisti. Non c'è più, dunque, la conta dei cadaveri.

Il 6 aprile 2010, nel suo attacco più grande di sempre, nel distretto di Dantewada, l’esercito popolare maoista il PLGA (L’Esercito Popolare di Liberazione) distrusse una compagnia della CRPF (Forza di Polizia della Riserva Centrale) e uccise 76 poliziotti. Il partito maoista emise un comunicato trionfale. La televisione ha sfruttato la tragedia per tutto quel che ne valeva la pena. La nazione è stata chiamata a condannare l'uccisione. Molti di noi non erano preparati a ciò - non perché celebriamo le uccisioni, non perché siamo tutti maoisti, ma perché abbiamo un'immagine scabrosa, intricata dell'Operazione Green Hunt. Per aver rifiutato di prendere parte nella crescente campagna di condanna, siamo stati bollati "simpatizzanti dei terroristi" e le nostre fotografie proiettate ripetutamente in TV come criminali ricercati.

Cosa ci faceva un contingente CRPF a pattugliare villaggi tribali con 21 fucili AK-47, 38 fucili Insas, sette fucili automatici, sei mitragliatrici leggere, un Stengun e un mortaio a 2 pollici? Porre questa domanda è equivalso ad un atto di tradimento nei confronti dello Stato Indiano.

Giorni dopo l'imboscata, mi imbattei in due commando paramilitari che chiacchieravano con un gruppo di autisti in un parcheggio di Delhi. Stavano aspettando il loro VIP emergere da qualche ristorante o centro di benessere o albergo. La loro prospettiva di quel che stava accadendo non trasmetteva ne dolore ne patriottismo. Era un semplice resoconto. Un bilancio. Stavano parlando di quanti lakhs [centinaia di migliaia ndt] di rupie di mazzette occorrono per entrare a lavorare nelle forze paramilitari, e come il più delle famiglie incorrono in grossi debiti per pagare quella mazzetta. Quel debito non potrà mai esser ripagato dai miserevoli salari pagati ai jawan, ad esempio. L'unico modo per ripagarlo è fare quello che i poliziotti in India fanno - ricattare e minacciare la gente, gestire la tutela del racket, chiedere riscatti, fare accordi sporchi. (Nel caso di Dantewada, saccheggiare i paesani, rubare contanti e gioielli.) Ma se l'uomo muore prematuramente, lascia le famiglie coi debiti fino al collo. La rabbia di quegli uomini nel parcheggio era diretta al governo e agli ufficiali di polizia che fanno una fortuna dalle tangenti e poi spediscono con nonchalance giovani uomini verso la morte. Sanno che il grosso compenso annunciato per i morti dell'attacco del 6 aprile era solo per smussare l'impatto dello scandalo. Non sarà mai una procedura di norma per ogni poliziotto che muore in questa sordida guerra.

C'è poco da sorprendersi poi se le notizie dalla zona di guerra parlano di agenti della CRPF sempre più riluttanti a compiere le perlustrazioni. Ci sono casi di uomini che truccano i loro diari, riempiendoli di perlustrazioni fantasma. Forse stanno iniziando a rendersi conto di essere solo povera spazzatura kaki - carne da macello nella guerra dell'uomo ricco. Ce ne sono migliaia che aspettano di rimpiazzare ognuno di loro quando se ne saranno andati.

Il 17 di maggio 2010, in un altro grosso attacco, i maoisti fecero saltare in aria un autobus a Dantewada e uccisero 44 persone. 16 di loro erano SPO (Agenti della Polizia Speciale), membri della terrorizzante milizia del popolo sponsorizzata dal governo, lo Salwa Judum. Il resto delle vittime erano, gente comune, per lo più adivasi. I maoisti espressero rammarico per aver ucciso dei civili, ma arrivarono molto più vicino ad imitare gli "effetti collaterali" utilizzati dallo Stato [come abbiamo ricordato l’autrice non è una militante maoista e proviene dalla sinistra liberale, in questo senso condanniamo una simile equazione espressa dall’autrice. Ricordiamo la battuta del celebre film del regista Pontecorvo La battaglia di Algeri, quando un soldato delle forze speciali francesi accusava i militanti algerini di mettere le bombe dentro i caffè frequentati da francesi ad Algeri, con la risposta dei militanti algerini: se avessimo i vostri bombardieri, non metteremmo i cestini pieni di bombe dentro i caffè, ndt]

Lo scorso mese in Bihar i maoisti sequestrarono quattro poliziotti e richiesero il rilascio di alcuni dei loro principali dirigenti. Pochi giorni dopo uccisero uno di loro, un poliziotto adivasi chiamato Lucas Tete. Due giorni dopo rilasciarono gli altri tre. Uccidendo un prigioniero in custodia i maoisti danneggiarono nuovamente la loro causa. E' stato un altro esempio della moralità dai volti di Giano della "violenza rivoluzionaria", della quale possiamo aspettarcene ancora molta nelle zone di guerra, nelle quali le tattiche battono la rettitudine e fanno del mondo un posto peggiore [la rivoluzione non è un pranzo di gala, ndt].

