In India, la “democrazia più grande del mondo”, ovvero
democrazia borghese sinonimo di dittatura della borghesia e del capitale, i
rivoluzionari prigionieri sono un pericolo e fanno paura al sistema anche nelle
carceri.
Infatti mentre la più grande rivoluzione del mondo
fronteggia la controrivoluzione genocida dello stato fascista indiano che rade
al suolo interi villaggi per spianare il terreno (letteralmente) alle
multinazionali, stupra e uccide “minoranze etniche”, sottomette intere nazioni
all’interno dell’Unione Indiana, un altro fronte di lotta rivoluzionario che si
sviluppa è quello dei prigionieri rivoluzionari nelle carceri.
Una doverosa premessa va fatta in onore dei tanti compagni
del Partito Comunista dell’India (maoista) che fatti prigionieri vengono
torturati e interrogati illegalmente e poi uccisi a sangue freddo inscenando falsi
scontri, gli esempi più noti riguardano i compagni Azad e Kishenji, il primo
ucciso nel 2009 mentre si stava recando ad un incontro con il nemico per
eventuali negoziati di tregua mentre il secondo ucciso lo scorso anno, entrambi
rivoluzionari per decenni con abnegazione e molto amati dal popolo come
dimostrano le immagini dei funerali a cui hanno partecipato migliaia di
persone. Sicuramente lo stato indiano per ucciderli così barbaramente avrà
trovato davanti due uomini coerenti fino all’ultimo respiro all’ideale
rivoluzionario.
I prigionieri rivoluzionari che arrivano vivi nelle galere
indiane non vengono trattati di certo con i guanti bianchi.
Tempo fa i media indiani avevano parlato della necessità di
isolamento e trasferimento dei leader maoisti in quanto in molti casi
riuscivano a ricevere la solidarietà dei detenuti comuni appena questi ultimi
venivano a conoscenza dell’attività “criminale” causa dell’incarceramento dei
rivoluzionari e secondariamente si è scoperto che durante le ore d’aria i
rivoluzionari in molte prigioni tenevano dei veri e propri corsi di marxismo e
organizzavano i detenuti perché venissero rispettati alcuni loro diritti
carcerari violati.
Questo è quello che il presidente Gonzalo (di cui
recentemente si è celebrato il ventesimo anniversario della sua cattura) del
Partito Comunista del Perù definì come attività rivoluzionaria nelle “luminose
trincee di combattimento” e propria dei prigionieri comunisti che in tutto il
mondo, lungi dall’abbattersi trasformano una situazione oggettivamente
“sfavorevole” in potenzialmente favorevole e complementare al resto della lotta
rivoluzionaria.
Per capire quanto paura faccia alla borghesia la prospettiva
rivoluzionaria incarnate in uomini e donne del popolo basta citare un recente
episodio dello scorso 5 Ottobre in cui si è negato ad una prigioniera maoista
malata il ricovero in ospedale nonostante sia stato raccomandato dai dottori.
Immediatamente altri 3 compagni prigionieri dello stesso carcere hanno iniziato
uno sciopero della fame perché ciò avvenisse insieme ad un’altra richiesta.
Non solo in India ma in tutto il mondo la borghesia reagisce
con la repressione verso i rivoluzionari di cui a paura anche da morti! Come
successo lo scorso 1 ottobre a Roma verso 5 compagni rei di aver affisso un
manifesto commemorativo di Luigi Fallico compagno rivoluzionario morto in
carcere all’età di 59 anni lo scorso
anno proprio per assenza di cure mediche.
Nonostante i vuoti proclami scritti nelle loro costituzioni
“democratiche” la borghesia prova sempre a criminalizzare l’idea stessa di
rivoluzione condannando alla detenzione anche compagni prigionieri in forma
preventiva che materialmente non hanno “commesso il fatto”, vedi il caso di
Luigi ancora in attesa di giudizio ma “condannato a morte”, perché l’idea di
cambiamento e di rivoluzione sociale viene percepita di per se come un
pericolo.
Caso più unico che raro e in un certo senso controcorrente è
stato il pronunciamento dell’Alta Corte di Giustizia di Bombay lo scorso 3
ottobre in merito a due simpatizzanti maoisti in stato di fermo e in attesa
della convalida dell’arresto negata appunto dal tribunale in quanto “ un numero
di persone e influenzata e attratta dalla filosofia maoista a causa
dell’oppressione dei settori più deboli della società. Anche i ricorrenti, come
un certo numero di persone, potrebbero essere stati influenzati e impressionati
dalla filosofia maoista”.
Lungi da noi avere fiducia nella giustizia dei tribunali
borghesi, citare questo fatto però serve per mettere ancor di più in luce
quanta contraddizione ci sia in questo sistema che proclama di essere il più
democratico possibile e , salvo rarissimi casi, viola persino le sue stesse
leggi.
Finche i proletari e le masse popolari non avranno nelle
loro mani il potere politico la maggioranza della popolazione vivrà sotto la
dittatura di un’infima minoranza, la Guerra Popolare in India e le altre
rivoluzioni in corso ci mostrano che un’altra via è possibile e necessaria per
una società equa e giusta, per questo la Guerra Popolare in India va supportata
attivamente partecipando alla Conferenza Internazionale di Sostegno che si
terrà il prossimo 24 Novembre ad Amburgo.
Per info: csgpindia@gmail.com
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