Per la libertà di Saibaba, di Varavara Rao e di tutti i prigionieri politici in India
Appello alla mobilitazione internazionale
La ferocia che l’attuale governo indiano di Narendra Modi mette in atto quotidianamente contro il proprio popolo mostra il vero volto di un sistema assolutamente reazionario e ingiusto il cui unico obbiettivo è salvaguardare le classi dominanti al potere, i propri privilegi politici e di casta… una ferocia che chiama fortemente alla solidarietà e all’azione.
Per provare a zittire tutte le voci che denunciano le atrocità commesse nel Paese, il governo ha arrestato e continua ad arrestare una quantità impressionante di militanti, professori, studenti, artisti, membri di organizzazioni democratiche, tutti colpevoli di stare dalla parte del popolo a fronte della guerra al popolo scatenata dallo Stato indiano; un popolo costretto a difendersi non solo dalle varie leggi contro il “terrorismo”, ma anche contro quelle palesemente razziste e discriminatorie come le ultime sulla “cittadinanza” apertamente contro milioni di musulmani; un popolo fatto di donne, di femministe unitesi per ribellarsi contro la galoppante escalation di stupri, spesso commessi da forze armate e di polizia e squadre fasciste paramilitari spalleggiate dallo Stato.
Nelle prigioni i detenuti subiscono ogni tipo di abuso, torture, negazione della libertà su cauzione,
condizioni di vita disumane, trasferimenti arbitrari, aggressioni brutali e punizioni in isolamento totale, e sempre più spesso le detenute sono violentate.
condizioni di vita disumane, trasferimenti arbitrari, aggressioni brutali e punizioni in isolamento totale, e sempre più spesso le detenute sono violentate.
Tra questi detenuti ci sono intellettuali come il professore di inglese all’Università di Delhi, GN Saibaba, invalido al 90% e in sedia a rotelle, rinchiuso oramai da alcuni anni nella prigione di Nagpur in una “anda cell” (in isolamento) afflitto da molte patologie e le cui condizioni di salute peggiorano costantemente.
Nelle nere carceri del regime c’è anche il noto poeta Varavara Rao, un artista militante di ottanta anni, praticamente da sempre perseguitato dai governi e adesso dal governo Modi, e tantissimi altri, tutti colpevoli, agli occhi del regime reazionario, fascista indù di Modi, di voler difendere e dare voce agli oppressi del paese, e sono ben oltre 10.000 i prigionieri politici che nella folle difesa del sistema sociale indiano, il governo tiene in galera; prigionieri incriminati con accuse costruite ad arte, attraverso tribunali di regime che non riescono mai a presentare vere prove di colpevolezza; molti di loro scontano pesanti condanne, in forza delle leggi draconiane adottate dai governi centrali e statali, che marchiano i dirigenti popolari i protagonisti di lotte come “elementi anti-nazionale o terroristi”.
È chiaro che le sentenze vengono decise per terrorizzare tutte le voci di ribellione e democratiche di dissenso contro il governo delle caste superiori Brahmaniche Hindutva del BJP, il partito di Modi.
Nonostante le feroci condizioni di detenzione, che non sono state minimamente allentate nemmeno in questo periodo di pandemia da coronavirus, e, anzi, durante il quale, se possibile, peggiora ancora di più la loro salute, trasformando le carceri in trappole mortali, i prigionieri resistono e lottano con spirito rivoluzionario e trasformano le oscure galere in cui sono rinchiusi in un fronte di lotta contro l’ascesa del fascismo in India e il regime indiano.
Un regime reazionario che, anche al servizio dell’imperialismo, non perde occasione di sbandierare la propria politica come necessaria allo “sviluppo”.