Non molti analisti e commentatori feriti dalle uccisioni maoiste di civili nel Dantewada hanno evidenziato allo stesso modo che nello stesso momento dell'attentato dei maoisti contro l'autobus, a Kalinganagar, in Orissa, e a Balitutha e Potko nello Jharkhand, la polizia aveva circondato diversi villaggi e sparato contro migliaia di manifestanti che stavano resistendo contro la confisca delle loro terre da parte dei Tata, degli Jindal e dei Posco. L'assedio continua tuttora. I feriti non possono essere trasportati all'ospedale a causa dei cordoni di polizia. Video caricati su Youtube mostrano celerini, a centinaia, confrontarsi con paesani comuni, alcuni di questi armati di archi e frecce.

Un favore che l'Operazione Green Hunt ha fatto alla gente comune è che gli ha chiarito le cose. Addirittura i bambini nei villaggi sanno che la polizia lavora per le "compagnie" e che l'Operazione Green Hunt non è una guerra contro i maoisti. E' una guerra contro i poveri.

Non c'è niente di limitato riguardo a quello che sta succedendo. Stiamo osservando una democrazia rivoltarsi contro se stessa, cercando di divorare i propri arti. Stiamo guardando in modo incredulo come quegli arti rifiutano di essere divorati.


Di tutte le varie formazioni politiche coinvolte nella insurrezione corrente, nessuna è più controversa del Partito Comunista Indiano - CPI (maoista). La ragione più ovvia è il suo non apologetico primo piano della lotta armata come unica via per la rivoluzione. Il libro di Sumanta Banerjee "Sulla Scia di Naxalbari" è uno dei più completi resoconti del movimento. Documenta i primi anni, la quasi scervellata maniera con la quale i naxaliti cercarono di far partire la Rivoluzione Indiana "annichilendo il nemico di classe" e aspettandosi un sollevamento spontaneo delle masse. Descrive la contorsione che dovette fare per rimanere allineato con la politica estera cinese, come si diffuse da stato a stato, e come il naxalismo fu schacciato senza pietà.

La sinistra ortodossa e l'intellighenzia liberale difendono in modo mistico lo Stato indiano, condannando tutto e tutti coloro che incrinano l’attuale stato di cose presenti. E' come se, di fronte ad una situazione con autentico potenziale rivoluzionario, non battessero ciglio, anzi si adoperassero per difendere i soliti noti...
I partiti politici e gli individui che negli ultimi 25 anni non hanno mai dato il loro supporto ad esempio al Narmada Bachao Andolan, oppure marciato in solidarietà con nessuno dei numerosi movimenti popolari pacifici del paese, hanno improvvisamente iniziato ad esaltare le virtù della non violenza e della Satyagraha gandhiana. Dall'altra parte, quelli che sono stati attivamente coinvolti in queste lotte possono discordare fortemente con i maoisti, forse diffidano o addirittura sono esasperati da loro, ma li vedono come una parte della stessa resistenza.

E' difficile dire chi odia di più i maoisti - se lo Stato indiano, il suo esercito di esperti di strategia e la sua istintiva classe media destroide, oppure il Partito Comunista Indiano (CPI) e il Partito Comunista Indiano (marxista), usualmente chiamato CPM, le diverse correnti secessioniste che facevano parte del marxismo-leninismo originale o della sinistra liberale. La discussione inizia con la terminologia. I comunisti ortodossi non credono affatto che il "maoismo" sia un "ismo". I maoisti a loro volta definiscono i partiti comunisti tradizionali "social-fascisti" e li accusano di "economicismo" - fondamentalmente, di allontanare gradualmente la prospettiva di una rivoluzione.

Ogni fazione si considera come l'unico vero partito o formazione politica marxista rivoluzionaria. Ognuno crede che l'altro abbia mal interpretato la teoria comunista ed equivocato la storia. Tutti quelli che non sono militanti di uno o dell'altro gruppo saranno capaci di vedere che nessuno di loro ha completamente torto o completamente ragione riguardo a quel che dicono. Ma altre scissioni amare, non diverse da quelle delle sette religiose, sono il corollario naturale della rigida conformità alla linea del partito richiesta da tutti i partiti comunisti. S'immergono dunque in un mare d'insulti che rimandano alle rivoluzioni russa e cinese, ai grandi dibattiti tra Lenin, Trotsky e Stalin, al Libretto Rosso del Presidente Mao. Si accusano a vicenda di "applicare non correttamente" il "pensiero marxista-leninista-maoista", quasi fosse un unguento applicato dalla parte sbagliata (il mio saggio precedente "Camminando con i compagni" è atterrato direttamente nella traiettoria di questo dibattito. Ha avuto la sua discreta parte di insulti divertenti, che meriterebbero un opuscolo separato).

Oltre al dibattito se entrare o meno nella politica elettorale, le maggiori discordie tra i vari filoni del comunismo in India è centrato attorno alla loro lettura se le condizioni nel paese sono mature per la rivoluzione. E' questa prateria pronta per il fuoco, come annunciò Mao in Cina, o è ancora troppo umida per essere accesa da una singola scintilla? Il problema è che l'India vive in diversi secoli allo stesso tempo, quindi forse la prateria, quella vasta estensione di terreno erboso piatto, è l'analogia errata per il paesaggio politico e sociale indiano. Forse un "labirinto" sarebbe migliore. Per giungere ad un consenso riguardo i tempi della rivoluzione è probabilmente impossibile. Quindi tutti marciano verso il proprio battito di tamburo. Il CPI e il CPM hanno più o meno posticipato la rivoluzione all'aldilà. Per Charu Majumdar, fondatore del movimento naxalita, era destinata ad accadere 30 anni fa. Per Ganapathy, il capo odierno dei maoisti, mancano 50 anni.

Oggi, 40 anni dopo l'insurrezione di Naxalbari, la principale accusa ai maoisti dalla sinistra parlamentare continua ad essere la stessa. Sono accusati di soffrire di quello che Lenin definì come "disordine infantile", di sostituire la politica di massa con il militarismo e di non aver lavorato nella costruzione di un autentico proletariato rivoluzionario. Sono visti come aventi disprezzo per la classe lavoratrice urbana, di essere una forza ideologicamente ossificata che può funzionare solamente come una rana-sulla-schiena dell'"innocente" (leggere primitiva) popolazione tribale abitante la giungla che, secondo i marxisti ortodossi, non ha un vero potenziale rivoluzionario (questo non è forse il luogo di dibattere una visione che dice che le persone devono diventare prima lavoratori salariati, schiavizzati in un sistema industriale centralizzato, prima di poter essere considerati dei rivoluzionari).

L'accusa che i maosti siano irrilevanti per i movimenti della classe lavoratrice urbana, al movimento dei Dalit, alla situazione critica degli agricoltori e dei lavoratori dell'agricoltura al di fuori della foresta, è vero [Non concordiamo con quanto scritto dall’autrice, sicuramente esiste una difficoltà nello sviluppo urbano del partito nelle aree urbane, ma si deve tenere in considerazione la strategia complessiva dei maoisti, l’accerchiamento delle campagna rispetto alle città, e in questo senso si spiega l’estrema attenzione dei maoisti per le fasce contadine e tribali, inoltre non è seondario ricordare che esistono importanti organizzazioni studentesche di massa nelle principali citta università indiane dirette in modo clandestino dai maoisti, ndt]. Non c'è dubbio che la politica militarizzata del Partito Maoista impedisce ad essa di funzionare in luoghi dove non c'è la protezione della foresta. Nonostante ciò, potrebbe essere argomentato allo stesso modo che i maggiori partiti comunisti sono riusciti a sopravvivere nella politica che conta solo compromettendo le loro ideologie così drasticamente che è impossibile oramai constatare la differenza tra loro e gli altri partiti politici borghesi. Si potrebbe affermare che quelle fazioni minori che sono rimaste relativamente integre, sono riuscite a rimanerlo solo perché non sono una minaccia per nessuno.