Ma non solo lo “sviluppo” determinato in India da oltre vent’anni di politiche neoliberiste applicate da tutti i governi e tutti i partiti a vantaggio delle classi dominanti indiane, dei loro padroni imperialisti e le loro multinazionali, non ha prodotto significativi miglioramenti negli standard di vita della gran massa del popolo dell’India, ma non ha neppure portato alcun progresso nei rapporti sociali e culturali, sulla condizione di emarginazione e oppressione delle masse di contadini e braccianti senza terra nelle campagne e degli intoccabili, delle minoranze religiose e nazionali, delle donne, nelle città e in tutto il paese, anzi, al contrario la loro situazione è in realtà perfino peggiorata.
I meccanismi di espropriazione delle terre e del surplus agricolo anche dei contadini medi si sono fatti più sofisticati e spietati, Il sistema delle caste si è rafforzato. L’occupazione militare di Kashmir, Manipur e altre regioni contro i movimenti di liberazione nazionale è continuata e si è ancora inasprita. I pogrom contro le minoranze religiose e culturali, in particolare i musulmani, si sono ripetuti. Gli orribili episodi di stupri e assassinii di donne sono diventati fatto quotidiano. L’intolleranza, disprezzo e criminalizzazione di intellettuali democratici giovani critici e ogni voce di dissenso si sono fatti sistema.
In questi anni le classi dominanti indiane spalleggiate dall’imperialismo hanno lanciato l’Operazione Green Hunt, e altre operazioni diversamente denominate, che sono state un’autentica guerra contro il loro stesso popolo, miranti a cancellare ogni resistenza, ma soprattutto a decapitare e annientare il movimento rivoluzionario maoista che ha guadagnato forza e terreno, estendendosi in nuove aree.
Una sporca guerra, condotta con impiego di mezzi enormi in termini di truppe, armamenti e tecnologie. Si applica la già nota strategia di “guerra a bassa intensità”, ma di altissima intensità sono i crimini efferati quotidianamente perpetrati.
In questi anni, centinaia di combattenti e dirigenti, sindacali, politici e rivoluzionari sono stati massacrati nei famigerati “falsi scontri”, decine di migliaia gli adivasi, contadini, operai, donne, studenti, giovani musulmani, intellettuali, attivisti dei diritti umani e delle nazionalità oppresse che sono stati arrestati e restano incarcerati senza processo, tutti invariabilmente marchiati come “maoisti” o “terroristi”. Queste Operazioni repressive hanno trasformato l’intero subcontinente della “più grande democrazia del mondo” in una “prigione dei movimenti popolari”.
Ulteriori migliaia di paramilitari, agenti di polizie e milizie private hanno mano libera nei loro attacchi al popolo. Significa mobilitazione reazionaria delle organizzazioni di massa “zafferano” e normalizzazione e “zafferanizzazione” dell’educazione e della cultura.
Ogni giorno di più l’intero subcontinente, non solo i territori in cui agiscono e combattono i rivoluzionari maoisti, diventa terreno di azione delle forze statali e della loro violenza impunita. In ultima istanza il bersaglio non sono più solo i “maoisti”, i “terroristi” e le masse tribali da questi “strumentalizzate”, ma ogni opposizione organizzata, ogni singola voce che si opponga allo “sviluppo” dell’India come nuova potenza internazionale. Il regime di Modi proietta anche a livello internazionale, con pressioni ai governi occidentali perché fermino e colpiscano la solidarietà che a livello mondiale è cresciuta contro Green Hunt e la repressione di stato e a sostegno della guerra popolare, mobilitandosi in azioni in decine di paesi in tutto il mondo.
Per tutte queste ragioni lanciamo una Giornata Internazionale di Solidarietà che chiamiamo a organizzare con azioni presso ambasciate, consolati e altre istituzioni governative indiane, con presidi, proteste e conferenze stampa che chiedano a gran voce la fine della “guerra al popolo”, per opporre una nuova fase della solidarietà internazionale, smascherare e ribattere le menzogne e l’arroganza del regime braminico fascista indù di modi e i suoi padrini imperialisti.
Anche su questo sono a disposizione di tutti quanti raccoglieranno l’appello molti materiali di informazione, agitazione e propaganda utili nella preparazione e svolgimento delle iniziative.
Richiedeteli a csgpindia@gmail.com
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