Qualsiasi siano i loro errori o raggiungimenti come partiti borghesi, ormai pochi assocerebbero il termine "rivoluzionario" al CPI o al CPM (il CPI gioca effettivamente un ruolo in alcune delle lotte contro le compagnie minerarie in Orissa.). Ma anche nella loro sfera d'influenza non possono sostenere di aver prestato un grande servizio al proletariato che dicono di rappresentare. A parte i loro bastioni tradizionali in Kerala e nel West Bengala, nei quali stanno perdendo la presa, hanno poca presenza in qualsiasi altra parte del paese, urbana o rurale, foresta o pianura. Hanno affondato i loro sindacati. Non sono stati capaci di tamponare la massiccia perdita di posti di lavoro e il virtuale scioglimento della forza lavoro regolare causata dalla meccanizzazione e dalle nuove politiche economiche. Non sono stati capaci di prevenire il sistematico smantellamento dei diritti dei lavoratori. Sono stati capaci di alienarsi quasi completamente il supporto dalle comunità adivasi e dalit. In Kerala molti direbbero che hanno operato meglio degli altri partiti politici, ma il loro "governo" trentennale in West Bengala ha lasciato quello stato in rovina. La repressione scatenata nel distretto di Nandigram e a Singur, ed ora contro gli adivasi di Jangalmahal, li allontanerà dal potere per un paio d'anni (fintanto che servirà a Mamta Banerjee del Trinamool Congress a dimostrare che lei non è il contenitore in cui la gente dovrebbe riversare le proprie speranze). Ad ogni modo, elencare la litania dei peccati dei partiti comunisti tradizionali, non dovrebbe venir festeggiato. Almeno finché non si prospetta in India un nuovo, più vitale ed autentico movimento di sinistra.

I maoisti (nel loro avatar odierno come in quelli passati) hanno avuto una traiettoria politica differente. La redistribuzione della terra, se necessario con mezzi violenti, è sempre stato il fulcro della loro attività politica. Sono stati completamente infruttuosi in questo tentativo. Ma i loro interventi militanti, nei quali migliaia dei loro quadri - come pure gente comune - ha pagato con la vita, hanno fatto brillare una luce nell'ingiustizia strutturale profondamente radicata della società indiana. Soni i soli, dai tempi del movimento di Telengana, il quale è in qualche modo il precursore del sollevamento di Naxalbari, ad aver provocato una rabbia contro lo sfruttamento e un desiderio di auto-rispetto in alcune delle comunità maggiormente oppresse. In West Bengala ha portato all'Operazione Bargadar ("mezzadro") e in una molto minore misura in Andrea Pradesh ha imbarazzato il governo costringendolo a portare avanti qualche riforma agraria. Ancora oggi, tutti i discorsi del primo ministro sullo "sviluppo diseguale" e lo "sfruttamento" delle aree tribali, i piani del governo di trasferire i fondi della Joint Forest Management dal Dipartimento Forestale direttamente ai Gram Panchayat, l'annuncio della Commissione della Pianificazione di stanziare 140 miliardi di rupie per lo sviluppo tribale, non deriva da un interessamento sincero, ma come strategia per disinnescare la "minaccia" maoista. Se questi fondi finiscono per beneficiare la comunità adivasi, invece di venir dirottati da intermediari, allora si dovrebbe sicuramente dare qualche credito alla "minaccia". E' interessante notare che nonostante i maoisti non abbiano virtualmente alcuna presenza politica al di fuori dell'area forestale, ce l'hanno nell'immaginazione popolare, una presenza sempre più bendisposta, come un partito che lotta per i poveri contro l'intimidazione e i soprusi dello Stato. Se l'Operazione Green Hunt da una guerra "sub-convenzionale" passa ad una guerra totale, se gli adivasi comuni iniziano a morire in grande numero, questa bendisposizione potrebbe infiammarsi in modi inaspettati.

Una delle peggiori accuse mosse contro i maoisti è che i loro dirigenti hanno l'interesse di mantenere la gente povera ed analfabeta in modo da mantenere l'influenza su di loro. I critici chiedono perché, dopo aver lavorato in aree come Dandakaranya per 30 anni, non hanno ancora promosso scuole e cliniche, perché non hanno controllato le dighe e avanzato l'agricoltura, e perché la gente continua a morire di malaria e malnutrizione. Buona domanda. Che però ignora la realtà di quel che vuol dire essere un'organizzazione bandita e i cui membri - anche se sono dottori o insegnanti - sono soggetti a venir uccisi a vista. Sarebbe maggiormente utile rivolgere la stessa domanda al governo dell'India, che non possiede nessuna di queste coercizioni. Perché nelle aree tribali non controllate da maoisti non ci sono scuole, ospedali, e controllo delle dighe? Perché la popolazione in Chattisgarh soffre di una così acuta malnutrizione che i dottori hanno iniziato a chiamarla "AIDS nutrizionale" a causa degli effetti che comporta sul sistema immunitario umano?

Nel loro capitolo censurato dal rapporto ministeriale del Panchayati Raj, Ajay Dandekar e Chitrangada Choudhury (per niente ammiratori dei maoisti - l'ideologia del partito infatti per loro è "brutale e cinica") scrivono:

"Dunque i maoisti oggi hanno un doppio effetto sul terreno nelle aree PESA. In virtù delle armi che brandiscono, sono capaci di suscitare una certa paura nell'amministrazione a livello distrettuale/di caseggiato/di villaggio. Di conseguenza prevengono l'impotenza del paesano medio riguardo la negligenza o violazione delle leggi protettive come la PESA, ad esempio, ammonendo i talathi, che potrebbero chiedere tangenti in cambio dell'adempimento dei loro compiti affidatigli sotto l'Atto dei Diritti della Foresta, i commercianti che potrebbero pagare una tassa di sfruttamento per la produzione forestale, o gli appaltatore che vìolano lo stipendio minimo. Il partito ha inoltre compiuto un'immensa quantità di sviluppo rurale, come ad esempio mobilizzare il lavoro comunitario per gli stagni, la raccolta dell'acqua piovana e lavori per la conservazione del territorio nella regione di Dandakaranya, dove i paesani hanno testato l'incremento dei raccolti e migliorato la loro situazione di sicurezza alimentare."

Nella loro analisi empirica recentemente pubblicata sull'operato dello Schema Nazionale di Garanzia dell'Occupazione Rurale (NREGA) in 200 distretti con presenza maoista in Orissa, Chhattisgarh e Jharkhand, apparso nel The Economic and Political Weekly, gli autori Kaustav Banerjee e Partha Saha scrivono:

“L'analisi di campo ha rivelato che le accuse che i maoisti abbiano bloccato gli schemi di sviluppo non sembra avere molto fondamento. In effetti il distretto di Bastar sembra andare molto meglio per quanto riguarda lo NREGA, rispetto ad altre aree . . . per di più, la lotta per gli salari, l'applicazione dei salari minimi possono esser fatti risalire alla lotta per i salari guidata dai maoisti in quest'area. Un chiaro risultato in cui ci siamo imbattuti è il raddoppiamento dei salari per la raccolta delle foglie di tendu nella maggior parte delle aree maoiste . . . Ancora, i maoisti hanno incoraggiato la condotta del controllo sociale dato che questo aiuta la creazione di un nuovo tipo di pratica democratica finora mai vista in India."

Implicito in molti dibattiti riguardanti i maoisti è la vecchia, paternalistica tendenza a gettare "le masse", il popolo adivasi in questo caso, nel ruolo del branco stupido, controllato completamente da un pugno di perfidi "esterni". Un professore universitario, un noto persecutore dei maoisti, ha accusato i dirigenti del partito di essere parassiti verso i poveri adivasi. Per sostenere i suoi argomenti, ha paragonato la mancanza di sviluppo in Dandakaranya con la prosperità in Kerala. Dopo aver suggerito che i dirigenti non adivasi sono tutti dei codardi "nascondendosi al sicuro nella foresta", ha fatto appello a tutti i guerriglieri maoisti adivasi e alle milizie di villaggio di arrendersi di fronte ad un gruppo di attivisti gandhiani di classe media (scelti da lui). Ha fatto appello affinchè la dirigenza non adivasi venga processata per crimini di guerra. Perché i non adivasi gandhiani sono accettabili, mentre non lo sono i non adivasi maoisti, questo non l'ha detto. C'è qualcosa di molto preoccupante circa questa incapacità di dare credito alla gente comune di essere capace di saper valutare e prendere decisioni proprie.

In Orissa, per esempio, ci sono diverse lotte intraprese da movimenti di resistenza non armati che spesso hanno differenze nette tra loro. E nonostante ciò tutti loro sono riusciti a bloccare temporaneamente l'avanzamento di alcune grosse corporazioni - le Tata a Kalinganagar, Posco a Jagatsinghpur, Vedanta al Niyamgiri. A differenza del distretto di Bastar, dove controllano il territorio e sono ben trincerati, i maoisti tendono ad usare l'Orissa solo come un corridoio per far transitare le loro squadre. Ma con l'avvicinarsi delle forze di sicurezza ai movimenti pacifici e l'aumento della repressione, la popolazione locale deve pensare molto bene circa i pro e i contro di coinvolgere il Partito maoista nelle loro lotte. Vorranno le loro squadre armate rimanere e combattere l'oppressione di stato che segue inevitabilmente un’azione" maoista? O si ritireranno e lasceranno la popolazione indifesa affrontare il terrore poliziesco? Attivisti e gente comune sono stati ingiustamente accusati di essere maoisti e sono già stati incarcerati. Molti sono stati uccisi a sangue freddo. Ma una danza nervosa, inquieta, continua tra la resistenza non armata e il CPI (maoista). Occasionalmente, il partito ha fatto cose irresponsabili che hanno portato a conseguenze terribili per la gente comune. Nel 2006 al picco delle tensioni tra i dalit e le comunità adivasi nel distretto di Kandhamal, i maoisti colpirono a morte Laxmananda Saraswati, leader del Vishwa Hindu Parishad, una formazione fascista, operanti tra gli adivasi per "riportarli nell'ovile Hindu". Dopo l'uccisione, tribali Kandha inferociti, di recente convertiti all'induismo, sono stati incoraggiati a scatenarsi. Quasi 400 villaggi sono stati sconvolti dalla violenza anti-cristiana. 54 cristiani Panna Dalit sono stati uccisi, oltre 200 chiese arse. Decine di migliaia hanno dovuto abbandonare le proprie case. Molti vivono tutt'ora in campi, impossibilitati al ritorno. Alquanto differente, ma con una ugualmente pericolosa situazione è la zona del Narayanpatna e del Koraput, distretti dove lo Chasi Mulia Adivasi Sangh (che la polizia definisce maoista) sta lottando per restituire la terra illegalmente sottratta agli adivasi da parte di usurai e commercianti di liquori locali (molti di loro dalit). Queste aree vacillano sotto il terrore poliziesco, con centinaia di adivasi gettati nelle prigioni del Koraput e con migliaia che vivono nella foresta, impauriti di tornare a casa.

Persone che vivono in situazioni come questa non prendono semplicemente istruzioni da un pugno di ideologi che spuntano dal nulla agitando armi. Le loro decisioni riguardo a quale strategia assumere parte da una miriade di considerazioni: la storia della lotta, la natura della repressione, l'urgenza della situazione, e, piuttosto cruciale, la conformazione del territorio nel quale la loro lotta è in atto. La decisione se essere gandhiani o maoisti, militanti o pacifici, oppure un pò entrambi (come a Nandigram), non è sempre morale o ideologica. Spesso è tattica. La satyagraha gandhiana, ad esempio, è una specie di teatro politico. Affinchè sia efficiente, necessita di un pubblico favorevole, che i paesani nella selva profonda non hanno. Quando una forza di 800 poliziotti dispongono un cordone attorno ad un villaggio nella foresta di notte ed iniziano a bruciare case e sparare alla gente, può uno sciopero della fame aiutare? (Possono persone affamate iniziare uno sciopero della fame? E funzionano scioperi della fame quando non vanno in tv?) Allo stesso modo, la guerriglia è una strategia che i villaggi nelle pianure, senza un riparo per una ritirata strategica, non si possono permettere. Fortunatamente le persone sono capaci di sfondare le categorie ideologiche, e di essere gandhiani a Jantar Mantar, militanti nelle pianure e guerriglieri nelle foreste senza necessariamente soffrire di una crisi d'identità. La forza dell'insurrezione in India sta nella sua diversità, non nell'uniformità.

Da quando il governo ha espanso la sua definizione di "maoista" per includere tutti quelli che lo oppongono, non dovrebbe sorprendere che i maoisti sono apparsi al centro della scena. Ciononostante, la loro inflessibilità dottrinale, la loro reputata inabilità a consentire il dissenso, a lavorare con le altre forze politiche e, soprattutto, la loro attitudine militare ostinata e feroce, li rende troppo piccoli per farli riempire il paio di stivali giganteschi che sono al momento in offerta.

Quando incontrai il Compagno Roopi nella foresta, la prima cosa che il techie-whiz fece dopo avermi accolta è chiedermi di un'intervista che feci poco dopo che i maoisti ebbero attaccato Rani Bodili, una scuola femminile nel distretto di Dantewada trasformata in una caserma di polizia. Oltre 50 poliziotti ed SPO furono uccisi nell'attacco. "Siamo lieti che tu non abbia condannato il nostro attacco a Rani Bodili, però poi nella stessa intervista hai detto che se i maoisti andranno un giorno al potere la prima persona che impiccherebbero saresti probabilmente tu," disse. "Perché hai detto ciò? Peché pensi che siamo così?" Stavo elaborando la mia lunga risposta, ma siamo stati distratti. Avrei probabilmente iniziato con le purghe di Stalin - nelle quali milioni di persone comuni e quasi metà dei 75000 ufficiali dell'Armata Rossa sono stati imprigionati o fucilati, e 98 dei 139 membri del Comitato Centrale furono arrestati; avrei continuato con l'enorme prezzo che il popolo pagò per il Gran Balzo in Avanti cinese e la Rivoluzione Culturale; e potrei aver concluso con l'incidente di Pedamallapuram in Andhra Pradesh, quando i maoisti, nella loro precedente Guerra del Popolo, uccisero il sarpanch del villaggio e aggredirono le attiviste che rifiutarono di obbedire ai loro appelli a boicottare le elezioni.

Ritornando alla domanda: chi può riempire quel gigantesco paio di stivali? Forse non possono, o non dovrebbero, essere un singolo paio di piedi. A volte sembra come se quelli che possiedono una visione radicale per un mondo nuovo e migliore, non hanno la forza necessaria per resistere all'offensiva militare, e quelli che possiedono questa forza, non hanno quella visione.

In questo momento i maoisti sono la sezione maggiormente militante di un vasta serie di movimenti di resistenza che combattono un assalto alle terre natie degli adivasi da parte di un cartello di compagnie minerarie ed edilizie. Dedurre da ciò che il CPI (maoista) sia un partito con un nuovo modo di concepire lo "sviluppo" o l'ambiente potrebbe essere un poco forzato. Un segno rassicurante è che ha prudentemente affermato di essere contrario alle grandi dighe. Se facesse quanto dichiarato, questo da solo porterebbe automaticamente ad un modello di sviluppo radicalmente diverso. Per un partito politico che è ampiamente visto come un oppositore delle aggressioni delle corporazioni minerarie, la politica (e pratica) maoista riguardo le miniere rimane piuttosto confusa. In vari posti dove la popolazione sta lottando contro le compagnie minerarie c'è un parere diffuso che i maoisti non sono avversi a permettere i progetti estrattivi ed infrastrutturali correlati, di andare avanti, fintantoché ricevono dalle compagnie denaro protettivo. Da interviste e dichiarazioni fatte dai loro dirigenti intorno alla questione delle miniere, quello che emerge è un approccio della serie "faremo un lavoro migliore". Promettono vagamente l'estrazione "sostenibile per l'ambiente", diritti di sfruttamento maggiori, migliori reinsediamenti per i dislocati e maggiori interessi per gli "azionisti". (Anche il ministro per l'estrazione e le risorse minerarie, ragionando sulla stessa linea, promise in parlamento che il 26 per cento dei "profitti" dall'estrazione andranno allo "sviluppo tribale". Che festa ci sarà per i maiali al trogolo!)

Ma diamo una rapida occhiata all'attrazione principale nella cintura mineraria - bauxite per varie migliaia di miliardi. Non vi è un modo sostenibile per l'ambiente di estrarre la bauxite ed elaborarla in alluminio. E' un processo altamente tossico che la maggior parte dei paesi occidentali hanno esportato fuori dal loro ambiente. Per produrre una tonnellata di alluminio ci vogliono circa sei tonnellate di bauxite, più di mille tonnellate d'acqua e una massiccia quantità di energia elettrica. Per queste quantità di acqua ci vogliono le grandi dighe, che, come sappiamo, appaiono con il loro ciclo di distruzione cataclismica. Ultimo - la grande questione - quale funzione per l'alluminio? Dov'è destinato? L'alluminio è il principale elemento dell'industria bellica - per l'industria bellica di altri paesi. Detto questo, quale sarebbe una politica mineraria sana e sostenibile? Supponendo, per lo scopo della discussione , che il CPI (maoista) abbia il controllo del cosiddetto Corridoio Rosso, la patria dei tribali - con le sue ricchezze di uranio, bauxite, calcare, dolomite, stagno, granito, marmo - come andrebbe l'operato delle politiche e della governance? Estraerebbero i minerali da mettere sul mercato per creare reddito, creerebbero ed espanderebbero le infrastrutture? Oppure estraerebbero solo il necessario per andare incontro ai fabbisogni primari della popolazione? Come definirebbero i "bisogni primari"? As esempio, le armi nucleari sarebbero un "fabbisogno di base" in uno stato-nazione maoista?

A giudicare da quel che sta succedendo in Russia e in Cina, e anche in Vietnam, le società comuniste e capitaliste hanno finalmente trovato una cosa in comune - il DNA dei loro sogni. Dopo le loro rivoluzioni, dopo aver costruito società socialiste in cui milioni di lavoratori e contadini pagarono con le loro vite, entrambi i paesi ora hanno iniziato ad invertire alcune delle conquiste delle rispettive rivoluzioni e sono passati a sfrenate economie capitaliste. Anche per loro le capacità di consumare sono diventate la misura del progresso. Per questo tipo di "progresso" c'è bisogno dell'industria. Per alimentare l'industria c'è bisogno di un'approvvigionamento stabile di materie prime. Per questo, c'è bisogno di miniere, dighe, dominazione, colonie, guerra. Le vecchie potenze sono in declino, le nuove in crescita. Stessa storia, diversi attori - i paesi ricchi saccheggiare quelli poveri. Ieri erano l'Europa e l'America, oggi sono l'India e la Cina. Domani forse l'Africa. Ma ci sarà un domani? Forse è troppo tardi per chiederlo, ma allora la speranza ha poco a che fare con la ragione.

Ci possiamo aspettare che un'alternativa a quella che sembra una morte certa per il pianeta arrivi dall'immaginazione che ha portato questa crisi in primo luogo? Sembra poco probabile. L'alternativa, se esiste, emergerà dai luoghi e dai popoli che hanno resistito all'impeto egemonico del capitalismo e dell'imperialismo invece di venirne cooptati.

Qui in India, pure in mezzo a tutta la violenza e l'avidità, c'è ancora un'immensa speranza. Se nessuno può farlo, lo possiamo fare noi. Abbiamo pur sempre una popolazione che non è ancora stata completamente colonizzata da quel sogno consumista. Abbiamo una tradizione vivente di quelli che hanno lottato per la visione gandhiana di sotenibilià e di fiducia in sé, per le idee socialiste di egualitarismo e giustizia sociale. Abbiamo la visione di Ambedkar, che sfida seriamente sia i gandhiani che i socialisti. Abbiamo la più spettacolare coalizione di movimenti di resistenza.

Più importante di tutto, l'India ha una popolazione superstite di adivasi di quasi 100 milioni. Loro sono quelli che ancora conoscono i segreti del vivere in modo sostenibile. Se scompaiono, porteranno questi segreti con sé. Guerre come l'Operazione Green Hunt li faranno scomparire. Dunque, una vittoria per i prosecutori di queste guerre conterrà anche i semi della distruzione, non solo per gli adivasi, ma, alla fine, anche per la razza umana. Per questo la guerra nell'India centrale è così importante. Per questo abbiamo bisogno di un reale e urgente dialogo tra tutte quelle formazioni politiche che ancora resistono a questa guerra.

Il giorno che il capitalismo verrà forzato a tollerare le società non capitaliste nel suo seno e riconoscerà i limiti della sua ricerca del dominio, il giorno in cui sarà costretto a riconoscere che il suo approvvigionamento di materie prima non sarà infinito, è il giorno in cui il cambiamento avverrà. Se c'è qualche speranza per il mondo, non vive nelle sale conferenza sui cambiamenti climatici o nelle città con edifici alti. Vive in basso sulla terra, con le sue braccia attorno al popolo che lotta ogni giorno per proteggere le proprie foreste, le montagne e i fiumi, perché sanno che le foreste, le montagne e i fiumi li proteggeranno.

Il primo passo verso il riconcepimento di un mondo terribilmente sbagliato sarebbe interrompere l'annientamento di quelli che hanno una visione diversa - una visione estranea al capitalismo e al comunismo. Una visione che abbia una comprensione del tutto differente di quello che costituisce la felicità e la soddisfazione. Per ottenere questo spazio filosofico, è necessario concedere un pò di spazio fisico per la sopravvivenza di quelli che possono sembrare i custodi del passato, ma che possono davvero essere le guide del nostro futuro. Per far ciò, dobbiamo chiedere ai nostri governanti: potete lasciare l'acqua nei fiumi? Gli alberi nella foresta? Potete lasciare la bauxite nelle montagne? Se rispondono di non poterlo fare, allora forse dovrebbero smetterla di predicare la moralità alle vittime delle loro guerre.


La traduzione è stata curata dalla Redazione di Bologna di Contropiano

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